Con “Illustratori di Sardegna. Arte e grafica nei libri e nelle riviste del ‘900”, c’è la possibilità di esplorare il vasto mondo della produzione artistica scaturita dal genio creativo di oltre trenta artisti sardi presenti in mostra con una o più opere.
La mostra, promossa dall’ACSIT in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, si presta a molteplici letture; alle biografie dei singoli artisti, infatti, può abbinare percorsi legati ai movimenti artistici che hanno caratterizzato il secolo scorso o percorsi storici sui principali eventi che hanno caratterizzato il’900, a partire da alcuni fatti specifici che hanno pesato notevolmente nell’affermazione di numerosi artisti, destinati a lasciare tracce profonde nella cultura isolana e non solo.
La “scoperta” della Sardegna legata al successo dei libri di Grazia Deledda ha permesso di scoprire numerosi artisti che, all’inizio del secolo, riuscirono a instaurare uno scambio intenso di rapporti culturali con le avanguardie attive in tutta la penisola e, in quel periodo, i salotti artistici e letterari romani, fiorentini e milanesi si contendevano gli artisti sardi.
Il premio allo scultore nuorese Francesco Ciusa con l’opera “La Madre dell’ucciso” alla Biennale di Venezia del 1907, ad esempio, può essere considerato l’avvio di quel percorso di affermazione artistica che vedrà, nel tempo, l’emergere di numerosi artisti isolani.
Mentre la Sardegna romanzata, frutto del genio letterario della scrittrice di Nuoro, avvicinava gli ambienti culturali isolani al “Continente”, è con il comportamento eroico della Brigata Sassari nelle trincee del Carso che la Sardegna conquista l’immaginario collettivo. Si può affermare che è grazie alle gesta dei fanti sardi che la Sardegna entra definitivamente a far parte dell’Italia, completando l’opera di unità iniziata con le guerre risorgimentali. Ed è così che dopo aver dovuto attraversare il mare per esigenze belliche, i Sardi iniziano ad attraversare il mare per lavorare, per studiare, per viaggiare.
“Illustratori di Sardegna” parte da questi presupposti e, grazie all’iconografia esposta, aiuta a ripercorrere l’itinerario artistico della Sardegna attraverso i suoi artisti e le immagini che questi hanno prodotto per illustrare libri e riviste.
Siamo di fronte a percorsi che, se pur diversi da un punto di vista artistico e personale, risultano legati comunque da un sottile filo conduttore: in tutti gli artisti rappresentati, conosciuti e meno noti, è sempre presente, infatti, il forte richiamo alla Sardegna. Così se Giuseppe Biasi illustra le novelle della Deledda su La Lettura, supplemento letterario mensile del Corriere della Sera, si rifà a motivi sardi anche quando illustra diverse copertine de Il Giornalino della Domenica.
Luigi Caldanzano, famoso per i primi cartelloni cinematografici (tra cui quello del primo kolossal Cabiria), per le copertine di Ars et Labor, rivista mensile illustrata della casa musicale Ricordi, pesca a piene mani nell’iconografia sarda.
Mario Mossa de Murtas con le sue xilografie illustra il Decameron dell’editore Formaggini, ma anche lui per Il Giornalino della Domenica si ispira a motivi sardi.
E il Giornalino della Domenica rappresenta un vero e proprio trampolino di lancio per molti artisti sardi: i fratelli Pino e Melkiorre Melis, Edina Altara, Fabio Lumbau, Remo Branca illustrano tantissime copertine e pagine interne, riscuotendo sempre consensi e successo. Una figura particolare di quegli anni è quella di Primo Sinopico, nome d’arte di Raoul de Chareun, eclettico artista cagliaritano di origine francese, geniale nelle sue illustrazioni, caratterizzate sempre da surreali invenzioni figurative.
Il fermento artistico e sociale che segue la Grande Guerra, determina anche in Sardegna la nascita di numerose iniziative culturali. Tra le tante spicca l’attività editoriale della Casa editrice Il Nuraghe, fondata e diretta da Raimondo Carta-Raspi.
