di Roberto Carta
Il ministero dei Beni culturali annuncia i nomi dei nuovi direttori delle più importanti gallerie italiane. La sarda Cristiana Collu (classe 1970) dirigerà la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Ben sette su venti gli stranieri (3 tedeschi, 2 austriaci, 1 britannico e 1 francese). Per esempio agli Uffizi arriva un tedesco, Eike Schmidt, esperto di arte fiorentina di fama internazionale. Età media dei direttori 50 anni, dieci sono uomini e dieci sono donne, quattro gli italiani che tornano dall’estero, quattordici sono storici dell’arte, quattro archeologi, un museologo/manager culturale e un manager culturale. Nominata anche un’interna del ministero. Dopo il Man di Nuoro (dal 1997 al 2011) e poi il Mart di Rovereto (dal 2012 al 2015) Cristiana Collu è tornata in Barbagia nella primavera di quest’anno per guidare l’Istituto superiore regionale etnografico (Isre) di Nuoro. Laureata all’Università di Cagliari, è storica dell’arte e curatrice di mostre. Nel 2004 ha vinto il premio ABO d’argento al miglior giovane direttore di museo italiano, nel 2006 ha ricevuto dal Ministero dei Beni Culturali il premio in qualità di direttore del Man, come luogo di eccellenza nel panorama museale italiano. È stata professore a contratto di Storia dell’Arte contemporanea presso la Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni all’Università La Sapienza di Roma, professore a contratto di Progettazione Museografica alla Facoltà di Architettura di Alghero e di Museologia alla Facoltà di Architettura di Cagliari. Per Cristiana Collu la Sardegna non è mai stata tutta rose e fiori. La cattiveria che contraddistingue l’accademia sarda (università di Cagliari e di Sassari) non l’ha risparmiata, sopratutto all’inizio della sua avventura al Man (Museo d’Arte Provincia di Nuoro) quando non aveva ancora compiuto i trenta anni. L’élite mal sopportava l’idea che a una giovane non allineata venisse affidato un ruolo così importante. Il 5 dicembre 2011 Vito Biolchini scrive:«Cristiana Collu ha spezzato l’egemonia degli atenei nel settore delle arti figurative e ha fatto di Nuoro un polo importante a livello nazionale. Questo risultato è indubbio e andrà preservato. Come?». Sempre nello stesso post Biolchini pone una questione seria per Nuoro ma non solo, vale per l’intera Sardegna: «Il Man ha dato un’identità culturale moderna alla città di Nuoro. Ora sta ai nuoresi decidere se continuare sulla strada tracciata dalla Collu o baloccarsi ancora con il fantasma di Grazia Deledda». Giovanni Maria Bellu, nel 2011 direttore di Sardegna24 e oggi di Sardinia Post, scrisse di una sconfitta dovuta ai “veleni del Gennargentu”. Marcello Fois fu ancora più diretto: «Quelli che hanno fatto le pulci allo stipendio della Collu, che continua a percepire molto meno di un consigliere regionale, stanno provando a smontare questo circolo virtuoso di relazioni professionali per trasformarlo in una pastetta che loro stessi conoscono assai bene, dove i rapporti sono di potere locale che garantisca clientele di piccolo cabotaggio». Fondamentalmente Bellu, Biolchini e Fois tracciano le linee dello stesso problema: premiare il merito o lottizzare? Spessore europeo o piccola gestione locale? Non senza polemiche anche la dipartita dal Mart di Rovereto (Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto). Una direzione ricordata per le grandi esposizioni, per esempio una recente su Antonello da Messina, per l’obiettivo di puntare i più importanti musei europei e internazionali, per la scelta di giocarsi tutto sull’arte contemporanea. La stampa locale non è stata tenera con la Collu. “La Voce di Rovereto” l’ha accusata di non aver considerato che Rovereto di abitanti ne fa 40.000, non 400 mila o 4 milioni, e che quindi non poteva contare sulla massa critica delle città prese a modello; di aver puntato su un tipo di arte, quella contemporanea, che poco è arrivata ai trentini, di aver sperato di ricavarsi un pubblico di nicchia che se è arrivato non si è visto. Insomma la Collu è stata messa sotto processo per aver inseguito un percorso “europeo” di grande respiro e con grandi progetti che alla fine, nei numeri, ha premiato solo con le grandi mostre e con i grandi investimenti a fare da contraltare: se si spende arrivano i visitatori altrimenti ci si accontenta delle briciole. Un po’ quello che alcuni detrattori le rimproveravano anche a Nuoro. I trentini, però, l’hanno attaccata anche su un’altra questione, sul fatto di non aver saputo stabilire un legame con il territorio, con la città e la regione, un rapporto in grado di andare oltre il legame “economico”, quindi di non aver puntato agli artisti locali e al territorio circostante, al fine di coinvolgere il pubblico della zona: il vero turismo per Rovereto secondo la non tenera stampa locale. Sotto traccia, neanche troppo, gira l’accusa di spocchiosa voglia di “internazionalità” invece di accontentarsi di una più umile dimensione regionale. Pensavamo fossero questioni solo sarde, invece le cose non stanno proprio così. A parere di tanti esperti e appassionati, in Sardegna e in Trentino, in Italia come all’estero, invece, Cristiana Collu è una delle pochissime direttrici davvero all’altezza della propria missione, vale a dire testimoniare la sontuosità dell’arte, non far quadrare un bilancio. Sempre in quel di Rovereto, al di fuori dei circoli giornalistici e accademici, le hanno riconosciuto di aver posto il Mart all’altezza della storia dell’arte. Nello specifico di aver sprangato il presente, tutto incentrato sull’annuncio dell’evento e sul giorno dopo e poi chi se ne frega, offrendolo al reale tempo dell’arte, a una magnificenza che travalica l’oggi, sposando una profondità molto più avanti dei comunicati stampa, delle statistiche e dei bilanci aziendali. Molti hanno dunque percepito Cristiana Collu come un baluardo contro la burocratizzazione e l’aziendalizzazione del patrimonio artistico di questo Paese.