di Andrea Russo
Najat Arif, 40enne originaria di Casablanca ( Marocco), da tredici anni vive a Tortolì e saltuariamente lavora come interprete presso il tribunale di Lanusei. Da sempre l’accompagnano la sua passione per lo studio e il desiderio, ormai realizzato, di avere una famiglia. Najat è infatti mamma di tre bambini, nati da un matrimonio “misto”.
Qual è la situazione attuale del tuo Paese? Il Marocco è un paese sereno e abbastanza sviluppato. A differenza degli stati confinanti, da moltissimi anni non è più teatro di guerre civili. Questo grazie alla saggia guida del re Mohamed VI e all’operato dell’Intelligence marocchina, che quotidianamente combatte atti di terrorismo non solo nella propria nazione ma anche negli altri paesi arabi ed europei. I nostri 007, infatti, sono considerati tra i migliori a livello mondiale. Il Regno Maghrebino è anche una località turistica: moltissimi italiani ed europei vi trascorrono le vacanze e qualcuno decide anche di trasferirsi.
Quando e perché hai deciso di lasciare il Marocco?Una volta conclusi gli studi superiori, mi sono iscritta alla facoltà di giurisprudenza, ma, per motivi familiari, ho dovuto abbandonare gli studi e iniziare a lavorare. Lo stipendio, però, non era sufficiente e così sono stata costretta ad emigrare. L’unica nuova possibilità la vedevo in Europa e così, pagando il prezzo della nostalgia per la mia terra, sono partita per l’Italia, che da sempre mi ha attratto per la sua cultura, la sua storia e la sua arte.
Una volta arrivata in Italia che difficoltà hai incontrato? Com’è stato il primo periodo? Le difficoltà sono state tantissime, ma ora ricordo che la maggiore è stata con la lingua. Infatti, provenendo io da una cultura arabo-francese, non riuscivo a capire molto di ciò che le persone mi dicevano. All’inizio, inoltre, sono rimasta spaesata essendo passata dallo stile di vita di Casablanca, una città di oltre tre milioni di abitanti, a quello di un territorio di sessantamila persone circa. Ma ricordo anche l’immagine sbagliata che mi ero fatta dai film che vedevo: persone completamente diverse da noi arabi. In realtà ho incontrato persone normali e comuni; persone uguali a noi sia nel modo di pensare, sia nel modo di vestire. Sin da subito ho visto il rispetto tra le persone, il concetto di “giusto” e “sbagliato” e la severa educazione che viene tutt’oggi impartita. Tutto ciò mi ha aiutato ad integrarmi molto più facilmente.
Ci parleresti un po’ della tua terra e delle sue tradizioni? Il Marocco è un paese situato nel Nord Ovest dell’Africa, esattamente nella regione del Maghreb, di tradizione arabo-berbero. È bagnato a nord dal mare Mediterraneo e a ovest dall’Oceano Atlantico. La lingua ufficiale è l’arabo, ma si parlano anche il francese, lo spagnolo, il berbero, che è una lingua minore riconosciuta come il sardo, e altri dialetti. La capitale politica è Rabat mentre quella industriale è Casablanca. Altri centri importanti sono Marrakech, Agadir e Tanja. La religione di stato è l’Islam, ma ci sono minoranze ebree e cristiane. Ci sono tantissime feste, religiose e politiche. Le più importanti sono la festa della nascita di Maometto, l’Aid al Fitr (festa che conclude il Ramadan) e il capodanno arabo. Non abbiamo una festa della repubblica essendo la nostra una monarchia. Festeggiamo, perciò, la festa del trono che ricade il giorno dell’incoronazione del re vivente. Tra gli abiti tradizionali c’è il caftano, abito femminile ma anche maschile. Ormai però i maghrebini si vestono come tutto il resto dell’Occidente. E proprio come in Occidente, molti ragazzi frequentano scuole private. Insomma, il Marocco è lo stato nordafricano più “evoluto” da tutti i punti di vista.
Cosa ti manca di più? Mi manca tutto: sono una persona molto nostalgica. Mi mancano i miei cari e i miei amici. Mi mancano i profumi e il calore della mia terra. Mi mancano i piatti con cui sono cresciuta come il cous cous, la tajine e il tè verde con menta.
Quali sono gli insegnamenti dell’Islam? Sono simili a quelli cristiani? L’Islam ci chiede di “Credere che Allah è il vero e unico Dio e che Maometto è il suo profeta e messaggero”. La mia religione è nota per i cinque pilastri che sono: le due testimonianze di fede, le preghiere rituali, l’elemosina, il digiuno durante il mese del Ramadam e il pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita per tutti quelli che siano in grado di affrontarlo. L’Islam, come il Cristianesimo, è una religione di pace e di fratellanza. Non è assolutamente vero che l’obiettivo di noi musulmani è quello di sottomettere e di eliminare gli altri credi religiosi per imporre il nostro: io ho sempre studiato e rispettato le altre religioni. Quello è il desiderio degli estremisti islamici che anche noi musulmani combattiamo. Nel Corano, inoltre, si parla di Gesù come profeta di Dio e alla Madonna viene dedicata un’intera parte del Corano. Da qui si può anche notare che la donna nella mia religione non è considerata inferiore, ma anzi come un essere superiore e da proteggere.
Qual è la situazione della donna musulmana del 21esimo secolo? La donna musulmana di oggi è libera! Ammetto che però c’è ancora qualche caso di sottomissione al marito, ma per fortuna la maggioranza di noi donne è emancipata. Per quanto riguarda il Marocco, la donna è molto attiva nei vari settori lavorativi. Ci sono donne che fanno parte del Parlamento, ci sono donne pilota e autiste di treni e/o pullman. Ci sono avvocatesse, dottoresse, poliziotte e maestre. Questo grazie anche alla riforma della Mudawwana, il codice di statuto personale marocchino, col quale i diritti alle donne, alle madri e alle mogli sono stati ampliati e aumentati. Un’altra cosa importante che vorrei precisare riguarda l’utilizzo del velo. Uscire con o senza l’hijab è una nostra scelta e non un obbligo. Ci sono donne, come mia madre e le mie sorelle, che preferiscono indossarlo e donne, come me, che non l’hanno mai indossato, che non ne sentono il bisogno o l’esigenza.
Sei in Ogliastra da tantissimo tempo. Pensi che le differenze esistano realmente o siano solo barriere psicologiche? Ancora oggi qualche volta mi fanno notare e pesare il mio essere diversa per via del colore della pelle, della provenienza o della religione, ma io non ci faccio caso e vado avanti. Penso che la xenofobia nasca dalla paura del cambiamento. Non condivido la frase che spesso mi sono sentita dire “Sei ospite e perciò stai zitta!”. È vero che sono ospite, ma anch’io ho il diritto di esprimere il mio punto di vista che magari in realtà potrebbe essere solo una critica costruttiva. Per mia fortuna la maggior parte degli ogliastrini che ho conosciuto si sono rivelate tutte persone speciali e fantastiche. Grazie a loro e al loro amore sono riuscita a colmare quel vuoto creatosi in seguito alla carenza di affetto da parte della mia famiglia lontana. Amo l’Ogliastra e la sua popolazione e non andrei mai via da qui.
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