MUSEO DEGLI SCARABEI E DEGLI SCARABOIDI SARDI THARRENSI ED EGIZI TRA ARCHEOLOGIA E ARTE CONTEMPORANEA


di Gian Piero Pinna

Sono ormai tanti gli esemplari di scarabei esposti permanentemente nel Piccolo Museo EPDO dello Scarabeo Sacro, ubicato nella centrale Via Bellini 11/13/15 ad Oristano, con apertura nei giorni feriali dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 19,00 e il sabato dalle 9,00 alle 13,00, ma la collezione si può visitare anche nei giorni festivi per appuntamento telefonando al 360508623, l’ingresso è libero. È una collezione forse nata tra il serio e il faceto, che poi ha preso la mano al creatore, Roberto Cau, e ora sta assumendo dimensioni che forse neanche il curatore aveva previsto. “Impressionante” la mole di esemplari esposti,  circa 300 tra amuleti, sculture e dipinti, frutto anche di donazioni, da parte di molti artisti che conoscendo la passione del Cau, gli hanno fatto dono di molteplici loro creazioni. Tanti esemplari sono stati realizzati dallo stesso Cau, che con la sua passione è riuscito a coinvolgere anche una vera esperta del settore, l’archeologa Cinzia Olianas, socia fondatrice della Società Cooperativa Itzòkor Archeologia Tecnologia Cultura, con sede a Cagliari, che ha all’attivo diverse pubblicazioni riguardanti la glittica, inoltre, è dottore di ricerca in Scienze Archeologiche presso l’Università degli Studi di Padova con una ricerca dal titolo “Scarabei in pietra dura della Sardegna punica (fine VI-III sec. a. C.) nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Catalogazione e analisi iconografico-stilistiche e tipologiche.”

Pare che il nome scarabeo, derivi dal verbo, kheper, o nascere, divenire ed era associato al dio del mattino Khepri, donatore di vita, che veniva rappresentato come il  sacro animale coprofago. Questo simbolo, ebbe una larghissima diffusione nell’Egitto, tando da diventarne addirittura il simbolo. La diffusione di questi amuleti, trovò largo spazio anche  tra Fenici, Cartaginesi e Greci, ma umerosi esemplari furono rinvenuti anche in Sardegna e in modo particolare nella penisola del Sinis e a Tharros. Con la VI dinastia dei Faraoni egizi, comparvero i primi amuleti, di fattura molto semplice e senza geroglifici o incisioni. Gli scarabei divennero estremamente diffusi a partire dal Nuovo Regno, con esemplari anche molto raffinati e decorati con incisioni e geroglifici. Una categoria a parte, sono gli scarabei della  XV dinastia, o del periodo degli Hyksos, facilmente riconoscibili per essere decorati con incisioni di tipo orientaleggiante, mentre quelli della XXVI dinastia, avevano la particolarità di essere rappresentati con le zampe lunghe e piegate sotto il ventre convesso. Molti scarabei, portavano inciso il nome di un sovrano, o di personaggi famosi, forse a scopo propiziatorio e per riceverne protezione. Affinchè  lo scarabeo avesse più potere, doveva essere fatto in pietra verde, quella preferita da Osiride e spesso erano associati con altri amuleti, tra cui lo Shen, che ne rafforzavano il potere, ma era usato anche come sigillo dai funzionari e dalle alte gerarchie e qualche volta venivano sottoposti a rituali particolari dai sacerdoti, come quello di immergerli nel latte prodotto da una vacca dal mantello nero e bruciarli dopo la cerimonia. Gli scarabei erano realizzati nei materiali più disparati: si sono ritrovati esemplari in calcedonio, pasta vitrea, lapislazzuli e steatite smaltata; quelli montati su anello, venivano usati anche come sigilli e recavano inciso il nome del proprietario, o del sovrano.

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