Questo è il racconto di un’emozione fortissima. L’ho provata oggi, davanti ai quaderni scritti in carcere da Antonio Gramsci. Gli originali, i manoscritti: quelli veri. Sono esposti a Milano presso una piccola sala delle Gallerie d’Italia, il grande museo voluto da Intesa Sanpaolo e ospitato in piazza Scala nella vecchia sede della Banca Commerciale Italiana.
Disposti in due bacheche, i quaderni impressionano per la loro semplicità. Quasi tutti sono chiusi, alcuni invece aperti su pagine significative. A fianco di ogni bacheca, un touch screen consente di leggere il contenuto di tutti i quaderni. Alle estremità della sala, due grandi opere di Renato Guttuso: la celeberrima “I Funerali di Togliatti” del 1972 e “La Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio” del 1955, completano la mostra.
A vederli così i quaderni, uno per uno, con le loro copertine variegate (per lo più austere, alcune tragicamente frivole) viene un tuffo al cuore. Le versioni a stampa che molti di noi possiedono di questo monumento del pensiero novecentesco non emanano la stessa drammatica potenza di questi esili fascicoletti (in tutto sono trentatré) che Gramsci scrisse tra il 1929 e il 1935 durante la prigionia fascista.
La grafia di Gramsci è fittissima ed elegante. La scrittura scorre fluida, segno di un pensiero incredibilmente lucido. Pochissime le correzioni, i ripensamenti. A volte sì, delle righe diagonali cassano interi paragrafi; poi la scrittura riprende la sua strada, senza tentennamenti.
La vicenda dei quaderni è recentemente tornata d’attualità grazie all’opera dello studioso Franco Lo Piparo, il quale (non senza polemiche) sta portando avanti una sua tesi secondo cui ci sarebbe un quaderno mancante. Il dibattito sollevato da Lo Piparo (che è stato anche a Cagliari, grazie al gruppo di Sardegna Soprattutto) si spinge però fino alla ridefinizione dei rapporti tra Gramsci e Mussolini negli anni della prigionia del filosofo e politico sardo. A questo proposito ho cercato nei Quaderni le pagine nelle quali Gramsci chiede al capo del fascismo la possibilità di poter avere dei libri che gli erano stati negati.
E improvvisamente la scrittura di Gramsci diventa esitante, tormentata, piena di ripensamenti.
I Quaderni di Gramsci resteranno esposti a Milano fino al prossimo 17 luglio. Chi può vada a vederli . E chi può, in questo anno gramsciano, provi a portarli in Sardegna. Sarebbe una iniziativa in grado di rimettere Gramsci al centro del nostro dibattito politico e culturale, ridandogli quello slancio di cui c’è un disperato bisogno.