di Esmeralda Trogu
Graziano Pinna è uno scienziato oristanese di fama internazionale per le sue ricerche sull’ansia, depressione e sindrome da stress post-traumatico. Vive a Chicago con doppia cittadinanza italiana e americana ed è un professore associato nel Dipartimento di Psichiatria dell’University of Illinois at Chicago e dal dicembre 2014, un “Visiting Associate Professor” al Dipartimento di Farmacologia della Universidade Federal de São Paulo, São Paulo, Brazil. Diplomato al Liceo Scientifico Mariano IV di Oristano, ho intrapreso la carriera universitaria in Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Cagliari e a 21 anni, l’attività di ricerca nel Dipartimento di Scienze Biologiche, Centro di Eccellenza in Neuroscienze. Dopo la laurea a Cagliari nel 1993, si trasferisce a Berlino per lavorare come ricercatore nell’industria farmaceutica Schering AG. A 25 anni in seguito alla scoperta di una strategia terapeutica per eliminare la sindrome da dipendenza causata dai farmaci ansiolitici quali valium e xanax, pubblica nella prestigiosissima rivista Proceedings of the National academy of Sciences e diventa ricercatore a 26 anni nel Dipartimento di Medicina Nucleare della Freie Universität di Berlino. Ottiene il dottorato tedesco ed il titolo di “Doktor rerum medicarum” con suma cum laude che lo abilita alla carriera universitaria tedesca. Durante questo periodo scopre metodi per la misurazione degli ormoni tiroidei la passione lo porta a scoprire ben sette ormoni tiroidei nel cervello umano e di ratto e la loro distribuzione in 13 aree cerebrali. Questi studi sugli effetti degli ormoni tiroidei nel cervello nella regolazione del comportamento affettivo mi porteranno a chiarire il loro ruolo nel meccanismo d’azione dei farmaci antidepressivi, nei meccanismi legati all’abuso di alcol e opioidi e nel metabolismo energetico. Queste ricerche hanno influenzato numerosi altri campi dall’endocrinologia alla neurologia e hanno suscitato l’interesse di numerosi laboratori in diversi continenti che hanno utilizzato i metodi di misurazione scoperti .
Unico sardo presente alla conferenza organizzata a Houston dal Com.It.Es, summit delle nostre eccellenze all’estero, disegna, con la sua postura esistenziale, un mondo senza confini né frontiere.
Quanto mai lontano dal settarismo conoscitivo e mosso da un insopprimibile interesse per la complessità del mondo e della vita, Graziano Pinna racconta la sua avventura umana e intellettuale con grande generosità. Autentico filosofo se la filosofia altro non è che etica praticata e vissuta, cura e ascolto di sé e dell’altro.
perché oggi, dopo tanti successi, è rimasto “il ragazzo di sempre, con i cambiamenti apportati dall’ambiente internazionale e multiculturale in cui ho vissuto. Perché, come dico sempre, cerco di lenire gli aspetti che non trovo positivi nella cultura in cui son cresciuto per acquisire allo stesso tempo quelli che ritengo tali nelle culture nelle quali mi trovo immerso. Siano esse del paese in cui vivo o vengano dal raffronto diretto con le amicizie multietniche e multiculturali. La personalità cambia rapportandosi dialetticamentre con l’ambiente e le persone con cui si interagisce. I fattori epigenetici, cioè dell’ambiente in cui vivi, che può essere diverso da quello in cui sei nato e cresciuto per una parte della tua vita, hanno un effetto importante nel modulare il comportamento attraverso la modificazione dell’espressione genetica.”
Alla domanda sulle difficoltà incontrate e sulla scelta di lasciare il suo Paese risponde:
“Sono sempre stato molto attratto da altre culture e altre lingue e dalla possibilità di vedere il mondo da diverse angolature, al punto che durante gli anni universitari avevo l’esigenza d’estate di farmi un viaggio in giro per l’Europa in nave e in treno. La cultura e i vasti orizzonti delle capitali europee mi attraevano molto e ogni anno cercavo una meta diversa. Avevo già le idee chiare per un’esperienza all’estero post-laurea, anche perché, volendo continuare l’attività di ricerca, non vedevo possibilità nell’università italiana. La strada che si prospettava più appetibile era dunque uscire con una borsa di studio e farmi strada altrove, all’estero, lavorando sodo. Non mi spaventavano i sacrifici necessari nel primo periodo, tra cui bassa retribuzione e tanto lavoro. Erano anni di crisi anche quelli, i primi anni 90’. Gli anni di tangentopoli. In fondo a pensarci ora non mi sembra sia stato cosi difficile inserirsi in un ambiente in cui valeva la meritocrazia. I miglioramenti sono venuti graduali ma anche veloci. Berlino, che conoscevo dai miei viaggi estivi, mi parve ancora più affascinante e non ebbi difficoltà ad inserirmi e godere della sua vibrante energia multiculturale. Erano gli anni post-muro della ricostruzione e oggi capisco ancora meglio la fortuna di essere maturato personalmente e professionalmente in un periodo storico talmente importante per la Germania.”