Con l’attività editoriale de Il Nuraghe (che, oltre ai libri, pubblica l’omonima rivista), viene data la possibilità a diversi autori ed artisti di emergere, vengono ristampati testi fino ad allora conosciuti solo dagli addetti ai lavori, viene dato spazio a nuovi autori.
Il Nuraghe ristamperà, ad esempio, il Viaggio in Sardegna di La Marmora e l’opera completa di Sebastiano Satta. Le opere della Casa Editrice di Carta-Raspi saranno sempre caratterizzate da copertine illustrate da valenti artisti isolani: Stanis Dessy, Mario Delitala, Felice Melis Marini, firmeranno la stragrande maggioranza delle illustrazioni.
E proprio con Mario Delitala, Remo Branca e Stanis Dessy nasce un movimento artistico molto importante per l’illustrazione. I tre artisti, infatti, contribuiscono alla riscoperta dell’arte xilografica (incisione su legno), soprattutto dalle pagine della rivista L’Eroica, nata appunto con l’intento di rilanciare tale forma artistica. La maestria degli incisori sardi raggiunse livelli tali che diversi critici non esitarono a parlare di una vera e propria “scuola sarda”.
Anche la “palestra” de L’Eroica aprirà le porte a tanti giovani artisti sardi, come Giorgio Carta e Vincenzo Bayeli.
Elencare tutti gli avvenimenti culturali che in quegli anni vedono artisti sardi come protagonisti è impresa alquanto ardua. Nomi, noti e meno noti, collaborano alle riviste popolari e culturali, più importanti, sia in Sardegna che in Continente. Artisti come Tarquinio Sini, illustratore e caricaturista eccezionale, o Beppe Porcheddu, spaziano dall’arte con la “A” maiuscola alla cartellonistica pubblicitaria, alle illustrazioni per l’infanzia. Lo stesso si può dire di Anna Marongiu, morta in un incidente aereo nel 1941, artista dal tratto pulito, fermo e deciso. Giovanni Ciusa Romagna con le sue opere illustra alcuni libri, così come Mario Sironi e Aligi Sassu, artisti veri, occasionalmente prestati all’illustrazione e alle copertine. Giovanni Manca inventa “vignette” e personaggi che faranno storia (Pierre Lambicchi e l’arcivernice).
Altri nomi si rincorrono (Bernardino Palazzi, Filippo Figari, ecc.) ma una nota particolare meritano tre artisti: Costantino Nivola, Giovanni Pintori, Salvatore Fancello.
I tre, ancora ragazzi, grazie a una borsa di studio, si iscrissero all’ISIA di Monza, l’istituto Superiore per le Industrie Artistiche. Da questa esperienza maturarono il loro percorso artistico che portò Nivola e Pintori, come designers, all’interno dell’Olivetti, e Fancello verso le produzioni ceramiche di Albisola. Mentre la carriera di Fancello venne stroncata dalla morte a 24 anni sul fronte albanese, Nivola e Pintori raggiunsero livelli di fama internazionale.
Nivola, sposato con Ruth Guggenheim, costretto a rifugiarsi prima a Parigi poi in America per evitare le persecuzioni razziali, è considerato uno dei principali nomi dell’arte contemporanea del ‘900. Pintori, rimasto all’Olivetti, è stato la mente di tutte le principali campagne pubblicitarie della Casa di Ivrea. In Illustratori di Sardegna sono due le cose che ricordano il sodalizio tra questi tre artisti. La prima immagine è una pubblicità Olivetti realizzata da Pintori dove si intravvede un murales realizzato da Nivola e ispirato a un disegno di Fancello. Il secondo richiamo è costituito dal libro Il cinghiale del diavolo, scritto da Emilio Lussu, illustrato da Nivola con un’immagine rielaborata da un disegno di Fancello.
Una sintesi mirabile di nomi, Lussu, Nivola, Fancello, Pintori, uniti da quel comune denominatore che si chiama Sardegna e che aleggia in tutte le bacheche della mostra allestita presso la Biblioteca Nazionale di Firenze..