di Maria Vittoria Migaleddu
“La Sardegna è senza dubbio una delle aree geografiche ove si è verificata una domesticazione secondaria e si ritrovano molti endemismi con una elevata biodiversità, che purtroppo è sottoposta ad un crescente rischio di erosione”. Questo è il messaggio dell’interessantissimo intervento del Dr. Guy D’hallewin, ricercatore dell’ ISPA-CNR di Sassari che ha aperto la Manifestazione “Sardegna: scrigno di biodiversità” organizzata dall’Associazione Culturale ACRASE , MARIA LAI, i Sardi a Roma, sabato 23 gennaio presso la Città dell’Altra Economia.
Illustrando tutte le ricerche che l’Istituto del CNR sta portando avanti sugli endemismi frutticoli sardi ha mostrato alcune immagini delle oltre cento varietà di pero, delle circa trenta varietà di susine e delle venti di mele e di ciliegie. Ha anche evidenziato come sarebbe possibile valorizzare la produzione di alcune di queste varietà favorendo così, nei territori di origine, la diffusione di piccoli impianti sostenibili, garantendo un reddito integrativo derivato da prodotti di nicchia strettamente legati alla tradizione del territorio.
In questo modo si avrebbe il recupero e la conservazione di eco-agrosistemi tipici, che nelle aree marginali garantirebbero una maggiore stabilità idro-geologica a cui si aggiungerebbe una soluzione al problema dello spopolamento dei centri agricoli e un maggiore richiamo turistico. Attualmente queste aree marginali costituiscono lo scrigno ove si conservano le tradizioni agricole e artigianali ma sono spesso ignorate dal grande pubblico.
Grazie alla tenacia dei contadini e dei cantonieri queste ‘vecchie varietà da frutto si sono conservate e oggi risultano un materiale genetico molto importante per le future generazioni. Queste varietà, altamente sostenibili, sono state abbandonate e si trovano sparse lungo sentieri o vicino alle case di campagna e spesso sono relegate in piccolissime nicchie mentre vengono piantate essenze alloctone, importate da fuori, che, in quanto tali, richiedono input energetici superiori in termini di acqua, fertilizzanti e trattamenti con pesticidi, risultando nettamente meno sostenibili rispetto alle varietà endemiche.
I fruttiferi locali, appunto perché selezionati in centinaia, forse migliaia di anni dall’ambiente e conservati dall’uomo attraverso la propagazione nei vari ambienti della Sardegna, sono perfettamente in sintonia con i loro habitat di diffusione, e non impoveriscono i terreni ma anzi li arricchiscono con la loro elevata variabilità genetica garantendo frutta fresca per molti mesi dell’anno.
E’ necessario però rispettare le aree naturali di diffusione delle diverse varietà senza forzare con logiche industriali la produzione, mirando ad ottenere prodotti di qualità nel rispetto della natura e salute dell’uomo. A questo proposito, sicuramente l’alimentazione tradizionale ha contribuito alla longevità della popolazione sarda. Al riguardo è stato citato come le pere ‘ammezzite’, tradizionalmente consumate dalla popolazione, hanno delle proprietà nutraceutiche cioè associano componenti nutrizionali selezionati per caratteristiche, quali l’alta digeribilità e l’ipoallergenicità, alle proprietà curative di principi attivi naturali di gran lunga superiori alle quelle delle pere non ammezzite.
Alcune pere endemiche sono in grado di influenzare la flora batterica del cavo orale e controllare le alitosi. Tutte queste caratteristiche delle ‘vecchie varietà’ si sono perse a causa dei parametri che hanno guidato la selezioni delle varietà attualmente commercializzate. Si spera che la riscoperta dello stretto legame che unisce l’alimentazione alla salute spossa servire come stimolo per rilanciare la produzione e valorizzazione delle ‘vecchie varietà’ e il ritorno ad una agricoltura sostenibile in chiave moderna che valorizzi gli eco-agroambienti tipici dell’Isola. Quindi se vogliamo valorizzare le specificità e la grande varietà frutticola della Sardegna bisogna abbandonare le logiche industriali basate sulla quantità per puntare sulla qualità e originalità nel rispetto dei cicli produttivi naturali.