I suoi progetti futuri allargano ancora una prospettiva di per sé molto ampia. Professionale ed umana: “A parte i miei progetti di lavoro all’University of Illinois at Chicago nel Department of Psychiatry, uno degli interessi che sto coltivando è l’introduzione di nanotecnologie nei paesi emergenti quali il Brasile e l’India. Nel mio laboratorio di Chicago abbiamo sviluppato una tecnologia per misurare i neurosteroidi nel cervello e siamo pionieri nel campo. Questa tecnologia non solo mi ha permesso di scoprire il ruolo fisiologico di un neurosteroide nel cervello, per la regolazione del comportamento emotivo, ma anche i suoi deficit nel cervello di pazienti con malattie psichiatriche quali depressione, PTSD e la sua regolazione da parte dei farmaci antidepressivi. Ho dunque sviluppato una collaborazione con l’Universidade Federal e con l’Universidade Estatal di San Paolo con lo scopo di introdurre questa tecnologia nei loro laboratori e sviluppare un progetto di ricerca per scoprire nuovi target per il trattamento dell’ansia e della depressione.
Tra i miei progetti c’è inoltre la riscrittura in chiave divulgativa di un libro di cui sono coautore e curatore sul meccanismo d’azione del Prozac, icona dei farmaci antidepressivi. A livello personale, vorrei trovare il tempo per viaggiare, anche se legato al mio lavoro. Credo che poche cose al mondo siano belle come conoscere altre culture, nuovi paesaggi e città. Scoprire come vivono altri popoli e immergersi nella loro cultura, vestire come loro, mangiare il loro cibo e quando è possibile parlare la loro lingua. Vorrei inoltre conoscere meglio la Sardegna, non solo la costa ma i paesi dell’interno, le loro tradizioni e la cultura popolare.”
Come sente la specificità della Sardegna ora che ne è lontano?
“La Sardegna ha enormi, immense risorse paesaggistiche e culturali e grandi intelligenze che non vengono utilizzate per migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti. E’ palese. Trovo assurdo che un’isola cosi meravigliosa abbia un tasso di disoccupazione cosi alto quando, per ciò che possiede, non solo dovrebbe assicurare un lavoro ed un livello di vita migliore ai suoi abitanti, città con migliori infrastrutture, ma potrebbe importare manodopera e esportare benessere. In fondo basta osservare, farsi ispirare dagli esempi di altri paesi e applicarli con i dovuti accorgimenti”.
Mi parla inoltre dei suoi interessi oltre le neuroscienze.
“Ho diversi hobby e vengo facilmente incuriosito e interessato da nuove cose, ma l’architettura e l’arte mi hanno sempre affascinato. Mi piace l’architettura vittoriana di Chicago e lo skyline di questa città porta la firma degli architetti più noti al mondo tra cui Frank Lloyd Wright e Mies van der Rohe. Uno dei miei interessi attualmente riguarda la ristrutturazione di una casa vittoriana sulla base di materiali classici, come il marmo italiano, intrecciati ad elementi moderni. Per creare una transizione tra il contrasto delle esigenze della modernità e lo stile della casa. E’ molto divertente e mi dà l’opportunità di essere creativo in un campo che non sia la scienza. Un altro hobby riguarda la recitazione e, in passato, ho anche frequentato una scuola di recitazione a Chicago e interpretato film con ruoli per lo più da cattivo criminal/mafioso a causa del mio autentico accento italiano. Ho conosciuto diversi buoni amici presso il circolo e le varie associazioni di attori a Chicago. Inoltre, sfruttando le mie competenze sull’apprendimento e sulla memoria, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Chicago, ho lavorato su una metodologia di insegnamento per permettere agli studenti stranieri di apprendere rapidamente la mia bella lingua e la cultura italiana della quale sono così orgoglioso.”
