DALL’ISOLA ALLA TERRAFERMA. ANDATA E RITORNO. SUGGESTIONI LETTERARIE CHE VIAGGIANO SULL’ONDA CROMATICA DI: “SONO NATO MA NON POSSO MORIRE, BIOGRAFIA IRRIVERENTE DI MANUEL CAMPUS”. A ROMA CON L’ASSOCIAZIONE “IL GREMIO”

Nella foto: da sx: Nadia Giannoni, Maria Elvira Ciusa Romagna , il Maestro Manuel Campus, e Antonio Maria Masia


dall’Associazione “Il Gremio”

Per chi non è mai stato in Sardegna, il consiglio è di andare. Per chi non è mai stato al Casale di Manuel Campus, in Umbria, il consiglio è sempre lo stesso: quello di andare.  Ma per chi non potesse fare né l’una né l’altra cosa, c’è un luogo in cui la sintesi delle due avviene in maniera egregia, e precisamente il Gremio dei Sardi, l’Associazione che ha il vanto di rappresentare questo popolo meraviglioso fuori dalla terra natia, il cui Presidente, Antonio Maria Masia, insieme agli altri soci, si preoccupa di mantenerne viva la cultura attraverso eventi storico-culturali di pregevole interesse.

Esattamente ciò che è accaduto nella prestigiosa sede di Roma, dove si è presentato il libro: “Sono nato ma non posso morire, biografia irriverente di Manuel Campus”. Ospiti d’eccezione lo stesso Campus, Maestro in arte e di vita, e la scrittrice, Nadia Giannoni.

Ci sono uomini di cui una nazione può andare orgogliosa, il cui pensiero si è propagato attraverso un’espressione artistica costante, contigua e incessante che non può e non deve essere trascurata, così come talune persone ci ricordano tutto questo sistemando nero su bianco quello che gli artisti sparano con il colore sulla tela.

Parliamo di Manuel Campus, scultore e pittore di origini sarde (nato a Domus de Maria, in provincia di Cagliari), che vive ed opera nel suo Casale-Museo a pochi passi da Spoleto, e di Nadia Giannoni, la scrittrice che ha avuto l’ardire di sfidarlo con una penna e far si che si arrivasse a un’opera di 450 pagine e 120 immagini, in cui si attraversa trasversalmente l’arte e la vita di questo pregevole artista, che ha vissuto intensamente, sbagliando anche, ma che non ha mai raggiunto compromessi né con se stesso né con altri, rimanendo fedele solo all’Arte, la sua donna per eccellenza, che ogni giorno lo aspetta seduta e immobile sul cavalletto. Come fosse il primo. Come non fosse l’ultimo.

Dichiarato “Artista della non violenza”, Manuel Campus, all’età di 87 anni continua incessantemente con la sua opera a lanciare messaggi, destare animi, attenzionare le persone su problemi che affliggono l’umanità. Gli ospedali, gli ospizi, la mafia, le stragi, l’emigrazione, le morti bianche, la violenza di qualunque sia la radice, e altro che la penna non riesce a fermare tanto sarebbe riduttivo estrarne il pensiero.

Ma Campus è anche lo scultore della statua di Lucio Battisti, che si trova ai Giardini di marzo a Poggio Bustone, paese natio del cantante, e della maestosa scultura in bonzo, Madonna con Gesù e San Giovannino, collocata nella piazza di Domus De Maria, in Sardegna, suo paese natale, e vive in un Casale-Museo dove oltre le sue, sono scientemente conservate circa 450 opere di altri artisti di fama. Un bagno di emozioni non solo per gli amatori.

Un uomo su cui la Storia dell’arte non potrà distrarsi, perché come suggerisce il titolo del libro della Giannoni, attraverso le sue opere è entrato a pieno titolo nell’immortalità.

Anche di lei bisogna fidarsi. La sua penna è una garanzia e i suoi lettori lo sanno. Una penna che taglia, investiga, indaga, chiede e qualche volta risponde, ma alla fine riemerge e sutura. E si sa, gli scrittori hanno licenza di fare tutto, come gli artisti d’altronde, a cui viene perdonata ogni debolezza solo per il fatto che ci conducono con le loro opere verso l’eternità. E eternità è proprio quella in cui Campus ci fa accedere permettendo alla Giannoni di entrare nella sua anima, all’insegna di In te ipsum redi, in interiore hominis habitat veritas. Non andare fuori… è nel profondo dell’uomo che risiede la verità, questo l’invito. Perché a suo dire, se c’è da fare un racconto su come si è come individuo, occorre un’analisi cruenta dell’Io, perché bisogna comprendere il motivo per cui ci si è comportati in una certa maniera, anche se porta dolore.

