Il mio frigo è pieno di cibo. Piccoli incontri quotidiani spesso portano a riflettere su grandi fenomeni mondiali. Questa volta è stato il mio frigo a parlarmi: pieno, gonfio di regali come verdure dell’orto di nonna, babbo e amici vari; paste e pasticcini; marmellate; frutta fresca locale; uova iper-locali; carne di cinghiale appena cacciata; ottimi formaggi; ecc mi fa capire che sono immersa nell’abbondanza. E in effetti, mi capita spesso di avere non poche difficoltà a fare fuori tutte le mie scorte. Eppure il cibo, che per me è una cosa normale, non è niente di banale. L’abbondanza di cibo, l’eccesso di cibo, l’ossessione da cibo è una cosa che riguarda solo una parte del mondo, compresa quella dove vivo io.
Fame, guerra, carestie e la ricerca del cibo perduto. La fame ha mosso e muove milioni di persone. Soddisfarla, insieme alla sete, è basilare per la sopravvivenza umana. Eppure ci sono persone nel mondo (dalla parte opposta alla mia, per intenderci) per cui assecondare questi bisogni primari e fondamentali è una corsa a ostacoli spesso fatale. Certo, a noi, che ogni giorno ci facciamo problemi inesistenti mentre deglutiamo delizie e tracanniamo tumori (ossia Coca Cola), può sembrare una cosa strana, ma non è niente di scontato. In realtà molte guerre nel mondo son dovute all’accaparramento delle poche risorse d’acqua in alcune zone. Oppure, come succede tra Israele e Palestina, le riserve d’acqua potabile vengono spartite in modo completamente squilibrato. Ovviamente a favore del più forte. E poi ci sono le carestie e le altre guerre che mortificano il territorio, tagliano la produzione e fanno scarseggiare le derrate alimentari. Le persone sfuggono alla fame, non possono comportarsi altrimenti: lo fanno per spirito di sopravvivenza che, volente o nolente, ci guida e ci spinge ad andare avanti.
Cibo cibo cibo! Io, invece, soffro di sovrabbondanza di cibo. Ogni giorno son costretta a cercare metodi alternativi per elaborarlo ed eliminarlo dal frigo, freezer o scaffali. Perché a casa mia, e questa è legge, non si butta niente. Io e la mia collega, come tanti altri, dedichiamo numerosi articoli al cibo: quello americano, quello fashion, quello sporco (ma buono) dei chioschetti. Ogni giorno tutti noi siamo tartassati da foto di dolcetti eleganti e sfiziosi, portate top in ristorante, cocktail e aperitivi in tutte le salse. L’ultima volta che son andata a Londra ho sentito il peso del cibo addosso con tutte quelle insegne che costringono a mangiare: “Eat”, “Pret-a-manger”, “YO! Sushi”, “Pure – Made for you”, “Pizza express”. Quasi una tortura.
Il cibo nei concorsi di bellezza. A sentir tutto questo mi viene la nausea, anche perché parliamo più spesso di cibo, di dove mangiare, di dove andare a bere la birretta con le patatine che alla fame nel mondo, che è un problema serio che ci tocca tutti. Tant’è che questo discorso è rimasto solo un eco lontano in qualche concorso di bellezza. La solita ipocrisia. Ma io non riesco a non pensare a tanta disparità. Perché in Europa o negli USA si è praticamente sovrastati dal cibo e altri paesi son completamente alla fame?
La fame nel mondo e le porte dell’abbondanza. E poi sentiamo pure dire che è anormale che continenti interi si addossino sulle nostre coste. No, è normale ed è l’unica conseguenza di tanto squilibrio. E sapete perché? Perché alcune parti del mondo son state ridotte alla fame dall’occidente stesso. Controllando l’acqua si è ottenuto il potere; controllando il cibo, o la scarsità di esso, si è ottenuto il potere. Messi in ginocchio, costretti a svendere se stessi e le proprie ricchezze, adesso si riprendono, in parte, ciò che loro appartiene. La fame nel mondo spinge “i poveri” a bussare alle porte dell’abbondanza.
Quindi se qualcuno si sta letteralmente cagando sotto a sentir parlare di nuovi arrivi dall’Africa, dalla Siria, ecc, bhe, sappia che il meglio deve ancora venire e che ci sarà ancora tanto da pagare per aver creato, sostenuto, o non guardato in faccia cotanta ingiustizia.
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