di Michela Girardi
Matteo Morgante, 23enne originario di Arbatax, dopo una laurea in scienze politiche e relazioni internazionali ha fatto la valigia e si è trasferito a Melbourne. Nella metropoli australiana lavora e collabora con un’associazione no profit che ha l’obiettivo di stimolare i giovani studenti sardi ad intraprendere una carriera nella finanza. Appassionato di musica, politica, sport e street-art, ha trovato a Melbourne la propria dimensione.
Quando e perché hai lasciato la Sardegna? Ad un certo punto ho sentito l’esigenza di affrontare nuove sfide per mettermi alla prova in un contesto completamente diverso dal mio. Il desiderio di imparare la lingua inglese è stato un fattore determinante che mi ha portato prima a Londra e poi negli Stati Uniti per preparare la mia tesi di laurea. Ancora oggi considero quel momento il crocevia determinante per il mio percorso. Dal luglio dello scorso anno vivo a Melbourne, Australia.
Di cosa ti occupi a Melbourne? Sono arrivato qui per svolgere un tirocinio di sei mesi presso la Italian Chamber of Commerce, esperienza importante che che mi ha permesso di lavorare in progetti di import-export finalizzati alla crescita del Made in Italy in Australia. Da gennaio lavoro come Assistant sales manager presso un’azienda che commercializza prodotti alimentari sudamericani al dettaglio e all’ingrosso. Il mercato del Food&Beverages a Melbourne è veramente grande e complesso quindi è molto interessante osservarlo e studiarlo dal suo interno ed è sicuramente per me il modo migliore di imparare.
Tre cose che ti mancano di casa e perchè. Non sono un ragazzo che si lascia trascinare troppo dalla nostalgia, perché oggi attraverso un computer è davvero molto semplice sentire le persone a noi care anche se si è dall’altra parte del mondo. Ovviamente però ci sono tante cose delle quali si sentirà sempre la mancanza. Mi manca Casa mia, quella con la C maiuscola. Il luogo in cui ho l’opportunità di vivere momenti di quotidianità con i miei genitori e con il resto della mia famiglia. Mancano gli amici di una vita. Quelli che possono passare anni ma quando li rivedi è come se fosse passato un giorno. E poi mi manca Arbatax ed il rapporto che ho con i suoi luoghi. Cala moresca, piazzale rocce rosse ed il porto. Questi forti legami mi spingono a fare il biglietto e tornare a casa quando ne ho l’occasione, per ricaricare le batterie.
Tornerai un giorno? Molto dipende da come si evolverà la situazione in Europa nei prossimi anni. Sicuramente ora come ora mi trovo molto bene qui. In questo momento ho tanta voglia di continuare a girare il mondo, conoscere persone di altre culture e fare esperienze professionali che mi diano la possibilità di crescere sotto determinati aspetti. Però in futuro chi lo sa, per mia natura non escludo nulla..ed amo il detto “nella vita mai dire mai”.
Hai una grande passione: la musica. Sei riuscito a trovare la tua dimensione anche in Australia in questo senso? Sì e sono felice di questo. Appena arrivato qui ho iniziato a muovermi con l’obiettivo di trovare musicisti che mi accompagnassero nel canto. Fortunatamente, ho stretto una bella amicizia con due chitarristi ed un batterista ed abbiamo formato una band con la quale ci esibiamo abbastanza regolarmente nei locali di Fitzroy, quartiere alternativo e cuore pulsante della città, luogo d’incontro di viaggiatori e artisti. Qui c’è un’atmosfera speciale, dove puoi apprezzare veramente tutti i tipi di musica, dalla tecno al funky, passando per il jazz al rock ecc. Non posso lamentarmi.
Differenze tra i giovani italiani e quelli australiani. Direi il non avere preoccupazioni riguardo il futuro. I ragazzi australiani sono più fiduciosi e ottimisti rispetto a noi, ma è dovuto dal fatto che vivono in un sistema che funziona quasi alla perfezione. Anche la mentalità è molto più aperta. Noi siamo più propensi ad emettere giudizi ed emanare sentenze verso lo straniero. Qui, vivere in un ambiente multiculturale è l’assoluta normalità ed essere circondati da persone provenienti da tutto il mondo non spaventa nessuno, anzi, è una ricchezza. In queste cose sono molto più avanti di noi. Dalla nostra però abbiamo un grosso bagaglio di valori legato alla nostra storia e tradizione, ereditato da un Paese antico ed affascinante. Qui i ragazzi sembrano non possedere niente di tutto ciò.
Cosa consiglieresti ai giovani desiderosi di fare un’esperienza simile alla tua? Consiglierei loro di capire se si hanno gli stimoli e le motivazioni necessarie e, una volta capito, di non esitare a partire. Di avere la mente libera e leggera come una spugna pronta ad assorbire tutto ciò che il viaggio ha da offrire. Spesso ci poniamo inutili ostacoli tra i nostri obiettivi ed il loro raggiungimento. Conosco bene quella sensazione di incertezza, perché viene difficile immaginarsi in un contesto diverso da quello di casa, tra amici, parenti etc. Non vogliamo rinunciare a queste certezze. Ci appare un salto nel vuoto. Noi sardi poi abbiamo un attaccamento speciale alla nostra terra e tutto risulta più amplificato. Il rischio però è che questo attaccamento diventi morboso e ci porti a pensare che la nostra isola sia il centro del mondo e che tutto ruoti intorno ad essa. A questa età non possiamo permetterci di pensare che sia così. Il mondo è grande ed è molto più accogliente di quello che si pensi. Quindi piccioccusu, it’s time to go!
* http://www.vistanet.it/