A su mesu caminu de sa vida
m’incontres in un’addhe a buscu oscura
ca sa via ‘eretta fi’ peldida.
Cant’ a narr’ ite fid es cosa dura
sa foresta eremida e aspra e folte,
ch’in sa mente renova’ sa paura.
Così iniziava la traduzione in sardo gallurese della “Commedia”, che Dante pure aveva voluto scrivere in “volgare”, Pietro Casu, “Babbai”, parrocco in Berchidda, isola di Sardegna, ai primi anni del novecento. Lui e l’Alighieri si sarebbero ben trovati d’accordo nel riconoscere la lingua parlata, scritta, come veicolo primo di civiltà, di riconoscimento reciproco, reticolo di coordinate che ci svela gli innumerabili cammini della vita. Strumento in perenne divenire, che declina l’Essere in questa terra, per cui vale la pena di dedicare tempo e fatica ad esplorane le possibilità infinite, tramite prose e poesie e romanzi e prediche e canzoni. Babbai Casu riuscì a fare tutto ciò nel mentre svolgeva il suo esercizio sacerdotale e seppur ebbe copiosa corrispondenza coi massimi letterati del suo tempo, rimase sempre tra i contrafforti del Limbara: Oschiri prima e poi Berchidda, Dante, il “ghibellin fuggiasco” dei “Sepolcri” di Ugo Foscolo (Pietro Casu tradusse in sardo anche questi) ebbe, si sa, minor fortuna, e si spense lontano dalla sua Firenze. Poteva Giuseppe Soddu, nato a Berchidda da una figlia della sorella di Babbai Casu intraprendere una strada che non sboccasse in una laurea in lettere (la tesi, neanche a dirlo sul lavoro del suo celeberrimo prozio prete), che non continuasse in un impegno diuturno per tutto ciò che riguarda la lingua sarda, la poesia sarda, la lingua italiana, l’insegnamento della lingua italiana nelle scuole di stato? E poi ancora preside nelle scuole sarde fino ad approdare a “direttore didattico” di uno dei più prestigiosi ginnasi-licei di Milano: il “Parini”. Lo incontro in occasione della seconda edizione della fiera nazionale dell’editoria indipendente, i primi tre giorni d’aprile a Milano, 131 espositori per una sbornia di libri di case editrici che seppur piccole supportano scrittori di vaglia, valga per tutte “Sellerio” che pubblica Camilleri e il suo universale commissario Montalbano. A cornice tutta una serie di presentazioni e dibattiti, uno più interessante dell’altro, incentrati per lo più sull’universo “libro”, mistero che accompagna gli umani sin dai geroglifici egizi, scritti a mano su pergamena e papiro, sinchè Gutemberg (era il 1456 ) ebbe l’idea della stampa a caratteri mobili, e da allora fu un “boom” che neppure internet è riuscito a contenere. Giuseppe Soddu, buon sangue non mente, ha la capacità invidiabile di impegnarsi in modo totale nelle cose in cui crede, trovando in esse anche molto divertimento cosa non secondaria in verità, e per lo più riesce a farle progredire, a portarle avanti con una tenacia che mi verrebbe da definire “tutta sarda”, se non temessi di esprimermi con un “cliché’” un po’ usurato. Quando è arrivato al “Parini” il liceo perdeva iscritti da svariati anni, tanto che il consiglio d’istituto era arrivato a deliberare l’apertura di una sezione “scientifica”, nel tentativo di invogliare gli studenti atterriti da Aristotele o Cicerone, nonché dalla fama (ben meritata) della durezza dei primi due anni di ginnasio, dove si verificava una moria di studenti ( in senso del tutto figurato s’intende) davvero eccessiva. “Ho dei docenti fantastici, mi aveva detto Giuseppe nel suo primo anno di presidenza, degli studenti altrettanto motivati, dei programmi di studio che sono il meglio di quanto la scuola italiana sia riuscita ad elaborare nella sua storia, non riesco a pensare che, con una rigorosa attenzione didattica verso ogni studente, non si riesca a invertire questo “trend”, rimanendo beninteso nel solco della cultura classica, quella che da sempre ha formato la mente della classe dirigente italiana. Quella che poi all’università ti permette indifferentemente di scegliere studi di lettere e filosofia o di fisica nucleare o ingegneria”. Detto fatto: niente apertura “scientifica”, porta della presidenza sempre spalancata, a significare una disponibilità all’ascolto delle esigenze di tutti, insegnanti e allievi e personale non docente, che non è di facciata ma è reale. Intenso lavoro di coordinamento delle molteplici eccellenze didattiche che il “Parini” poteva mettere in campo. Risultato: quest’anno si iscriveranno al liceo 300 studenti nuovi, sino alla sezione “O”, mai successo prima. Poi ci sono le possibilità ( per chi le sa cogliere) della legge 107, la cosiddetta “buona scuola” che il buon Matteo ha voluto ammannire andando, “more solito” , contro sindacati, personale scolastico, studenti. Giuseppe mi dice che, a parer suo non molto è cambiato da prima, che se davvero si dovesse mettere a fare il “preside padrone” come la vulgata vuole che sia la nuova figura del “dirigente scolastico”non andrebbe molto