Banale ma inevitabile: consigli per i giovani, data l’inarrestabile fuga dei cervelli dal nostro Paese.
“Non smettere mai di sognare, puntare in alto con tanta determinazione, imparare dai migliori maestri nel campo e realizzare il sogno mattone dopo mattone! Condizioni precarie di lavoro o meno, io consiglio vivamente ai giovani di uscire dal loro ambiente, di fare un’esperienza all’estero magari usufruendo di programmi di Intercultura o genericamente di studio in altre capitali europee. Sicuramente dopo il conseguimento della laurea fare un master o un dottorato all’estero è essenziale per una persona che vuole proseguire con una carriera accademica o in un altro settore del mondo del lavoro, in qualsiasi campo, in maniera competitiva. Limitarsi all’ambiente in cui si è nati e cresciuti significa limitare le proprie conoscenze anche per quanto riguarda la capacità di acquisizione e accettazione di altri stili di vita e di pensiero. Detto questo, ritengo sia altrettanto fondamentale, per chi lo desidera, a un certo punto della propria vita poter rientrare nella città natale e usufruire di un ambiente lavorativo adeguato e consono alle proprie esigenze. Questo purtroppo in Italia non è sempre possibile. Per me la mobilitazione è un fattore essenziale per progredire, il che contrasta con la mentalità dell’italiano medio, per il quale il posto di lavoro diventa il luogo in cui mettere radici. In America tutto e’ visto in maniera più dinamica. I professori universitari si spostano continuamente in diverse sedi, il che è anche la maniera migliore per fare una carriera più veloce, importare conoscenze nella nuova università e usufruire delle idee di altri scienziati, far muovere il campo su livelli più alti assicurandone un progresso più veloce. Vista dunque dalla mia ottica, la fuga dei cervelli non ha senso di esistere e idealmente un ricercatore può e dovrebbe spostarsi da un continente all’altro e da un paese all’altro alla ricerca del laboratorio più consono alle proprie esigenze mirando, come fine ultimo, al bene della collettività. Non ci sono dunque cervelli italiani, francesi o spagnoli che fuggono e non tornano più a casa, ma cervelli internazionali che si spostano seguendo un equilibrio dinamico dettato da risorse, esigenze e possibilità di fare ricerca. Certo ci sono dei fattori limitanti in tutto questo e alla fine chi offre le condizioni lavorative migliori in genere si prende anche i cervelli migliori. Ma forse la staticità che affligge attualmente l’Italia per mancanza di fondi adeguati ma soprattutto per la struttura universitaria chiusa e inaccessibile ad uno straniero determinano la fuga più che l’acquisizione. Staremo a vedere se i paesi emergenti riusciranno a cambiare qualcosa nell’attuale equilibrio. Non dimentichiamoci comunque che inserirsi nell’ambiente universitario americano e’ oggigiorno estremamente competitivo e difficile.”
Rimaniamo nel tema con l’esperienza alla conferenza di Houston. Su tutto quello che porterebbe dell’Italia a Chicago e viceversa risponde:
“ A Chicago porterei la pasticceria italiana, il pane e le paste, e il mare sardo che mi manca tanto. Il lago Michigan, le spiagge e il parco sono comunque enormi risorse. Ci sono anche ristoranti tra i migliori al mondo con un ventaglio multietnico impressionante e nei supermercati trovo di tutto, inclusa la fregola sarda, il pane guttiau e l’acqua Smeraldina, oltre naturalmente ai vini e altri cibi più comuni. In Italia porterei la puntualità in primis, l’efficienza, il rispetto e l’educazione in senso lato, il senso civico nel mantenimento della città pulita ma anche il rispetto e la pazienza del singolo automobilista nel traffico. L’educazione della gente, che traspare dal semplice ignoto che ti saluta per strada e ti augura una buona giornata. La gentilezza e le buone maniere sono un bene molto prezioso e mi fanno sentire a casa a Chicago. Più viaggio e più mi rendo conto di quanto sia fortunato di vivere in una città con tanto spazio vivibilissimo in parchi ed appartamenti, tanta cultura accessibile a tutti e molta della quale gratis”.
Congratulazioni grazie per le sue ricerche