di Veronica Matta
Assemini. 27 mila anime. In un pomeriggio grigio, a 12 km dal capoluogo, incontro Luigi Pillitu, scultore e pittore naif, nel suo laboratorio in via Alghero 6. Subito risaltano i colori della sua arte sulle tele che raccontano di vita semplici e le sue mani scolpiscono la pietra e il legno la cui esecuzione spetta allo scultore e al pittore che nella sua persona coincidono.
Autodidatta Pillitu. Ad Assemini da oltre 40 anni, inizia ad esporre nel 1970 tra personali e collettive prima in Sardegna, poi saltando il mare verso l’Italia (il continente) e l’Europa. Progetta e realizza anche opere pubbliche nell’isola e in Emilia. A maggio presenta la sua personale nel vecchio municipio della cittadina.
La consapevolezza sui nostri giorni ha portato Pillitu ad una maturità e profondità che, in ogni caso, l’ha tenuto fermo a terra. Alla sua terra. Fare l’artista, anzi essere artista è un lavoro vero, serio, faticoso. Pillitu ha trovato la soluzione per tradurre il processo creativo in un successo di critica e pubblico, sviluppando una passione giovanile in concretezza artistica.
Due grandi pietre mi accolgono nel pomeriggio all’ingresso del laboratorio. All’interno raccontano le sue opere della sua personalità fantasiosa, affettuosa e nostalgica che traspare dalla scelta dei soggetti rappresentati e dal gusto dei colori che creano benessere in modo immediato. Impressionano nelle tele e sculture i legami con la realtà culturale della società, umile e quotidiana. Tra le ultime spiccano l’imbarcazione in pietra con i migranti in fuga o la grande tela sul bullismo. Spirito generoso e appassionato delle lotte degli umili.
Sono gli occhi e l’espressione narrativa dell’artista a rivelarmi un’innocenza d’animo associata ad una grande umanità e solidarietà. I segni distintivi che contraddistinguono il lavoro dell’artista asseminese sono, negli anni, certamente cambiati e lo studio sui colori accurato e innovativo, migliorati.
Ad un attento osservatore della vita tradizionale della comunità sarde non può sfuggire l’unità e la comunione tra esseri umani rappresentati in modo ripetitivo in tutti i quadri e le sculture dell’artista, dalla famiglia, ai bambini, al coro, all’abbraccio. Le figure di Pillitu sono sempre uguali, senza collo, ma mai da sole, sempre in gruppo.
Anziani, genitori, figli, bambini tutti insieme appaiono abbracciati quasi ad esaltare il rapporto fra gli esseri umani in un coro gioioso che sembra suggerire che l’unione è l’unica via di salvezza per la specie umana. Comunità, solidarietà, fratellanza mi riportano indietro a quella comunità asseminese e di paese del passato che per studio ho analizzato e approfondito; le donne di Pillitu mi ricordano Raimonda, Tzia Mundica, la mia nonna paterna quando, nonostante i miei tentativi di fuggirle, mi stringeva forte a sé con le sue enormi dita (quelle di Pillitu) facendomi affondare dentro la sua larga gonna (quella di Pillutu) quasi a dirmi: stai con me, vicino a me e fatti stringere per tutto l’amore che posso in questa vita che mi rimane da vivere.
Grazie Luigi per tutto l’amore di cui sei capace coi colori della tua calda umanità. Assemini ha bisogno dei tuoi colori.
Saluto Luigi Pillitu con la convinzione che le sue opere dovrebbero trovare spazio all’interno dell’aeroporto di Elmas per salutare gli arrivi e le partenze dei turisti con gli abbracci cromatici delle sue opere, convinta che i giapponesi impazzirebbero per le stesse.
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