di Massimiliano Perlato
Sarò sincero: non ci credevo più. Avevo già in testa l’articolo per celebrare comunque un grande Fabio Aru, oramai da considerare nel gotha del ciclismo internazionale. Un Fabio Aru che nella stagione della consacrazione, giunge secondo al Giro d’Italia dietro ad Alberto Contador, e secondo alla Vuelta di Spagna (considerata la terza corsa a tappe più importante al mondo dopo il Tour de France e la corsa di casa nostra), dietro alla sorpresa Tom Dumoulin. Due corse perse per colpa del cronometro. Senza la corsa contro il tempo staremmo parlando di una straordinaria doppietta del ciclista sardo di Villacidro. Invece, tutto è cambiato in meglio grazie ad una tappa epica, un’impresa straordinaria del Cavaliere dei Quattro Mori che è andato a conquistare la Vuelta impadronendosi della maglia roja.
Un sardo a braccia levate al cielo a Madrid, un fremito puro. La storia del ciclismo racconta che nessun nato in Sardegna era mai riuscito nell’impresa concretizzata da Fabio Aru, uno che dà l’impressione di farci fare l’abbonamento a questo tipo di suggestioni. Uno che ha un talento infinito e una risolutezza di granito. Ha fatto ancora una volta delirare l’isola, e non solo, semplicemente manovrando una bicicletta su e giù per l’Europa, con la sua semplicità e modestia. Tanti errori tattici della squadra Astana nelle tappe precedenti a quella con arrivo a Cercedilla, quelle necessarie a recuperare quei pochi secondi di ritardo dalla leadership, avevano gettato nello sconforto i tifosi di Aru. La tattica nella tappa decisiva dell’Astana è stata perfetta. E Fabio Aru ha fatto la differenza per vincere la sua prima corsa a tappe della carriera che va ad aggiungersi nel suo curriculum sportivo, ai due podi già conquistati al Giro d’Italia (terzo nel 2014, secondo quest’anno). E’ il sesto italiano di sempre a vincere in Spagna dopo Angelo Conterno (1956), Felice Gimondi (1968), Giovanni Battaglin (1981), Marco Giovannetti (1990) e Vincenzo Nibali (2010).
“Non ho ancora realizzato quello che ho fatto, questa vittoria è anche dei miei compagni – sono state le sue prime parole – sono stati davvero eccezionali, voglio ringraziarli tutti, uno per uno. Abbiamo iniziato questa Vuelta con un po’ di problemi ma abbiamo dimostrato di essere un gruppo compatto, di motivarci a vicenda, la vera forza è stata il gruppo, se ho vinto è anche grazie ai miei compagni e alla mia squadra dell’Astana”.Quando poi l’intervistatore gli ha fatto notare che da tempo non si vedeva un attacco in salita così epico e una conclusione tanto spettacolare di un grande giro, il campione sardo ha risposto con la consueta umiltà: “Credo che il pubblico voglia vedere che uno si impegna sempre al massimo, io cerco di farlo sempre: certe volte i risultati vengono altre volte no, ma l’importante è crederci e provarci”.
L’impresa decisiva di Aru è cominciata a circa una cinquantina di chilometri dalla fine, quando con il suo attacco in salita quasi alla fine del secondo passaggio sul Gpm della Morcuera ha cominciato a sgretolare la resistenza di Tom Dumoulin. Perfetta tutta l’Astana: Mikel Landa ha assistito Fabio in salita, poi si sono rivelati strategici anche Luis Leon Sanchez e Zeits che erano in fuga e sono stati fermati per rifinire l’azione decisiva. In discesa, Dumoulin si era avvicinato fino a 10” di distacco, poi ha riperso contatto ed è andato letteralmente alla deriva, finendo addirittura sesto nella generale, lontano dal podio. Quel podio che in Piazza Cibeles a Madrid, ha visto sul gradino più alto Fabio Aru (con 1’17” su Purito Rodriguez e 1’29” su Majka).
E adesso primo alla Vuelta, a 25 anni compiuti da poco: più giovani di lui tra gli italiani a vincere un grande giro, di recente, solo Cunego 2004 e Saronni 1979 al Giro d’Italia. E la meravigliosa sensazione è che questo, per Fabio Aru, sia solo l’inizio. L’ora del trionfo non arriva per tutti, è prerogativa di chi decide quali sono le priorità della vita.
A Villacidro i compaesani del campione sardo hanno seguito gli ultimi chilometri dell’appassionante gara in piazza: l’entusiasmo era alle stelle. La festa è esplosa incontenibile in tutta la Sardegna.
Nato il 3 luglio 1990, Fabio ha fatto il suo esordio nel professionismo con la maglia della Astana il 20 agosto 2012 nell’USA Pro Cycling Challenge acquisendo subito un secondo posto nella sesta tappa. Prima dell’exploit al Giro 2014 ha corso nei dilettanti a Palazzago mettendosi in luce con piazzamenti in gare europee. Nel 2011 i primi successi aggiudicandosi nell’arco della stagione sette corse, tra le quali la Bassano-Montegrappa, il Giro delle Valli Cuneesi e il Giro della Valle d’Aosta, evento del calendario europeo. Oltre ai successi, ha ottenuto piazzamenti al Girobio, in cui ha chiuso al quarto posto e ai campionati italiani, dove è giunto secondo nella gara in linea Under-23. A fine anno siglò un contratto con il team Astana, così da poter gareggiare da professionista a partire dal 1º agosto 2012. Nell’ultimo anno da dilettante, si è imposto nella Toscana-Terra di ciclismo, gara della Coppa delle Nazioni U23. Conclude inoltre al terzo posto la Piccola Sanremo e al quarto il Gran Premio Palio del Recioto. Partecipa quindi al Girobio e si classifica al secondo posto finale, con un distacco di 25 secondi dal vincitore. Si piazza al quinto posto nella prova in linea Under-23 del campionato italiano, bissando poi il successo al Giro della Valle d’Aosta (vince anche la terza tappa). Nel 2013 tra i “pro” conclude quarto al Giro del Trentino, e si aggiudica la classifica dei giovani. Nella stessa stagione partecipa per la prima volta al Giro d’Italia in qualità di gregario di Vincenzo Nibali. In quella gara, dopo aver inizialmente sofferto di gastroenterite, contribuisce al successo finale del suo capitano. Nella tappa, dura e selettiva, vinta proprio da Nibali in mezzo a una bufera di neve, riesce anche a centrare il quinto posto sul traguardo delle Tre Cime di Lavaredo,riprendendo e staccando nel finale atleti del calibro di Michele Scarponi e Cadel Evans. Nel Giro 2014, vince la sua prima corsa da professionista, la quindicesima tappa, staccando il gruppo dei migliori a 3 km dall’arrivo ed arrivando così da solo sul traguardo di Montecampione. Seguiremo Fabio, passo dopo passo nella proseguo della sua già straordinaria carriera. Perché il ciclismo, sport popolare, ha davvero un fascino particolare. Ed è anche bello vedere tutte queste bandiere della Sardegna lungo le strade per incitare il suo campione. E lui, anche nel giorno del suo primo trionfo, in lacrime aveva ringraziato tutti, ricordandosi anche della sua terra eccitata. A quel punto le bandiere con i quattro mori erano diventate un mare di felicità. Ed è l’immagine più bella che ricordiamo. Aspettando i prossimi successi di domani.
Facci sognare ancora!