di Luigi Soriga
La vita è fatta di innumerevoli possibilità che si intersecano, di tante sliding doors che invisibilmente si spalancano e cambiano il destino. Franco la mattina del 10 luglio, fuori dalla stazione Centrale di Milano, ha imboccato la porta giusta: ha 65 anni, la barba come una nuvola di zucchero filato, gambe gonfie e pesanti, occhi umili e nemmeno un centesimo in tasca. Da cinque anni è un clochard: di giorno si fa sfiorare dall’umanità in transito della stazione, di notte è un fagotto solitario acciambellato dentro l’autobus 90. È un perfetto invisibile. Quella mattina, per un’incredibile coincidenza, è riemerso sulla superficie del mondo. Un caffè cambia la vita. Ha visto un giovane parcheggiare, gli si è avvicinato: «Deve stare qui per molto? Guardi che le mettono la multa». Il conducente si chiama Gaetano Maida, ha 37 anni, vive a Milano, conserva un bell’accento siciliano e lavora nel digital marketing. «No, devo stare poco», gli risponde. E poi: «Ha fatto colazione? Le va di farla in quel chiosco?». Franco risponde di sì e prende timidamente un caffé. «È un cornetto?». La risposta è nuovamente sì. E i due iniziano a chiacchierare. Franco è originario della Sardegna ma si è trasferito a Milano da tanti anni. Lavorava come fattorino e distribuiva casse d’acqua. Poi la sua azienda era fallita, e sono mancati anche i soldi per l’affitto. Il suo tetto dove parcheggiare ossa e acciacchi è diventato un tram. Gaetano Maida resta molto impressionato dai modi di quell’uomo. «La sua umiltà nel non chiedere da mangiare, la sua dignità e gentilezza, il suo contegno ed i suoi occhi bassi mi hanno colpito». Non pronuncia mai una parolaccia o una bestemmia, sebbene ne possa avere tutti i motivi. Anzi ammette: «Ho sbagliato tanto nella mia vita. Avevo il vizio delle scommesse ai cavalli, per fortuna ho smesso. Non mi è rimasto nulla e sono rimasto solo. Ho dei parenti ma non li sento chissà da quando». Non ha ancora diritto alla pensione perché per la Legge Fornero mancherebbero due anni. Intanto le sue gambe sono gonfie, indossa dei pantaloncini, e ha avuto problemi di circolazione perché la posizione in cui dorme non permette al sangue di defluire». Facebook. Gaetano Maida si commuove, pensa che da lì a poco andrà a parlare con un cliente di tanti soldi, e in quel momento capisce che è giusto aiutare chi soffre: «Posso raccontare la tua storia su Facebook?», gli chiede: «Possiamo farci Anche una foto?». Ciò che accade dal giorno seguente ha dell’incredibile: oltre 200.000 “mi piace”, più di 150.000 condivisioni, 20.000 commenti. Il post su Franco diventa virale, rimbalza di pagina in pagina, parte una raccolta di fondi e la sua esistenza, sospinta da quest’onda di solidarietà, sterza bruscamente. Gaetano Maida, anche con il sostegno e le dritte dei suoi amici di Facebook, riesce a far riavere i documenti rubati e l’identità perduta, fa di Franco il titolare di una postepay sulla quale riversare le donazioni, gli trova un hotel per notti più confortevoli e soprattutto regala al suo nuovo amico un’altra chance di vita. Il post e le foto vengono visualizzati anche dai parenti algheresi di Franco, che lo riconoscono e lo contattano. Sono pronti ad ospitarlo e a dargli una mano. Sulla postepay intanto piovono circa 2000 euro, quanto basta per un biglietto per la Sardegna e per un paio di mesi di tranquillità. Franco si taglia la barba e riprende a sorridere. Dice: «Mi sentivo come un telecomando: tu continui a schiacciare il tasto, ma nulla si accende più. Ora qualcosa dentro si è riacceso. Forse è la fiducia in me stesso e la speranza». Dall’11 agosto si è trasferito ad Alghero ma Gaetano, su Facebook, continua ad aggiornare la storia. Si sono sentiti qualche giorno fa: «Franco sorrideva al telefono. Mi faceva delle battute. Mi ha detto che stava facendo una passeggiata in campagna. E’ stata una chiacchierata molto rilassata. Mi ha detto che sta bene, che le gambe migliorano, che ha cominciato le pratiche per la pensione grazie all’aiuto di una signora gentilissima. Sta anche pensando al rinnovo della patente e ad una sistemazione autonoma dopo la pensione. La sua famiglia lo sta aiutando tantissimo. Vorrebbe restare in Sardegna». Però in questa sliding doors, in questo incrocio di destini e possibilità, anche la vita di Gaetano Maida non poteva non ricevere uno scossone. Il popolo dei social ne ha fatto un eroe e un modello da seguire. Lui, da buon siciliano pragmatico, preferisce i piedi ben piantati per terra. Dice: «Per prima cosa non ho fatto niente di trascendentale. Non sono un eroe, un angelo o altro. Solitamente ho anche un caratteraccio. Ho solamente utilizzato le mie capacità per aiutare una persona che non mi aveva chiesto niente. Se fossi stato un panettiere gli avrei portato del pane, ma siccome sono uno che lavora nella comunicazione, gli ho dato voce. Vi siete mai chiesti cosa voi con le vostre capacità potete fare per i più deboli? Pensateci».
* La Nuova Sardegna
Bellissima storia! Fa bene leggerla. Ci fa meditare!
Come lui ve ne sono tanti… bisognosi ma umili e dignitosi e perciò invisibili agli occhi di connazionali “accoglienti” e istituzioni. Grande Giuseppe Maida che ha portato alla luce il suo caso!