di Mauro Mura
“…siede sulla pendice del monte del suo nome incontro al maestro-tramontana e resta coperto dal sirocco per la cima del medesimo, detto Cucureddu, elevato sul livello del mare di metri 705,20, dove era un antico cratere, che prima di spegnersi versò le sue lave incontro allo stesso sirocco. L’aspetto del paese per il materiale della costruzione, che è di lava porosa, è assai tristo, è il passarvi malagevole per la difficoltà delle vie strette, storte, e in varii siti fangose che sono per quelle roccie scabre…”
Così si presentava agli occhi dell’Angius il villaggio di Cheremule nei primi mesi del 1847. Contava allora 805 anime. Oggi il piccolo centro del Meilogu, poco distante da Thiesi, ha invece circa 500 residenti. L’etimologia del nome sembra avere due origini: la prima da ricercarsi nella voce fenicia “Cherem-el”, che significherebbe “vigna di Dio amena”, perchè il terreno è molto adatto alla cultura della vite. La seconda è da riferirsi alla voce “Keir-Kejros” (mano) e “mule-mulè-mulia” (molino), e quindi “molino a mano”, in quanto furono rinvenuti nel territorio di Cheremule numerosi mulini primitivi azionati a mano. L’attuale centro abitato è di origine medioevale, apparteneva al giudicato di Torres, incluso nella curatoria del Cabudabbas. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale, i Doria se ne impadronirono e lo unirono ai loro possedimenti del Monteleone, facendone una delle basi della loro resistenza, sopratutto a seguito della conquista aragonese. Cheremule subì continue devastazioni fino alla caduta del castello di Monteleone. Il paese rimase incluso nella provincia di Alghero sino al 1859 e successivamente entrò a far parte della provincia di Sassari. L’economia di base è di tipo agricolo. È ben sviluppato anche l’allevamento del bestiame. Discreta la produzione della cheremulite, che prende nome dal paese. Si tratta di una particolare pietra pomice utilizzata in edilizia per il suo potere isolante, estratta dall’antico vulcano di monte Cuccureddu che, con i suoi676 metri, rappresenta la cima più alta del territorio. Tutta la zona è ricchissima di questo materiale del tutto esclusivo. Dal punto di vista archeologico, Cheremule annovera numerose domus de janas, alcune delle quali conservano al loro interno pareti decorate con graffiti che riproducono forme umane stilizzate. A pochi chilometri dal paese, in una regione detta Museddu, è collocata la conosciutissima Tomba Branca dove, sulla parete destra, sono presenti otto figure, cinque delle quali chiaramente maschili. Alcune di queste presentano un prolungamento della testa a becco, come a voler rappresentare dei personaggi mascherati. Nella zona sono identificabili anche alcuni pozzi sacri e numerosi nuraghi, per la maggior parte oggi distrutti, e nella periferia del paese sono stati individuati i resti di alcune costruzioni di età romana ascrivibili probabilmente a una villa rustica. Cheremule ha inoltre attirato l’attenzione scientifica internazionale grazie al ritrovamento di un ominide vissuto nella zona circa 300 mila anni fa. Ricco di acqua, il territorio di Cheremule la offre ai suoi visitatori attraverso le sue tante fontane disseminate nella campagna. Una notevole attrattiva del paese è la sua pineta, una zona faunistica protetta, dove dimorano cinghiali, lepri, donnole, volpi, ricci, martore e gatti selvatici. Giunti in cima al sentiero, che parte dall’abitato, si può godere di un incantevole e suggestivo paesaggio. Il paese è contornato dal verde del bosco Su Tìpiri che, di rigogliosa e fittissima vegetazione, si estende fino alla strada provinciale per Thiesi. L’impianto originario del suo centro storico è rimasto inalterato, e presenta strade strette sulle quali si affacciano case dalla tipica architettura logudorese. La chiesa di San Gabriele Arcangelo, patrono del paese, è stata edificata intorno al1500 instile gotico-aragonese. La parrocchia è certamente il monumento cheremulese più antico. Degni di rilievo sono i disegni su pietra che avvolgono tutta la fascia marcapiano, disegni somiglianti ad un pizzo di vestito stile rinascimento. Il portone risale alla seconda metà del 1800 così come il campanile. Sempre al centro del paese si trova la chiesa di Santa Croce di cui si ignora l’epoca di costruzione. A poca distanza dall’abitato, sul monte Cuccureddu, si ammirano i resti del castello, una fortezza costruita nel secolo XIII dai Doria. A Cheremule hanno particolare importanza i canti religiosi tramandati dalla tradizione popolare, che rappresentano una testimonianza dei momenti più significativi di socializzazione. Se ne sono conservati incontaminati alcuni di natura prevalentemente sacra che presentano delle peculiarità e dei caratteri di originale unicità. Un contributo fondamentale l’ha fornito nei primi anni ’90 padre Pinuccio Solinas, docente di musica e appassionato etnomusicologo. Padre Solinas, su incarico dell’amministrazione comunale, avvalendosi delle testimonianze di alcuni anziani cantori, ha riportato su partitura tutti i canti religiosi e profani della tradizione popolare di Cheremule, apprendendone anche la modalità esecutiva. Contemporaneamente al lavoro di padre Solinas, nel 1993 è nato, su iniziativa di alcuni giovani locali, il coro Boghes de Cheremule, che si collega direttamente alla tradizione popolare del cantu a cuncordu a quattro voci pari maschili (boghe, mesa ‘oghe, contra e basciu) e si propone il recupero del repertorio locale, prevalentemente sacro. Nella sua minutezza, Cheremule rappresenta la riservata bellezza delle cose piccole che, in quanto tali, vanno preservate con amorevole cura.