lontano, né avrebbe i risultati che raggiunge governando in modo democratico, con la costante ricerca del consenso della maggioranza degli utenti la scuola. Esempio ne è l’idea che lo ha portato qui oggi con i suoi alunni, poiché con la “buona scuola” anche per gli studenti dei licei scatta l’obbligo di un tirocinio aziendale, il liceo sperimenterà una simulazione d’impresa atta alla fondazione di una vera e propria casa editrice. Quindi c’è da costruire un “business plan”, o diremmo meglio in italiano che se no Giuseppe s’incazza per tutti questi anglicismi, un documento che sintetizza i contenuti e le caratteristiche del progetto imprenditoriale, scelta del pubblico di lettori a cui rivolgersi, strategie di mercato e costi relativi. Cosa che del resto Soddu aveva realizzato già in Sardegna mettendo su un’agenzia turistica “a impresa formativa simulata” quando era preside al tecnico di Olbia. Qui è con Anna Lanfranconi che modera l’incontro per “bookpride”, nome che non piace neppure a lei ma tant’è, e con la coordinatrice del progetto, la prof. di lettere Elena Marini accompagnata da alcuni studenti del terzo anno. Obiettivo dichiarato: pubblicare davvero. Verrà scelto il nome della “casa editrice”, a oggi sono interessati al progetto 115 ragazzi, che raddoppieranno il primo anno e triplicheranno al secondo. La legge famigerata è solo un’occasione. Tutto ha per scopo un’apertura culturale effettiva che poterà conoscenze nuove, basta pensare alle problematiche del diritto d’autore o dei fondi necessari, gli aspetti giuridici, la sede, un sito web, tutto con la consulenza di editori veri. Ma, come è ovvio, il lavoro vero lo debbono fare i ragazzi. E’ comunque una scommessa, dice Soddu, che deve fare parte del nostro programma. Pubblicheremo se vali, non se paghi. Elena Marini dice che nella sua scuola stanno accadendo cose molto belle, dapprima era la perplessità dei ragazzi, ora viene fuori il loro protagonismo. Aiuti “miracolosi” anche dall’universutà “Bocconi” e dalla Fondazione Mondadori, con dei giovani che già lavorano e vengono a raccontarci la loro esperienza. Ovvio che se la capacità critica dei ragazzi non viene valorizzata siamo in presenza di uno spreco di potenziale umano che nessun paese si può permettere. E’ un’esperienza di alto livello in una situazione protetta. Che prevede anche una didattica laboratoriale che, dice Giuseppe, arriverà e si concerterà. La sperimentazione si impara facendo le cose. E i ragazzi che sono qui che dicono? Raffaele sembra perplesso e anche un poco spaventato che le famose 200 ore previste dalla legge bastino per un lavoro di tal fatta. E come tutto conciliare con il “maledetto” programma che pure gli insegnanti sono costretti a portare avanti? Non si risolverà tutto in un aggravio del carico scolastico, che è di già pesante di suo? Gloria e anche Alessia sono più possibiliste, avanzano anche un’ipotesi sulla possibilità di trovare degli studenti capaci di scrivere testi degni di essere pubblicati, cosa che senza dubbio accrescerebbe il progetto e lo renderebbe più condiviso. Soddu risponde che esso deve rientrare pienamente nell’attività didattica ordinaria, al di là del numero canonico di ore previsto dalla legge. “Fate vostra l’impresa, sino a sostituirvi completamente a no
i. Deve essere una palestra di crescita fondamentale”. Uno degli editori qui presenti, Leonardo De Santis della “Fefè”editori di Roma (un centinaio di titoli in catalogo) porta avanti un ‘ iniziativa di “scrittura collettiva” nelle scuole italiane: il bando: “Io scrivo”. Età 9/13 anni, 55% di ragazzi non italiani, coinvolti già 9 classi e 300 ragazzi. Se già lo fanno loro non deve riuscirci il “Parini”? Il nome ( non scrivo “brand” che Giuseppe mi fulmina!) è prestigioso di suo, il suo giornalino “La zanzara” giusto 50 anni fa pubblicò la famosa inchiesta sulla sessualità degli studenti che portò alla denuncia e al processo di suoi tre redattori. Ne urlarono i giornali nazionali per mesi e mesi. Giuseppe Soddu intanto indice nella sua scuola seminari che si chiamano: “Italiano, prima lingua”, presenti i massimi dirigenti dell’Accademia della Crusca ( voglio che gli studenti parlino prima in italiano e poi in inglese e tedesco e, come me ,sardo), mette tornelli all’entrata dove i ragazzi debbono strisciare il “badge” , o meglio tesserino elettronico di riconoscimento, tollerati 5 minuti di ritardo. In collaborazione con la Lega navale manda tre barche composte da studenti dell’ultimo anno a Montecristo ( più tre insegnanti e quattro “skipper”) in “gita scolastica”. Come scriveva il prozio nel suo vocabolario logudorese – italiano, io credo che per come dimostra di lavorare per la sua scuola ( nonchè per la poesia sarda, giurato da sempre per il premio “Logudoro) : “ Addainanti a isse bisonzat chi si ‘oghen sa berritta totu”, bisogna fargli tanto di cappello.