di Neria De Giovanni
“Pronto, scusami…stavo leggendo alcuni giornali americani. Lo so che in pieno agosto ti sembrerà una telefonata un po’ folle, ma pare che con l’Iraq le cose stiano andando sempre peggio. Gli Stati Uniti sono decisi ad andare fino in fondo con Saddam. Senti, Alberto, se c’è la guerra stavolta io parto, vero?”
“Ascoltami…intanto dovresti startene in riva la mare e non pensare al lavoro e ai guai del mondo. Comunque sì, sei nel gruppo degli inviati che copriranno la guerra. Ma adesso stai in vacanza e non rompere”
Inizia così il libro di Monica Maggioni “Dentro la guerra” uscito nel 2005 per i tipi di Longanesi. Certo in questo agosto di dieci anni dopo la Maggioni non si prepara a partire per una guerra, anche se essere stata nominata Presidente della RAI fa presagire un altro tipo di guerra, fatta di strategie in un mix tra comunicazione e politica. Ma il carattere volitivo e deciso che si manifesta già alle prime righe del libro ricordato, è una caratteristica del suo essere giornalista, intellettuale sempre “dentro” la notizia e spesso al di fuori del coro. Ho molto apprezzato la sua decisione, come direttore di RAI News, di non trasmettere più le immagini dell’orrore delle esecuzioni dell’ISIS: notizia sì, è doveroso per l’informazione corretta ai cittadini, ma non una sovraesposizione di immagini crudeli e assurde che purtroppo troppo spesso hanno spettacolarizzato il dolore e l’orrore. Monica Maggioni scrittrice ha lo stesso piglio deciso e personale con cui ha fatto rapida carriera tra i media televisivi. E “Dentro la guerra” poteva essere un freddo reportage invece divenne una carrellata di umanità e ragioni culturali che sorgevano dalle rovine di una guerra subito avvertita come scontro tra civiltà e modi differenti di concepire il mondo, di vivere la realtà. Leggendo “Dentro la guerra” non può non venire in mente “Penelope alla guerra” l’icona letterario-giornalistica di Oriana Fallaci. Ma il libro della Maggioni ha una caratteristica sua propria, i lunghi dialoghi tra i vari personaggi, reporter stranieri, uomini delle istituzioni locali, “semplici” guide ed accompagnatori del luogo, che rendono il libro più che un semplice per quanto preciso reportage. Lo rendono “narrativo” essendo la scena dialogata forse una delle modalità diegetiche più difficili da realizzare. Sempre in bilico tra troppa mimesi con il reale e la fantasia che trasforma il reale stesso. Dopo un convegno sulla comunicazione al femminile che Monica Maggioni coordinò a Roma qualche tempo fa, ci furono tra noi scambi di saluti e bigliettini: leggendo il mio nome lei esclamò: “Ah, il Premio Alghero donna di letteratura e giornalismo”, dimostrando così di conoscere il Premio che ho ideato e coordino dal 1995. Bene, per l’edizione 2016 avevo già preparato una nomination per la Maggioni da sottoporre alla Giuria: ma adesso che è Presidente della RAI la vedo difficile, o no?
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