di Giuseppe Deplano
UN PARTIGIANO GARIBALDINO NEI BALCANI: GIOVANNI DEPLANO DI SEUI
di Giuseppe Deplano
Sono passati oltre 70 anni da quell’8 settembre 1943, quando con l’armistizio si ebbe la dissoluzione delle nostre Forze Armate. Lasciate senza più ordini e privi di ogni collegamento con i vertici militari, in fuga verso le aree già liberate dalle truppe alleate nell’Italia meridionale. Tra i soldati che in quel triste momento si trovarono nei Balcani, altro fronte in sui l’Italia si trovava a combattere nel corso della seconda guerra mondiale, ci furono anche soldati seuesi. Tra questi Giovanni Deplano. “Tito”, così era conosciuto Giovanni Deplano, nasce a Seui, nel cuore della Sardegna, il 14 dicembre 1919. Figlio di Gennaro e di Eleonora Marci. Primogenito, proveniva da una famiglia agropastorale. Rimase orfano di padre quando era solo un bambino. Non partecipò al suo funerale perché dovette rimanere nei monti a pascolare le pecore, da lì potè scorgere tristemente in lontananza il corteo funerario che passava. Successivamente si fece “prestare gli anni”, pratica frequente in quel periodo, per poter lavorare in miniera. Quel periodo di duro lavoro nella miniera di Fund’è Corongiu, a Seui, in età adulta gli lasciò in eredità la silicosi. Nel 1938 decise di dare una svolta alla sua vita e si arruolò volontario nel Regio Esercito. Il 19 marzo 1940 viene chiamato alle armi e inquadrato nel 57° Reggimento di Fanteria con base a Venezia. Dopo un periodo trascorso ricoverato in ospedale per motivi di salute, il 10 marzo 1941 rientra in servizio e viene destinato al 410° Battaglione Complementi del Comando Divisione “Piave”. Dal 27 luglio 1941 viene inquadrato nell’83° Reggimento Fanteria “Venezia”, Secondo Battaglione, Quinta Compagnia. L’8 aprile 1941 si imbarca nel porto di Brindisi, direzione Albania. L’indomani sbarca a Valona. Ma solo il 15 aprile riesce a raggiungere la sua unità, già schierata sul fronte albanese. In quei giorni era pienamente in corso la seconda fase della campagna greca, che aveva visto l’Italia soccombere, davanti alla forte resistenza delle truppe elleniche, la cui forza era stata ampiamente sottovalutata dai comandi militari italiani e dallo stesso Mussolini. Grazie al determinante aiuto tedesco, con la 12^ Armata guidata dal Feldmaresciallo Sigmund Von List, proveniente dalla Romania e dalla Bulgaria, e dagli aerei della Luftwaffe, che praticamente distrussero il porto del Pireo, le truppe italiane (ampiamente rinfoltite) riuscirono a riprendersi e passarono all’attacco fino al 23 aprile 1941, quando a Salonico venne firmata la resa della Grecia. Cessata la campagna in Grecia per la Divisione Venezia veniva rinviata in Albania per essere successivamente rimpatriata. Cosa che però non avverrà. Infatti, a causa dei continui attacchi portati avanti dai partigiani titini, l’unità di Deplano venne dispiegata il 26 luglio sul fronte Montenegrino, con base a Colaso. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 buona parte dei soldati italiani inquadrati nelle unità dislocate nei Balcani continuarono a combattere contro i nazifascisti, insieme all’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia, le unità partigiane jugoslave guidate da Tito. Il 2 dicembre 1943, a Pljevna, viene costituita la Divisione partigiana italiana “Garibaldi”. Nelle file di questa grossa unità partigiana italiana ci furono tanti sardi. Non mancarono però anche diversi seuesi. Fra questi Armando Aresu, Serafino Deplano (che morì in Bosnia il 4 aprile 1944), Antonio Mascia (noto “lampioni”) e il nostro Giovanni Deplano. Quest’ultimo combattè in questa unità partigiana garibaldina dal settembre 1943 all’8 ottobre 1944. In quella stessa data viene ferito e catturato dai tedeschi a Plievlje. La sua esperienza prigionia in alcuni campi d’internamento nazisti durò oltre sette mesi e finì l’8 maggio 1945, quando viene liberato dai soldati anglo-americani. Il 19 maggio s’imbarca nel porto di Ragusa per essere rimpatriato. L’indomani sbarca nel porto di Brindisi e viene sistemato nel Centro alloggio “Sant’Andrea” di Taranto.
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Leggendo queste righe ho trovato numerose analogie con la vicenda partigiana di mio padre, quindi dico soltanto che questa persona è degna di essere ricordata con onore e gloria per quello che ha fatto durante il corso della sua vita militare e della sua intera esistenza.