di Pasquale Porcu
E cinquanta. L’evento che i Bertas hanno festeggiato l’8 dicembre al teatro comunale di Sassari è il mezzo secolo di vita del gruppo pop più longevo della storia musicale della Sardegna. Qualcuno li paragona ai Pooh dell’isola, ma la vicenda umana e musicale dei Bertas è, se fosse possibile, più variegata di quella della band di Facchinetti e Canzian: da Fatalità a Badde Lontana, da Como cheria a Sa Missa, dall’uso del sardo nella musica pop alla raffinata vocalità con le corali. Cinquanta anni a far musica in Sardegna (con esibizioni nella penisola e nel mondo) tutti da studiare anche sul piano del costume. Non c’è famiglia isolana in cui non ci sia un nonno, un genitore o un figlio che non conoscano almeno un brano del repertorio della band sassarese.
Gli esordi al Gonzales. «Ricordo che ero piccolo e spesso, la sera, mi piaceva sentire il gruppo dei Berta, seduto dietro una porta secondaria del “Gonzales” in piazza Colonna Mariana». Era il 1965, anno ufficiale della nascita del gruppo più importante della musica pop della Sardegna. Quel ragazzo appassionato di musica era Mario Chessa che da molti anni è uno dei Bertas. Anzi Mario è uno dei motori propulsivi del gruppo.
Il 1965. E il “Gonzales” era una sala (troppo chiamarla discoteca) che si trova sotto l’attuale pizzeria-ristorante “Da Bruno” e che ospitava balli studenteschi e serate per giovani a base di musica dal vivo pomposamente chiamate “the danzante”. Quelli i tempi delle “salette” e dei club, vale a dire uno dei periodi che hanno coinciso con quelli della più grande emancipazione sessuale e culturale degli adolescenti sassaresi, alla riscoperta delle radici identitarie nella musica giovanile. Ufficialmente la nascita della band coincide con la sua prima esibizione dal vivo: era il 19 dicembre del 1965. Il primo nucleo del gruppo coincide con i fratelli Costa: Antonio, innanzitutto, musicista raffinato e determinato, chitarrista, e poi Carlo (ancora oggi nell’organico del gruppo, ovviamente, come bassista) e poi Monduccio coinvolto nell’avventura musicale del gruppo come tastierista. Completavano la sqadra i chitarristi Brunetto Sini e Mariolino Gadau e il batterista Antonio Usai.
Il gruppo perde la s. I Berta non nascevano per caso, alcuni di loro (Antonio e Carlo Costa e Antonio Usai) avevano militato nell’allora celebre formazione dei Baronetti, che allietavano le serate danzanti di una allora mondanissima Platamona, meta di un turismo nascente e spensierato. L’exploit vero e proprio avvenne nel 1966 quando Antonio Costa iscrisse il gruppo al concorso musicale Sardegna Canta, che la band vinse a mani basse aggiudicandosi il contratto discografico messo in palio dalla Rca .
Fatalità. Da lì a “Fatalità” (in italiano e spagnolo), il passo è stato breve con soddisfazione di vendita e buona posizione nelle hit parade. Poi venne anche “Dondolo” traduzione di “Sound Asleep” dei Turtles. Concerti, serate, passaggi in tv. Insomma il gruppo ormai aveva sfondato. Ma i componenti della band non si sono mai montati la testa ma cambiò nome (da Berta a Bertas, variazione necessaria per problemi connessi ai rapporti col primo manager). Ma la vera rivoluzione avvenne con il primo brano “in limba”. Quando molti storcevano il naso e preferivano cantare in un inglese maccheronico, i Bertas (era il 1974) vollero cantare in sardo.
La rivoluzione del 1970. “Badde lontana”, scritta su un testo di Antonio Strinna, fu subito un successo straordinario. Nel frattempo il gruppo era cambiato : nel 1970 era entrato il polistrumentista e cantante Mario Chessa. Nel1972 venne il chitarrista Marco Piras, il batterista e cantante Giuseppe Fiori e nel 1973 il chitarrista e cantante Enzo Paba.
L’avventura de “Sa Missa”. Antonio Costa, sul finire del 1979, accettò l’offerta di dirigere la Corale Canepa. E questo fatto ha introdotto un altro cambiamento nell’organico dello storico gruppo sassarese, e un nuovo capitolo; quello della collaborazione con le Corali, la Canepa, la Vivaldi e quella del Conservatorio musicale di Sassari. L’avventura de Sa Missa, in sardo, è figlia di quella esperienza. Con il magnifico risultato che nell’ottobre scorso abbiamo visto sul palco della sala Verdi del Conservatorio di Milano. Difficile in poche righe ripercorrere decenni di storia. Uno più uno meno, nei Bertas hanno transitato una trentina di musicisti. Tra le presenze più importanti, anche i nomi di Eugenio Romano, di Cristina Alia, di Gianni Davis edi Lino Desole. Con alcuni la collaborazioe continua: Franco Castia, considerato il quinto dei Bertas, Daniele Manca, Maria Rosaria Soro, Enrica Virdis , Fabrizio Loriga e Maurizio Melis.
Ma l’avventura continua.
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