“L’ESTATE CHE AMMAZZARONO EFISIA CADDOZZU”: INTERVISTA ALLA SCRITTRICE MARISA SALABELLE, CAGLIARITANA CHE VIVE A PISTOIA


di Irma Loredana Galgano

 “Fu così che Efisia Caddozzu venne al mondo. “Mischinedda”, pensò la levatrice mentre la presentava ai parenti riuniti, eccetto che alla madre, che si era addormentata.”

Marisa Salabelle è nata a Cagliari ma vive e lavora a Pistoia, dove insegna in un Istituto Tecnico. Le abbiamo rivolto alcune domande sul suo primo romanzo “L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu” (Piemme, 2015) chiedendole anche alcune riflessioni e considerazioni sulla società contemporanea. Un giallo ambientato nella città di Pistoia, una storia contemporanea che racconta della violenza fisica ma anche di quella culturale. Un libro che cattura gli appassionati del genere e che accompagna il lettore in riflessioni approfondite sulla società di oggi e sui suoi innumerevoli mali. Durante la festa di San Jacopo, patrono della città, due ragazzini in bicicletta trovano, vicino a un fosso, il cadavere di una donna, barbaramente uccisa, priva di documenti, vestita e truccata come una prostituta, probabilmente extracomunitaria. Dopo affannose indagini, portate avanti da carabinieri svogliati e un giovane cronista che sogna lo scoop, si scopre invece che il corpo è quello di Efisia Caddozzu, maestra elementare. Ma chi era davvero Efisia Caddozzu? Perché una semplice maestra viene abbandonata sul ciglio di una strada con il cranio fracassato? Le indagini portano tutte a un unico indiziato: l’albanese, di cui si è persa ogni traccia. Ma la verità sulla morte di Efisia è un’altra. Per scoprirla sarà necessario scavare nelle ipocrisie più sottili e feroci dell’animo umano.

E’ il suo romanzo d’esordio. Quali sono i suoi sentimenti al riguardo? Sono molto emozionata. Mi sono battuta molto per cercare di pubblicare questo romanzo e ora che finalmente ha visto la luce sono felice come una bambina.

Il suo romanzo L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu  è un giallo ma l’intento sembra non essere fine alla risoluzione del mistero, piuttosto quello di abbattere il muro dell’ipocrisia che regna nella società contemporanea. Perché? In effetti  L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu potrebbe essere considerato un giallo anomalo. Direi che, nelle mie intenzioni, il romanzo si sviluppa su tre livelli: il primo è quello strettamente poliziesco. C’è una donna assassinata, ci sono le indagini, c’è uno scioglimento. Il secondo livello è quello relativo al personaggio di Efisia, la cui vita viene seguita, in brani che si alternano a quelli imperniati sulle indagini sulla sua morte, dalla nascita fino al giorno in cui viene uccisa. Il terzo livello è quello che racconta un periodo di storia italiana, visto con gli occhi della protagonista: dagli anni ’60 ai primi anni ’90 del Novecento. È su questo livello che è possibile trovare una lettura critica della società di quegli anni.

Secondo lei, prima o poi, si riuscirà a trovare un equilibrio nella convivenza tra i popoli o la ‘guerra tra etnie’ non può cessare perché propedeutica alla coltivazione di ben altri interessi, come quelli economici per esempio? Io sono assolutamente convinta della necessità di una convivenza il più serena possibile tra persone, gruppi etnici e religiosi, popoli. Il mondo di oggi è un mondo in movimento, fenomeni come le migrazioni di massa sono eventi di tale importanza che certe ricette semplicistiche portate avanti da uomini politici di diverse tendenze mi sembrano assolutamente improprie oltre che impraticabili; è altresì un mondo conflittuale, percorso da guerre, segnato dalla disuguaglianza e dall’ingiustizia. Gestire tutto ciò non sarà facile, ma è l’unica possibilità che abbiamo.

Ritornando al suo libro. La protagonista ha un carattere irrequieto, il ragazzo che ha preso sotto la sua ala protettiva altrettanto… sono questi per lei sintomi di una società tormentata e tormentosa? Ho voluto creare il personaggio di Efisia come un personaggio sfaccettato: è una donna determinata, generosa, con un forte senso della giustizia e una grande capacità di dedizione; nello stesso tempo è una donna sgradevole non solo nell’aspetto ma anche nel carattere e capace di imprimere alla sua vita una svolta autodistruttiva. Questo è un dato, per come io l’ho inteso, più personale che sociale. Per quanto riguarda il suo giovane protetto, avevo bisogno di un personaggio come lui, un giovane apparentemente indifeso ma in realtà opportunista, prevaricatore: mi serviva che Efisia si innamorasse di un tipo del genere. Diciamo quindi che questo personaggio è una necessità della trama che avevo in mente. Infine, il fatto che nel romanzo non ci sia un solo “buono”, nessuno sia “un eroe” o “un’eroina”, dipende da come la vedo io sulla complessità della natura umana…

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *