di Salvatore Dedola
È appena iniziato il mese di Febbraio. Speriamo che in Sardegna piova (siamo senz’acqua da 9 mesi). Se non piove, avremo presto bisogno delle navi che portino acqua dal Continente, dalla Liguria, dalle foci del Rodano. I pascoli sono quasi morti. A Sinnai, davanti a casa mia si estendono pascoli e campagne a perdita d’occhio. Tutto è giallo come in piena estate. La natura è assurdamente morta. I mandorli sono fioriti a novembre anziché a Febbraio-Marzo. Essi hanno tutti abortito. Ci attende un anno di carestia. Dovremo dipendere ancora dall’esterno.
FREBÁRI, Fervári, Frevári è cognome sardo medievale già annotato nel Medioevo tramite il CSNT passim; CSP 141,142,205,225,279; Mi rendo conto che tale nome personale è basato a sua volta sull’arcaico nome del mese di Febbraio, detto a Roma Februarius e, in Sardegna, Frevárju, Friarzu, Breárju, etc. La base etimologica è la stessa per il latino e il sardo (bre-, febr-), poiché la parola è mediterranea, dall’akk. berû ‘essere affamato, affetto da carestia’ (di animali, campi) + agg. mediterraneo di agente –árju.
Come si vede, questo mese nel Mediterraneo era chiamato in tale modo perché quelli erano e sono i “giorni della merla” (da sum. mir-la ‘venti freddi da nord apportatori di tempesta’), ossia i giorni delle grandi gelate o brinate, che bloccano o fanno morire l’attività vitale delle erbe. Non a caso Frevárju è il mese nel quale arrivano al culmine le attività di Carrasegàre, ossia Carnevale, riti magici e preghiere invocanti il Dio della Natura ed imploranti la sua resurrezione.