di Riccardo Schirru
Dire che Paolo Angeli, uno degli ospiti più interessanti del Melbourne International Jazz Festival, sia un chitarrista, non solo è riduttivo, ma anche inesatto. Nato musicalmente come batterista in gruppi rock sardi, Angeli che è cresciuto a Palau, si trasferisce a Bologna per studiare al DAMS, partecipa al Laboratorio di Musica&Immagine, e comincia a frequentare i collettivi musicali che sperimentano con l’improvvisazione, il jazz e tutte le diramazioni della musica creativa. “Sono un chitarrista per caso – racconta a Barcellona, dove vive ormai da dieci anni – perché mio padre, che ha avuto su di me un’influenza determinante, era chitarrista per hobby. Ma nella fase bolognese ho suonato tanti strumenti, per anni il bassotuba, ho studiato violoncello, e ogni volta che mi innamoravo di uno strumento tentavo di inglobarlo nella chitarra sarda”. La chitarra sarda preparata non è uno strumento qualunque, ma una chitarra orchestra straordinaria, con la quale Angeli riesce a ottenere sonorità uniche, passando da melodie medioevali a medio orientali, realizzando un tipo di musica inclassificabile, che è stata descritta “come sospesa tra free jazz, folk noise e pop minimale”. Determinante per Angeli è stato l’incontro con un grande maestro come Giovanni Scanu, chitarrista di Luras scomparso all’età di 95 anni, che gli è stato presentato dal padre. Da Scanu, Angeli apprende le forme e i moduli di canto a chitarra gallurese e logudorese: “Quell’incontro mi ha permesso di allacciare i rapporti con la tradizione più autentica, la mia radice più profonda, nove anni a bottega con un vecchio maestro”. Angeli racconta che dopo l’incontro con Scanu e l’esperienza bolognese si sentiva come “sospeso tra due mondi, da una parte la musica tradizionale sarda, dall’altra le esperienze nell’avanguardia musicale, specialmente dopo l’incontro con Fred Frith, il padre della chitarra ‘preparata’”. E veniamo a spiegare cos’è la chitarra preparata sarda. Si tratta di uno strumento-orchestra a 18 corde – ibrido tra chitarra baritono, violoncello e batteria – dotato di martelletti, pedaliere, eliche a passo variabile: “E’ uno strumento ibrido che permette di usare l’arco come con il violoncello – spiega Angeli – ma mantiene il ponte piatto della chitarra per cui l’arco si può usare solo su alcune corde”. Lo strumento poi “ha un sistema particolarissimo di martelletti come il pianoforte, un martelletto per ogni corda, azionato con dei cavi meccanici attaccati ad una pedaliera, per cui con i piedi posso fare i bordoni musicali e le parti gravi come un organista, mentre con le mani suono in maniera tradizionale o con l’archetto, o posso azionare delle piccole eliche all’interno della cassa, e utilizzarla come una ghironda o come una launeddas. L’idea è l’estensione timbrica dello strumento”. Ma se con le mani Angeli suona la chitarra, con l’archetto o con le dita, e con un piede aziona i martelletti del pianoforte per fare il bordone, con l’altro piede usa un’altra pedaliera che funge da charleston, i doppi piatti della batteria, o un sacchetto di plastica per dare l’effetto delle spazzole: “Ora si vede il risultato, ma io ho vissuto sulla mia pelle il percorso e ricordo quanto fosse complicato, mantenere il tempo con il piede sinistro e con il destro fare una diversa figurazione ritmica e contemporaneamente fare un lavoro di contrappunto con le dita in modo più classico e ortodosso. E questo ha bisogno di un’indipendenza ritmica che si sviluppa nel tempo, ma è un’educazione che si raggiunge, una maturazione dell’indipendenza delle parti del corpo”. Angeli ha fatto collaborazioni musicali con molti grandi artisti, tra i quali Pat Metheny, uno dei più importanti compositori e chitarristi jazz del mondo: “Abbiamo suonato insieme in alcuni concerti e tuttora abbiamo un’amicizia profonda che ci lega, e lui si è talmente innamorato del mio strumento da volerne uno uguale. Nel 2003 sono state realizzate due chitarre gemelle, una che utilizzerò nei concerti a Melbourne, e l’altra che Pat ha usato nel tour Concertion, dove si faceva accompagnare da un’orchestra di strumenti meccanici”. Le chitarre gemelle sono state realizzate dal grande liutaio bolognese Giancarlo Stanzani scomparso lo scorso inverno, al quale Angeli era molto affezionato: “E’ stato un siparietto veramente simpatico perché da una parte c’era la grande star del jazz mondiale, e dall’altra un vecchio artigiano bolognese che diceva “Guarda che le chitarre si fanno con sega e martello” – racconta Angeli. In quell’incontro erano cadute tutte le barriere di comunicazione ortodosse”. Con i suoi due ultimi album, Paolo Angeli ha cercato ritmi e atmosfere del Mediterraneo: “‘Sale quanto basta’ e ‘Su’ ai quali seguirà un doppio con entrambi gli album più le registrazioni dall’Australia, sono la risposta al decennio che ho trascorso a Barcellona. Prima ho abitato per 16 anni a Bologna, continuando a fare avanti e indietro con la Sardegna, come in una sorta di alternanza tra avanguardia e tradizione, mentre qui a Barcellona si respira ad ogni vicolo il Mediterraneo, dall’odore di fritto ai ritmi dei musicisti di tutto il mondo che sbarcano in questa città di porto, crocevia di culture e passioni, stanno qualche tempo e poi partono per altre mete”. “Questa esperienza – continua il musicista – ha segnato una nuova fase creativa della mia vita, perché una cosa è svegliarsi sotto la nebbia bolognese e un’altra sotto il sole catalano, con l’odore del mare. Quindi certo, questi due album sono profondamente legati a Barcellona e sintetizzano il mio momento creativo attuale”. Per Angeli, che ha appena terminato un tour in Giappone, è la prima volta in Australia, e dice di aspettarsi molto da questa esperienza agli antipodi: “Io generalmente parto per un tour con quattro, cinque ore di musica scritta, provata, un po’ come faceva Zappa che partiva con un repertorio lunghissimo e poi ogni sera decideva cosa suonare. Il mio atteggiamento è molto simile. Poi, mentre sto suonando decido come assemblare questi materiali attraverso l’improvvisazione, anche in relazione al pubblico che svolge un ruolo fondamentale, specialmente nei Club, negli spazi piccoli, dove senti la vibrazione di comunicazione con il pubblico. Allo stesso modo sento molto il contesto, perché suonare in una chiesa, come è successo a Melbourne, oppure all’Istituto Italiano di Cultura, mi ha permesso di fare due concerti diversi”. Per esempio, “in una chiesa, con quel riverbero, ho puntato a lavorare su un’area del repertorio meno ritmica, ma su materiali ampi, oppure sui silenzi. Invece, in un contesto di palco, di grande stage, lavori su parti più ritmiche perché ti permettono di arrivare subito al pubblico. Nel tour australiano ho suonato in tanti contesti diversi e ho avuto l’opportunità di lavorare su materiali musicali molto differenti tra loro”. L’artista si è esibito il 3 giugno con altri musicisti tra cui Mirko Guerrini al Bennetts Lane Jazz Club. Mentre solo la sua musica ha incantato il pubblico nei concerti del 5 giugno al Bluestone Church Arts Space e il 6 giugno presso l’Istituto Italiano di Cultura.
ho conosciuto Paolo durante una sua esibizione a Roma con Antonello Salis. Due portenti. Bellissimo concerto!
L’anno scorso in Argentina..Bravissimo..