di Eleonora Bigi e Sara Delrio
Negli ultimi anni sempre più giovani algheresi, stanchi di studiare “per niente”, decidono di abbandonare gli studi per ripiegare su dei lavori manuali. Questo è dovuto alla poca fiducia nella qualità del sistema educativo e alla necessità sempre maggiore di trovare un lavoro, avere una certezza per il futuro, qualcosa che dia modo di provvedere ai propri bisogni economici e non solo. A proposito, quando si decide di riscoprire dei mestieri manuali, bisogna cercare di valorizzare le opportunità che si hanno a livello locale. Ad Alghero ne esiste una in particolare: la nostra cittadina,circondata dal mare, ci dà la possibilità di creare un lavoro partendo da questa importante risorsa. Come? Scegliendo di diventare, magari, dei pescatori, proprio come si faceva un tempo. La pesca può essere una passione che lentamente – e inesorabilmente – arriva a trasformarsi in un mestiere. Un mestiere particolarmente duro e faticoso. Per apprendere il lavoro, i giovani devono imparare da coloro che hanno più esperienza: i pescatori più anziani, veterani del porto di Alghero. I vecchi pescatori diventano veri e propri maestri per le nuove leve; hanno le mani grandi e ruvide, di coloro che hanno sempre lavorato duramente nella propria vita, lo sguardo fiero di chi non lascerebbe mai il proprio porto, la pelle scura e rovinata dal sole e dalla fatica. Sembra un modo molto – o forse troppo – poetico per descriverli, ma se proviamo a fermarci un attimo nella nostra vita frenetica per passare qualche minuto nel porto della nostra cittadina, potremo vedere con che entusiasmo insegnano e raccontano il loro mestiere. Parlando con loro, emergono tante storie: si vantano di pescate particolarmente abbondanti in una determinata annata o raccontano qualche aneddoto divertente legato a episodi speciali e straordinari. Un giovane non può che essere assorbito e affascinato dai loro racconti; alcuni, in particolare ragazzi che magari coltivavano già questa passione, decidono di dedicarle la propria vita, facendone un mestiere, diventando dei giovani pescatori. Noi abbiamo deciso di incontrarli e parlare un po’ con loro, per raccontarne la storia. Tra i ragazzi che abbiamo incontrato abbiamo deciso di intervistarne due in particolare, che hanno accettato volentieri. Si chiamano Antonio e Omar, hanno entrambi 16 anni e ci offrono una bellissima immagine di giovani pescatori. Antonio fa questo mestiere da quando aveva circa 6 anni. Lo fa perché gli piace, «è la mia passione», dice, ma anche e soprattutto perché gli permette di guadagnare un gruzzoletto da portarsi a casa. «È stato mio padre a spingermi verso questo lavoro», ci racconta. Noi, incuriosite, gli abbiamo chiesto come si svolge la sua giornata. «La sveglia suona molto presto», circa alle 6/6.30 del mattino. Ogni giorno Antonio va al porto e sistema la barca per andare a pescare i ricci. Di solito esce per mare insieme a un altro pescatore, che si immerge con la muta per pescarli mentre Antonio prepara la grande cesta dove metterli. Una cosa che ci ha particolarmente incuriosite è proprio la realizzazione del copul, una sorta di retino che viene usato quando il pescatore porta su tutti i bogamarì. Ritornano in porto alle 10 e mezza circa e i ricci vengono posti nella cesta, una pratica che porta via circa un’ora. In seguito queste piccole prelibatezze vengono messe nelle buste e vendute. «Quello dei ricci è un settore che può dare delle belle soddisfazioni», spiega Antonio, che ci racconta come domenica 8 marzo sia stato coinvolto anche nella famosa “Sagra del Bogamarì”, l’evento esclusivo dedicato riccio di mare, una vera passerella del gusto che premia il lavoro costante di tanti pescatori. Il ragazzo, nel periodo di fermo biologico in cui i ricci non possono essere toccati, si dedica anche alla classica pesca, preparando le nasse da buttare in acqua. Con lui lavora anche Omar, il quale ci racconta che ha iniziato questo lavoro l’estate scorsa e anche lui lo fa per guadagnare qualcosa. Al contrario di Antonio, Omar viene chiamato solo quando i pescatori arrivano in porto con i ricci e il suo compito è quello di aprirli e togliere la polpa. «La mia giornata è meno faticosa di quella di Antonio», ci racconta con aria soddisfatta. «Arrivo in porto in tarda mattinata e posso evitare le levatacce all’alba». Entrambi i ragazzi sono stati disponibili e sono sembrati molto fieri e soddisfatti di quello che facevano, in particolare Antonio, che ai nostri occhi è apparso già molto esperto e ha affrontato l’intervista con un atteggiamento simpatico e sfrontato, contrariamente a Omar che ci è apparso un po’ più timido. Ciò che più ci colpisce di questi giovani è il fatto che abbiano già in mano un mestiere reale, mentre noi siamo ancora a scuola e tra poco dovremo fare i conti con un futuro particolarmente incerto a livello lavorativo, visto che le prospettive non sembrano proprio positive. Dei giovani pescatori che abbiamo incontrato ammiriamo soprattutto l’etica del lavoro, che li porta a svegliarsi molto presto tutte le mattine per impegnarsi in un mestiere duro, mentre noi ci lamentiamo di doverci svegliare alle sette e mezza e andare pigramente verso un banco e una sedia. Certo, chi studia può avere più opportunità e ambire a un futuro migliore, almeno sulla carta. Purtroppo, però, è anche vero che chi rimane ad Alghero, magari con un ottimo diploma o una laurea, non sempre può ambire a chissà quale carriera o sbocco professionale. Proprio per questo quella fatta da Antonio e Omar è una scelta importante, che immaginiamo sia costata riflessioni, pensieri e rinunce. Dalla loro parte c’è però una certezza: a 16 anni possono già vantare di avere in mano un lavoro concreto, che si collega a doppio filo con le tradizioni di Alghero e con due dei suoi punti di forza: il mare e le manifestazioni enogastronomiche, elementi che portano soddisfazioni e guadagno. Anche ai più giovani.
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LA STRADA DEL LAVORO: TRA MARE, BOGAMARI’ E GASTRONOMIA, CONOSCIAMO I GIOVANI PESCATORI ALGHERESI
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