E’ questo è il caso della pompia che cresce nella Baronia e in particolare nella zona di Siniscola dove è sempre stata “lavorata” per ricavarne un dolce caramellato con il miele o per farne un tipo particolare di aranzada.
Tzia Maria Assunta Carta di Siniscola ci racconta come quando lei era bambina non tutti si potevano permettere di preparare in casa la pompia perché il miele necessario per caramellarla non era accessibile a tutti.
Dopo avere ammirato in un video i gesti lenti e sapienti con cui Tzia Maria Assunta ha preparato la pompia che ci ha portato, la cui lavorazione complessiva richiede 6/7 ore, ci racconta che questo prodotto ora viene studiato e utilizzato nell’Istituto Tecnico Agrario di Siniscola ed è anche al centro di un programma psicoterapeutico, in collaborazione con il Centro di Igiene Mentale, per persone con disagi mentali.
Ora, aggiunge, a Siniscola la si può trovare nelle pasticcerie, negli agriturismo ma esprime anche il suo scetticismo sulla qualità del prodotto preparato per fini commerciali.
La figlia , Maria Giovanna, spiega come la pompia, che fa parte dei presidi di Slow Food e come tale partecipa a tutte le relative manifestazioni, incluso l’EXPO, è inserita in un progetto di valorizzazione turistica del territorio.
Se la pompia è prodotta esclusivamente in una regione della Sardegna, il lentischio è diffuso ovunque e l’utilizzo delle sue bacche per la produzione dell’olio è documentato anche nel periodo nuragico.
Patrick Syrbe e Claudia Casu sono titolari dell’azienda a conduzione familiare SA MEDIFLORA di Pula e dalle bacche di lentischio, lavorate a freddo, ricavano diversi prodotti alimentari puri e trasformati come Stincu, olio da condimento che aromatizza i piatti donando un particolare sentore pungente e resinoso..
L’olio viene anche usato nella produzione di cioccolatini e nella cosmesi come olio per la pelle idratante e per produrre YLO crema per il viso anti-età; ha effetti lenitivi antiinfiammatori, cicatrizzanti e di medicamento di numerosi disturbi della pelle.
L’olio di lentischio è anche usato nella medicina tradizionale nordafricana e in alcune zone della Sardegna per curare disturbi gastrici
Recentemente l’azienda Mediflora ha ottenuto la certificazione biologica e ciò aggiunge valore ai suoi prodotti.
Rappresentano un esempio positivo di come, riscoprendo la tradizione e coniugandola con le moderne ricerche scientifiche e creatività, si può creare lavoro
Sembra importante in tutto ciò tenere sempre presente il dubbio di tzia Maria Assunta: ciò che si fa per commercio è così buono come i prodotti che si fanno ancora a casa in modo tradizionale? La stessa Tzia Maria Assunta ci racconta, in una intervista, di una sua zia che faceva ogni tanto del pane speciale, condito con olio di lentischio, e poi lo condivideva con tutto il vicinato; esempio di produzione alimentare che aveva anche un valore simbolico e sociale: rafforzare i legami nella comunità. Esempio di economia collaborativa, si direbbe oggi, in cui la collaborazione, le relazioni sono elemento fondante di nuove teorizzazioni e sperimentazioni di moderne forme di economia sostenibile.
Forse la risposta ce la dà la scienza che, come ha sottolineato Guy D’hallewin, sempre più ci indica nel rispetto dei ritmi della natura il metro che dobbiamo utilizzare per rendere ragionevoli i nostri parametri produttivi perché la biodiversità della nostra Sardegna e del nostro pianeta continui a vivere, a svelarci i suoi segreti e a stupirci.