Per questo non basta una scrittrice, ovvero, se la scrittrice è anche psicologa è meglio. E la Giannoni lo è. Per cui il risultato è garantito. Pagine profonde, intense, a tratti dolorose, ma anche ironiche. Quell’ironia di cui si nutre la vita per far si che persino nei peggiori momenti si intraveda la via del riscatto.

Un percorso letterario cui i due artisti sono arrivati discutendo, raccontando, a tratti disquisendo, ma senza mai perdere la bussola: la ricerca dell’artista che è in ognuno di noi. Un percorso letterario che sarebbe potuto non finire mai, considerato che stiamo parlando, da una parte di un artista che ha alle spalle più di 5.000 opere tra quadri, sculture e litografie, nonché centinaia di mostre in Italia e all’estero, e dall’altra di una scrittrice che è al suo quarto romanzo. E chi la conosce lo sa. Sa che la sua scrittura è profonda nella sua leggerezza. Una scrittura vivace, ironica, graffiante, che muove il filo delle curiosità sin dalle prime pagine. Una scrittura che in questo caso va oltre il significato simbolico dell’arte.

Basti pensare a “Golgota Oggi”, l’itinerario pittorico per eccellenza del Maestro.

Diciannove tavole di due metri l’una, in cui un Cristo del terzo millennio vestito di stracci, da muratore, da operaio, cerca di portare l’attenzione sui mali del mondo: la fame, la miseria, la pena di morte, le carceri, l’inquinamento, i traghetti della morte… Opera da cui è difficile uscire indenni, visto che vi si rimane impigliati nei colori, nei toni, nelle sfumature. Nelle emozioni che suscitano.

Ebbene, la Giannoni lo ha reso ancor più suggestivo ficcandoci la vita dell’artista e costringendoci a guardare il Gologota non solo con gli occhi, ma coi sensi tutti, al punto che una volta finito di leggere la sensazione è esattamente la stessa che si prova dopo aver visto le opere del Maestro: “E adesso?”

E adesso bisogna andare a trovare Campus al suo Casale, cercare la scrittrice in libreria o in internet (il libro è disponibile anche in versione e-book su: www.amazon.it), oppure andare al Gremio dei Sardi, così come hanno fatto tanti ospiti lo scorso marzo, quando in occasione dell’87° anno del Maestro si è presentato il libro e allestita una piccola mostra.

Momenti vissuti con il Maestro Campus e Nadia Giannoni, che Antonio Maria Masia, oltre  a fare gli onori di casa, ha animato in modo sublime, resi più vividi e interessanti dalla presenza di Maria Elvira Ciusa, storico a critico d’arte.

Considerata tra le maggiori conoscitrici dell’opera deleddiana, la prima a storicizzare i massimi maestri dell’Arte Sarda, è noto, a quanti la conoscono, che abbia affinato la propria sensibilità non solo frequentando il mondo dell’arte, ma vivendo in prima persona la genuina espressione artistica dello zio, pertanto ha accolto con entusiasmo l’invito a presentare la biografia, ritenuta originale e appassionante.  E non solo. Da sagace professionista non ha impiegato molto a capire quel filo sotterraneo che muove le due persone fuori da un tempo puramente cronologico. Quell’andare all’indietro nel Mentre scandito nel libro, quel procedere narrativo avvincente, mai banale e ricco di inventiva.

Potrebbe finire QUI, ma vogliamo continuare, o meglio, loro vogliono continuare. Il 7 di luglio si replica: Spoleto, Festival dei Due Mondi, di cui il Maestro è stato sin dai primi anni protagonista indiscusso, presso la Biblioteca Comunale si terrà un altro incontro, questa volta con una grande sorpresa. Il Maestro Campus presenterà agli ospiti, a voi tutti, un’opera inedita, un Omaggio al suo collega Botero, che proprio per l’edizione del Festival 2015 ha dipinto il Manifesto ufficiale.

 Manuel Campus, un uomo, un artista. Ma non cercate di capire dov’è che finisce l’uno e comincia l’altro, perché non v’è confine. Però, se volete conoscere l’origine della sua irriverenza, non avete che da arrivare all’ultima pagina del libro di Nadia Giannoni.

Un meraviglioso viaggio. Dalle grandi scoperte. 

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