di Ilaria Muggianu Scano
In Sardegna i luoghi parlano un loro linguaggio fatto di segni. Il sole, il mare e il verde di Carloforte cantano lo spirito delle proprie anime elette, in una melodia che è facile trovare tra le strade della città. Una, sulle altre, rapisce anima e cuore. Nel tratto di lungomare, nei pressi della Capitaneria di Porto e vicino alla statua di Carlo Emanuele III, una targa marmorea ricorda “Fortuna Novella – Mamma Mahon“. Fortuna ebbe 1800 figli sebbene non partorì mai. Fu la sua bontà a renderla madre negli anni che seguirono la seconda guerra mondiale.
Fortuna Novella nasce a Carloforte il 25 settembre 1880 in un’agiata famiglia di piccoli armatori di barche per la pesca del corallo. Gli anni della fanciullezza volano in un lampo e Fortuna smette di essere figlia quando diverrà moglie, innamorata e riamata, di Antonio, rampollo della ricca famiglia di imprenditori spagnoli Riudavets. L’angelica carlofortina dai capelli color grano e gli occhi di cielo sarà così, per lungo tempo, l’unica cittadina italiana di Port Mahon, sull’isola di Minorca. Il cuore è in terra spagnola ma il suo animo patriottico palpita in Sardegna. I signori Riudavets non sono allietati dall’arrivo di un erede, ma il loro matrimonio è veramente felice anche grazie ai successi professionali di Antonio che fa prosperare l’impresa di famiglia con l’aiuto dell’inseparabile Fortuna. Nel 1939, ora che finalmente la guerra civile spagnola sta per finire, proprio adesso che per la coppia spira un vento di normalità, Antonio lascia vedova la sua Fortuna. La donna non si perde d’animo, sebbene sola in una terra che la ha accolta a braccia aperte ma che mai è riuscita a guarirla dal suo sottile e dilaniante mal di Sardegna, continua a lavorare e ad amministrare come unica erede i beni del marito: un pastificio, una fabbrica di cioccolata, una villa in città, in Plaza de Retiro ed una al mare, romanticamente intitolata “Villa Fortuna”.
Passano gli anni ma ancora la dolce tabarchina si emoziona quando incontra un sardo e trattiene a fatica lacrime nostalgiche quando ne sente la lingua. L’insopprimibile sentimento di malinconia si acuisce con la sconfitta della seconda guerra mondiale da parte dell’Italia. Il senso d’impotenza è forte ma ben presto Fortuna sarà grande artefice e protagonista assoluta di uno dei più clamorosi interventi caritatevoli di tutti i tempi. Sulle coste dell’Isola di Minorca, infatti, è giunta notizia dell’arrivo degli equipaggi italiani della corazzata ‘Roma’ assieme ad altre quattro navi da guerra italiane, che cercano disperatamente di raggiungere la Spagna per trovare una soluzione alla lacerante umiliazione della resa. Completamente sola la carlofortina, con la forza della sua determinazione, si ingegna in una mirabile operazione di mediazione internazionale.
Si vedono i primi frutti: lo Stato acconsente al seppellimento dei venticinque soldati caduti che verranno avvolti in coperte militari e bandiere tricolore. Sarà Fortuna che più tardi provvederà a dare degna sepoltura alle loro salme facendo realizzare tombe apposite con delle targhe in bronzo individuali, con i nomi di ciascun soldato deceduto da eroe. Il fermo proposito di Fortuna è rendere più sopportabile il soggiorno spagnolo a quei ragazzi, molti dei quali giovanissimi, che potrebbero essere suoi figli. I soldati trovano in lei un vero punto di riferimento, la figura della madre lontana, una confidente, la persona che in tutto li accudisce anche privandosi degli abiti del povero marito morto. Mette a loro disposizione i frutti del suo lavoro e della ricca eredità e le case per ospitarli. Cucina personalmente per un numero elevatissimo di persone ma soprattutto offre una spalla su cui poter sfogare la propria nostalgia per la famiglia che sembra ormai irraggiungibile. Non mancano i segni di riconoscenza come il bel messaggio dell’ufficiale cagliaritano Enrico Lay, comandante del ‘Mitragliere’, che le scrive poco prima di lasciare la sua abitazione: “A scuola mi hanno insegnato che la fortuna è una donna cieca o bendata che ha la facoltà di fare il bene o il male. A Mahon invece ho scoperto che Fortuna è una donna dagli occhi buonissimi che parlano prima della bocca”.
In realtà, dopo la timidezza iniziale, nessuno di loro chiamerà mai per nome la benefattrice, lei sarà sempre e per tutti ‘Mamma Mahon’.
Trascorrono sedici lunghi mesi tra le cure devote di Mamma Mahon e gli strascichi diplomatici del conflitto volgono al termine. Molti dei soldati sono vinti dalla commozione nel riabbracciare per l’ultima volta quella vecchia signora che è stata un lampo di luce nello strazio nauseante di una guerra di soli vinti. Fortuna li abbraccia uno ad uno i suoi ‘figliuoli’, come soleva chiamarli affettuosamente, ricordandosi tutti i nomi. Partiti i ragazzi, l’animo gentile della donna la obbliga a continui gesti di delicatezza, come non far mancare mai i fiori freschi sulla tomba dei caduti e far celebrare frequenti messe cattoliche per onorarne la memoria. Le famiglie dei superstiti, dal canto loro, fremono dal desiderio di poter conoscere chi ha saputo dare conforto materno e un pasto caldo ai propri figli, così, dopo numerose insistenze Mamma Mahon raggiunge l’Italia.
Anche Papa Pio XII, l’algido principe Eugenio Pacelli, esprime il desiderio di conoscerla, benedirla e ringraziarla per il tanto bene elargito a sprezzo del pericolo e della propria salute. Sarà poi la volta del Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, che le appunterà sul petto la medaglia d’oro di “Stella di solidarietà italiana di prima classe”.
Mamma Mahon tornerà finalmente a Carloforte, dalla sua gente semplice, lontana dai clamori. Lascerà la sua città per l’ultima volta dopo il Natale del 1953, sciolta in un lago di lacrime ma mossa dal desiderio di riposare a Port Mahon accanto al suo Antonio, che raggiungerà per sempre il 26 giugno 1969, all’età di 89 anni. Non è semplice quantificare materialmente la generosità e il coraggio dei gesti di Mamma Mahon, forse la storia trova percorsi tutti suoi per ringraziare gli eroi del quotidiano, come il ricordo entusiasta di ogni carlofortino che non lesina sorrisi e buoni aggettivi per la sua conterranea più famosa mentre ti indica fiero la calata che porta il nome di Fortuna, quel percorso che conduce dritto verso il mar di Sardegna, azzurro come gli occhi della sua figlia diletta. * LaDonnaSarda
Ricordo quando,con i miei compagni di scuola elementare, accogliemmo Mamma Fortuna a Calasetta.” Questa casa è Italia” avrebbe detto a chi la esortava a non accogliere i marinai italiani perché la Spagna era neutrale.Si fermò a Calasetta qualche giorno presso la famiglia Mereu.