Se date un’occhiata all’Unione Sarda del 19 maggio, nelle pagine 6 e 7 troverete un enorme annuncio che inizia così: SONO LUIGI E FACCIO IL PETROLIERE.
È scritto a caratteri cubitali, in nero su sfondo giallo, per risaltare al massimo la leggibilità. Nella pagina accanto, l’ipotetico Luigi si racconta.
Dice di essere un operaio impiegato per la Saras sin da giovane. Negli anni è cresciuto, ha sempre avuto uno stipendio, una sicurezza, e per questo non si sente un operaio: si sente un petroliere.
Un petroliere sardo.
Forse sono i fumi degli idrocarburi. Forse è la stanchezza. Forse sono gli additivi chimici. Forse è la frustrazione di dovere ancora vivere in un bilocale senza prospettive, obbligato ad entrare ogni giorno in un mostro di cemento che fagocita la sua vita e nel frattempo annerisce e compromette irrimediabilmente le coste della sua isola.
Luigi non è un petroliere sardo. I petrolieri sardi non esistono. Luigi stesso non esiste, questa è una pagina pubblicitaria pagata dalla Saras per raccontare una storia assurda, che sa di presa in giro.
A una prima lettura, ho provato incredulità. «Non possono fare una comunicazione che sembra una gigantesca presa per il culo», ho pensato.
L’incredulità ha lasciato subito spazio all’indignazione, perché «Sì: ci stanno prendendo per il culo». Con due pagine sull’Unione Sarda e una scritta grande come una casa: SONO LUIGI E FACCIO IL PETROLIERE.
Ma che coraggio ci vuole per scrivere una cosa del genere?
Se volessimo leggere la vera storia di Luigi, sarebbe probabilmente questa.
Luigi è un operaio. Lavora per la Saras, vicino a Cagliari. È impiegato in un enorme stabilimento dove tutti lavorano come matti, raffinando prodotti petroliferi e trafficando con enormi quantità di idrocarburi ogni giorno.
Ha iniziato a lavorare per questa grande azienda da ragazzino: dopo tanti anni, lavora ancora là. Negli anni ha visto la Saras crescere, diventare un’azienda quotata in borsa, fatturare prima miliardi di lire e poi centinaia di milioni di euro. Luigi ha potuto scalare qualche gradino nella gerarchia interna, diventando operaio specializzato. Magari ha ricevuto qualche responsabilità e un piccolo aumento di stipendio. Ma tutto lì.
Nel frattempo, i manager della Saras intascavano dividendi e bonus milionari, grazie ai quali diventare tra le persone più ricche e potenti al mondo. Con quei soldi hanno comprato edifici, attici, macchine lussuose, squadre di calcio.
Luigi con il suo stipendio ha potuto giusto permettersi un affitto in un modesto appartamento fuori da Cagliari, e sta ancora pagando le rate della sua Punto. Spera di mandare i figli all’Università, un giorno, ma è solo un’ipotesi, anche piuttosto lontana.
Questo perché Luigi non è un petroliere e non è un cazzo di petroliere sardo.
Luigi è un operaio. Lavora alla Saras ogni giorno da più di 20 anni, ha una certezza economica che però non è una garanzia assoluta, perché se domani i manager fanno una cazzata lui è fuori. Se un Moratti impazzisce e manda all’aria l’azienda lui è fuori, e non può fare nulla.
Perché? Perché Luigi è un operaio, non un maledettissimo petroliere, non un cazzo di petroliere sardo.
Queste azioni di comunicazione andrebbero abolite per legge. Non è comunicazione, potrebbe essere pubblicità ingannevole, o qualcosa di simile a un tentativo di circonvenzione d’incapace.
Luigi non è un petroliere sardo e non lo sono gli altri impiegati nell’azienda. Non partecipano agli utili dell’azienda, non vedranno mai assegni a 5 o 6 zeri.
I soldi dei “petrolieri sardi”, tenuti strettamente nelle mani di presidenti e manager che sardi non sono, negli ultimi anni hanno arricchito pochissime persone, probabilmente della stessa famiglia, e una squadra di calcio. Ai sardi non sono rimaste che le briciole, come al solito. E un ambiente devastato, anche questo come al solito.
Saras, se hai davvero a cuore l’isola e i sardi, puoi fare tante cose: bonificare aree contaminate, promuovere la tutela di altre parti della Sardegna, spendere dei soldi per rilanciare l’immagine dell’isola su scala internazionale, regalare dei libri alle scuole, promuovere delle esperienze di studio all’estero per i giovani sardi, promuovere delle borse di studio universitarie…
Queste sono azioni di comunicazione che varrebbe la pena fare.
Ma quella dei petrolieri sardi, per favore, è una favola che fareste meglio a tenere per voi.
Che essere presi per il culo non piace a nessuno. Tanto meno ai sardi.
E per certe cose è giusto indignarsi. #nonsiamopetrolieri
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