Che a Sarroch non si respiri aria buona non è certo una notizia. La novità sta invece nel “forte aumento tra il 2010 e il 2013 delle emissioni di benzene e dei pericolosi Composti organici volatili – non metanici (Covnm) provenienti dalla Saras. La fonte è il Registro europeo delle emissioni (E-prtr). A segnalare con preoccupazione i nuovi dati è il presidente dell’Isde – Medici per l’ambiente Sardegna Vincenzo Migaleddu. Queste le percentuali dell’impatto emissivo attribuito agli impianti di Sarroch: “Più 32% il benzene e un incremento pari al 50% per i composti organici volatili”. In termini assoluti, la variazione suscita ancora più preoccupazione: il benzene, per esempio, è passato dalle 8,07 tonnellate del 2010 alle 10,7 del 2013, In entrambi i casi, sottolinea Migaleddu, “Si tratta di inquinanti capaci di alterare il Dna e causare patologie tumorali, come messo in evidenza anche dalla ricerca apparsa sulla rivista Mutagenesis dell’Università di Oxford che tra il 2011 e il 2012 ha indagato l’esposizione dei bambini di Sarroch a benzene e Covnm, evidenziando l’elevato rischio per i bambini, ma non solo, che vivono ai bordi della raffineria”. L’aumento dei veleni desta più di una perplessità. Specie se si considera che negli ultimi anni la Saras è andata incontro a una vistosa riduzione della produzione di gpl (-17%), benzine e virgin nafta (-11%), olio combustibile (-57%) e gasolio (-7,4%). Sembra allora valere il contro-intuitivo adagio per cui “meno si produce, più s’inquina”. Fatta eccezione per l’ossido di zolfo i diossidi dello stesso elemento (Sox, So2) e per l’ossido e il diossido di azoto, come rilevato anche dal Registro europeo delle emissioni inquinanti. Da parte sua, la Saras ha presente il problema, visto che a giugno di quest’anno ha deciso di impegnarsi nella sigillatura dei tubi di calma e nella realizzazione di alcuni interventi su serbatoi e pompe che movimentano benzine. Qualcosa è già stato fatto, ma per il completamento delle operazioni si dovrà aspettare il dicembre 2016, qualche tonnellata di benzene più in là. Ma cosa c’entrano i tubi e i serbatoi con le emissioni di benzene e composti organici volatili? C’entrano: almeno in parte, l’aumento degli inquinanti potrebbe infatti essere legato a fuoriuscite di materie prime e prodotti raffinati da vasche e tubature. In altre parole, fenomeni che vanno sotto il nome di emissioni non convogliate nei camini. “La presenza di problemi di questo tipo sembra confermata dal parere istruttorio conclusivo redatto dalla commissione del ministero dell’Ambiente che si occupa del rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali. In seguito alla richiesta di modifica della precedente A.i.a presentata dalla Saras, la commissione ha imposto una serie di stringenti prescrizioni proprio sulle emissioni non convogliate”, spiega Migaleddu. Del resto, è la stessa Sarlux a precisare nella Dichiarazione ambientale del 2014 – l’ultima disponibile e relativa proprio ai dati del 2013 – che i composti organici volatili e gli idrocarburi leggeri vengono sprigionati nella movimentazione di materie prime e prodotti o a causa di fuoriuscite dai componenti di tenuta, quali valvole e flangie”, vale a dire le parti meccaniche che collegano due tubi. “In questi casi – spiega sempre la Dichiarazione ambientale -, benzene e covnm sono in grado di evaporare nelle condizioni ambientali o di processo presenti”. E nel solo 2013 si sono verificati 1128 episodi di emissioni non convogliate, contro gli 846 dell’anno precedente e i 606 del 2011. Ciononostante, il benzene nell’aria non sembra essere un problema per la Saras, “visto che i valori registrati nel periodo 2010-2012 risultano inferiori al limite, mentre la media del 2013 risulta addirittura inferiore a quella degli anni precedenti per le centraline Arpas”. Eppure il Registro europeo per le emissioni inquinanti evidenzia un forte incremento di questi inquinanti. Superamento dei limiti o meno, si è in presenza di quantitativi che non passano inosservati, anche perché i rischi per la salute sono elevatissimi. “L’esposizione al benzene è alla base dell’aumento dell’incidenza di emolinfopatie, come già rilevato in alcuni studi epidemiologici condotti dalla Asl 8. Si tratta di un incremento, che nel sesso maschile è superiore rispetto alle medie di riferimento della penisola, Valle Padana, Taranto e Terra dei fuochi comprese”, spiega Migaleddu. “La legge – conclude il presidente dell’Isde – è chiara nello stabilire che la qualifica giuridica del Sito d’interesse nazionale impone categoricamente a tutti gli organi competenti l’obbligo di adottare provvedimenti idonei a migliorare la qualità dell’aria, e che dall’inosservanza di tali obblighi, possono scaturire condizioni di disastro ambientale, in aggiunta al ritardo sulle bonifiche”.
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