LA SARDEGNA E LE STATISTICHE 2016: I NUMERI? INQUIETANTI

foto di Michelangelo Zanda


di Irene Bosu

Un quadro impietoso quello che emerge per la Sardegna dagli ultimi dati Istat, Eurostat e dal Rapporto OsservaSalute 2015. Troppo semplice pensare al paradiso terrestre, all’isola delle vacanze, delle feste e delle tradizioni, dell’ospitalità, del buon cibo. Siamo di fronte a un paradosso, la realtà che scaturisce dalle indagini è ben più scura del sole che splende sulle nostre coste: povertà, disoccupazione, imprese costrette a chiudere, malessere sociale, spopolamento. I sardi sono i primi di Italia, giocano 500 mila euro al giorno con le Slot Machine. Sono 34mila le “macchinette infernali” attive in Italia, ma la loro distribuzione non è omogenea sul territorio: nella classifica delle prime 10 province per numero di slot machine rispetto al numero di abitanti ci sono ben quattro province sarde. Il primato spetta a Olbia-Tempio, dove c’è una slot machine ogni 96 abitanti. Al secondo posto c’è Sassari, con una slot ogni 107 abitanti. Assieme alla Provincia di Bolzano, la Sardegna è fra le regioni italiane con i numeri più alti di soggetti ricoverati per disturbi psichici e per disturbi alcol-correlati, nonché di mortalità per suicidio. Non è finita, la Sardegna è ultima in Italia per le nascite. Dai dati emerge che nel 2015, in ben 304 comuni su 377 (l’80,6%) il saldo naturale della popolazione è stato negativo. Il fenomeno ha riguardato soprattutto le zone interne, falcidiati dallo spopolamento, ma non ha risparmiato del tutto le città più grandi.  Sul fronte lavoro e disoccupazione, nei primi tre mesi del 2016, hanno chiuso 475 imprese. Hanno aperto l’attività 2.548 imprese e sono cessate 3.023 con un saldo di 475 attività in meno. Tre regioni italiane, la Calabria col 65,1%, la Sardegna col 56,4% e la Sicilia col 55,9%, figurano tra i dieci territori Ue col tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) più elevato nel 2015. E’ quanto emerge dai dati diffusi a fine aprile da Eurostat. Tra tutti questi numeri e percentuali, un dato è certo: così non si può continuare, non si può andare avanti, c’è un allarme economico-sociale da lanciare e da risolvere. Sarebbe opportuno fare leva sulla nuova vitalità, sulle opportunità di crescita che abbiamo e che, forse, la nostra classe politica non vede.

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