Mollare tutto per un po’, mettere uno zaino in spalla e iniziare a camminare. Nel mondo del cinema lo hanno fatto Alexander Supertramp, protagonista di Into the wild e Forrest Gump. In tanti abbiamo sognato di emularli, ma c’è chi lo ha fatto davvero. Elia Giacobbe, ragazzo di 26 anni di un paese in provincia di Cagliari, si è messo in cammino il 31 agosto dalla spiaggia del Poetto di Cagliari con l’obiettivo di percorrere tutte le coste sarde. A piedi e senza soldi ha iniziato un viaggio di 57 giorni tra le bianche spiagge di Villasimius, le dure scogliere dell’Ogliastra e i tramonti della Gallura. «Avevo 90 euro in tutto – racconta – ho mangiato in ristorante e ho fatto colazione al bar per i primi 3 giorni. Primo, secondo e contorno. Cornetto e cappuccino. Poi i soldi sono finiti e mi sono dovuto arrangiare». C’è qualcosa di profondo che lo ha spinto a fare questo viaggio. Lui si limita a dire che l’ispiratore del viaggio è una “persona speciale”. A fare il viaggio non è stato Elia, ma il suo pseudonimo, «Ecco Qualcuno». Con questo nome, togliendosi il proprio, vuole ricordare che lui non è nessuno, è «Uno qualsiasi». «Ho fatto una cosa particolare» – spiega – «ma che avrebbe potuto fare chiunque. C’è troppa gente che si sente importante per le cose che fa. Invece non cambia nulla che lo abbia fatto Elia Giacobbe, è solo quello che ho fatto ad essere importante. Questo è il senso di «Ecco Qualcuno». Si definisce un ragazzo come tanti, con interessi, passioni e sfide. Diplomato all’industriale, niente università e tanti lavoretti. Gira in skateboard e ascolta musica elettronica. «Quest’estate vendevo bibite in spiaggia», racconta. Chiacchierando al tavolino di un bar davanti a una birra sincera usa parole semplici per raccontare quello che a tanti può sembrare una cosa grande. Prima di partire non ha pianificato nulla. Ha seguito la costa, passando per spiagge e scogliere iniziando a seguire il perimetro dell’isola in senso antiorario. L’odore del mare è sempre rimasto alla sua destra. Quando non è stato possibile si è addentrato tra sentieri di campagna e strade asfaltate. Certi punti li ha attraversati a nuoto. Perché non il cammino di Santiago o la Via Francigena? Perché la Sardegna è la sua terra è perché per lui è un luogo che ha tutto da offrire, paesaggisticamente e umanamente. Sogna di far diventare «Il viaggio» una realtà sociale, culturale ed economica. « L’idea – spiega – è quella di rifarlo appoggiandomi a degli sponsor, riprendere tutto e pubblicare un diario. La mia esperienza potrebbe servire a promuovere l’isola».
Come nasce l’idea? «L’idea del viaggio nasce più o meno 6 anni fa, grazie a una collezione di 6 volumi uscita con un quotidiano regionale, che raccontava tutto il litorale sardo. Leggendo questi volumi mi è venuto il desiderio di conoscere e visitare tutta la costa».
Cosa mangiavi? Dove dormivi? «Mangiavo frutta selvatica e il cibo non vendibile o non utilizzabile, ma ancora commestibile, che ristoranti, bar e supermercati mi regalavano. È una cosa bellissima: quel cibo era destinato al macero e io potevo averlo gratuitamente. Ne ho capito e apprezzato il valore. A volte qualcuno si è offerto spontaneamente di invitarmi a pranzo. Quasi sempre ho dormito in spiaggia. Se il tempo era buono con il sacco a pelo sotto le stelle, altrimenti in tenda. Mi è capitato di dormire sul pavimento, sotto portici e gazebo o dentro case abbandonate. Ci sono stati anche casi in cui persone gentilissime mi hanno proposto di dormire a casa loro».
Com’era la gente che incontravi lungo la strada? Come ti ha accolto? «Il 99% delle persone che ho incontrato mi ha accolto in maniera estremamente amichevole, in certe occasioni quasi come un figlio. Anzi, direi proprio che sono stato per 57 giorni “figlio della Sardegna”. Tutte persone meravigliose di cui serbo un intimo ricordo e da cui ho imparato molto».
Cosa pensi di aver imparato dal viaggio? «Che il sole dà la vita, ma senza l’acqua non c’è crescita. Che l’acqua arriva con le nuvole e le nuvole oscurano il sole. Ho imparato che il bello e il brutto sono soltanto dei punti di vista. E che se hai un sogno o un desiderio niente ti può fermare».
Che significato ha per te viaggiare? «Il viaggio è compiere un tragitto. Ogni tragitto ha un inizio e una fine. Quello che io chiamo tragitto può essere qualsiasi cosa nella vita: una sfida, una promozione, un percorso, un semplice sentiero. Il viaggio è comprendere consapevolmente che da lì all’arrivo c’è tutto un percorso, che è la vera essenza del viaggio. I limiti sono solo mentali».
E la vita? «La sintesi è fare esperienza del mondo fisico, delle emozioni e delle sensazioni che proviamo. Non sono credente, ma uso comunque la parola Dio per convezione. Il senso della vita è Dio che sperimenta sé stesso in quanto creato e insieme di un tutto. La mia mano è Dio quando accarezza il viso di una donna che è a sua volta Dio. In quel momento Dio sperimenta la sua dimensione fisica. Sperimenta la bellezza e il calore del contatto tra le pelli e l’emozione di dare e ricevere un’attenzione. Siamo veicoli dell’esperienza di un tutto universale. E a contatto con la natura succede la stessa cosa».