di Ilaria Muggianu Scano
Claudia Tronci, trentanovenne di Terralba, è un pezzo della storia della televisione sarda. Ballerina, attrice e conduttrice di programmi di successo tra cui il talent show “Di che danza 6?” su Videolina, è inarrestabile quando parla dei progetti di formazione artistica con i suoi allievi della scuola di danza “Arabesque”.
Nel bel mezzo dell’intervista la Tronci riceve una missiva dell’UNESCO. Claudia minimizza ma, traducendo dall’inglese, è facile capire che si tratti di un battesimo davvero importante: “Per la sua qualità di professionista, leader a livello internazionale, lei è da oggi membro effettivo del Consiglio Internazionale per la Danza dell’UNESCO“.
Ma la concentrazione di Claudia Tronci in questo momento è tutta per la sua Barbara, l’ultima cernitrice di “Vite di carbone“, pièce ideata e prodotta con il ballerino Davide Cauli, regista e coprotagonista dello spettacolo che, in tarda primavera, sarà in tournée presso i circoli sardi italiani ed europei. L’anteprima milanese dello spettacolo, in seno al congresso nazionale della FASI (Federazione Associazioni Sarde in Italia), ha riscosso un ottimo riscontro di pubblico.
Ci racconti di Barbara, la protagonista del suo spettacolo.
Barbara è una di quelle vite destinate ad essere raccontate. È la donna dei silenzi. Anzitutto è una donna realmente esistente che io ho intervistato e studiato per tanto tempo, con tutto il coinvolgimento emotivo che si può immaginare.
Come nasce il bisogno di raccontare la sua storia?
Molti anni fa per caso andai a Montevecchio con mia madre ed un’amica. Rimasi colpita da quello scenario abbandonato. Pensammo che quell’energia potesse essere interessante da raccontare attraverso la danza e illustrare la condizione della donna in quei luoghi. Barbara gentilmente mi raccontò la sua storia. Questa donna rappresenta la storia di tante donne di miniera. Dovette lavorare dalla giovane età per portare avanti una famiglia intera. Era una cernitrice, ore e ore sotto il sole, sotto la pioggia, per un pezzo di pane. Vestita di stracci, un paio di scarpe per la domenica e tanta forza. Donna di grande valore, tenacia, determinazione, grandi principi e grande dignità.
Era il 2001 e cominciai a creare coreografie per il saggio finale con le allieve della mia scuola di danza. Grande pathos ogni volta che veniva proposta la storia di Barbara: tutti attenti in un religioso silenzio a guardare, con reverenziale rispetto, una grande fetta della storia sarda. Tutto questo mi convinse che poteva essere un veicolo interessante da proporre alle scuole come linguaggio differente. Nel 2014 ho voluto metterlo in scena affidando la regia e la coreografia a Davide Cauli, danzatore di livello internazionale. Abbiamo inserito altre danzatrici contemporanee, Ivonne Bello e Nicole Sprio. L’obiettivo di “Vite di Carbone” è comunicare attraverso diversi linguaggi: la danza, la recitazione i video nei quali ricostruiamo lo scenario del passato.
Linguaggi vicini ai giovani che potranno conoscere la storia con i loro codici espressivi. Quale di questi linguaggi ti è più congeniale?
La conduzione televisiva è certamente il modo più semplice di comunicare che la danza è gioia, è benessere, è arte ed è di tutti.
Hai interpretato Eleonora d’Arborea, per la trasmissione Rai Ulisse, sei stata la regina Maria Cristina di Savoia nel docu-film biografico e ora sei l’ultima cernitrice. Cosa lega queste donne?
Il carisma, il loro proporsi come persone a tutto tondo che hanno compiuto tutto quanto fosse in loro potere per migliorare la propria società e la condizione di donne.
* LaDonnaSarda