"IL PRESAGIO DEL RAGNO" DI GIUSEPPE CASU IN CONCORSO AL FESTIVAL CINEMAMBIENTE DI TORINO IL 7 OTTOBRE


di Bruno Culeddu

Dopo il successo di “L’amore e la Follia”  la nuova fatica cinematografica del cagliaritano Giuseppe Casu è  “Il presagio del ragno”.

 

L’opera, prodotta da Sitpuntocom e dall’Istituto Superiore Regionale Etnografico con il sostegno di Fondazione Sardegna Film Commission – Regione Autonoma della Sardegna, Fabbrica del cinema – Carbonia, Celcam è in concorso a CinemAmbiente, il più importante festival cinematografico Europeo dedicato all’ambiente.

Giuseppe Casu si è avvalso del prezioso aiuto di Aline Hervé (montaggio), Gianluca Stazi (suono), Ercole Cosmi (color correction), Difondo e Iosono uncane (music). La fotografia è stata firmata da Nanni Pintori e dallo stesso regista.

Il fatto che l’opera sia stata selezionata tra circa 1000 film provenienti da tutto il mondo è motivo di grande soddisfazione per il regista e per tutta la cinematografia sarda.

Il Festival CinemAmbiente nasce a Torino nel 1998 con l’obiettivo di presentare i migliori film ambientali a livello internazionale e contribuire, con attività che si sviluppano nel corso di tutto l’anno, alla promozione del cinema e della cultura ambientale.

Fondato e diretto da Gaetano Capizzi, il Festival è organizzato dal 2006 dal Museo Nazionale del Cinema – Fondazione Maria Adriana Prolo ed è membro fondatore del Green Film Network, associazione che riunisce i più importanti festival cinematografici internazionali a tematica ambientale.

“Il presagio del ragno”  documenta in rigoroso bianco e nero la pesca del tonno, una straordinaria avventura nata con l’uomo.

Un nucleo di pescatori è l’ultima testimonianza di questa millenaria tradizione: un capo assoluto (il ràis) e una ciurma di 21 tonnarotti della Punta, un po’ uomini e un po’ pirati. Ci immergiamo nel loro mondo, un mondo di lavoro fatto di pochissime parole e molti gesti, di lunghe pause e improvvise accelerazioni. Nodi, barche, sveglie molto prima dell’alba, un primordiale lavoro da compiere. Reti, zavorre, cavi e ancore. Vento e sole, calma piatta, fatiche e riposi. Un lungo respiro, ascolto e profonda osservazione.  Sguardi, gesti, silenzi e risa. Attesa paziente e sforzo finale. Essi sono totalmente estranei alle dominanti procedure di cattura industriale di questo pregiato alimento. Sono gli ultimi interpreti di una pratica  trasparente, autentica e  sostenibile a fronte del cieco avanzare di un disegno di sviluppo sempre più intollerabilmente iniquo.

Un tema affascinante e di stringente attualità quello affrontato da Giuseppe Casu, il quale commenta così il suo lavoro:

“Tutto è partito dalla necessità di entrare in un mondo diverso dal mio, una dimensione diversa dalla mia, che procede con le sue regole e i suoi tempi. Avevo in mente le mattanze girate da Rossellini e da De Seta, pure icone.

Mi chiedevo: cosa resta oggi delle tonnare? Mi ci sono tuffato dentro, senza difese, come un corpo estraneo, con un forte rischio di rigetto.

Sulla banchina, un portale dà su un grande piazzale lastricato di pietra vulcanica. Sull’angolo a sinistra brilla uno specchio appeso al muro, sopra un lavello oblungo, mi immagino pescatori barbuti che si rasano con la pipa in bocca… Da lì dietro esce un uomo dal fisico massiccio, occhiali da sole scuri, che avanza verso di me. E’ il rais, Luigi, mi offre una stretta di mano vigorosa e un sorriso sicuro di sé. Mi dice, con l’aria divertita: “Ma per caso sei animalista?”. Gli rispondo: “Diciamo piuttosto che sono… animale!”. Ride: “Noi siamo sempre qui, fino a luglio, vieni quando vuoi”.

In tonnara c’è solo il presente: il passato è rimosso, le tensioni verso il futuro abolite. Un mondo rude, sensazioni semplici e pungenti – caldo, spossatezza, pericolo, fame, paura – che mi ripuliscono. Alla fine resta il bianco e nero, regna la luce, i contrasti, i riflessi; l’inquadratura si fissa sui gesti del lavoro; le parole sono rare, quasi assenti. Un cinema primitivo, in

qualche modo.

Nodi per cucire le reti tra loro, altri nodi per fissarle alla catena rugginosa destinata al fondo del mare. A terra, il suolo è cosparso di vecchie cime, maglie di catene, frammenti di cavi che si contorcono in vecchi nodi sfilacciati, souvenir delle passate stagioni in tonnara.

Nodi che misurano la velocità in mare, ma anche la velocità della vita in tonnara, rallentata dall’inerzia della natura, dal peso del presente che a volte rende le giornate interminabili”.

 

Giuseppe Casu, nato a Cagliari, si è laureato in fisica nel ’93, ha poi seguito la scuola di regia e montaggio Anna Magnani a Prato, lo stage di regia Arscipro a Parigi e si è diplomato in montaggio all’Istituto Rossellini di Roma. Ha realizzato diversi documentari, tra cui Arcobaleno (2002), Senza Ferro (2010), L’amore e la follia (2012).

Il film sarà proiettato il 7 ottobre alle ore 20:15 a Torino presso il Cinema Massimo, Via Giuseppe Verdi, 18. Sarà presente il regista.

Ai sardi di Torino, ai cinefili, agli ambientalisti e agli amici della Sardegna non rimane che darsi appuntamento al cinema per sostenere un artista e un’opera che onorano la cinematografia sarda.

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