Dal silenzio della sua chiesetta nel cuore del quartiere di Stampace, si risveglia Sant’Efisio. È arrivato il primo maggio, il giorno della grande festa. Quello in cui da tutta la Sardegna i fedeli arrivano a Cagliari per rendere omaggio al santo protettore che liberò la città dalla peste e dai pirati. Il rito si rinnova oggi, come 351 anni fa. Allora (era il 1656) la peste si era diffusa in tutta l’Isola e aveva mietuto oltre 10 mila vittime. I cittadini disperati invocarono il santo: “O Efis libera nos de su mali e ti promitteus una festa manna” (“Efisio, liberaci dalla pestilenza e ti promettiamo grandi festeggiamenti”). Poco tempo dopo, una pioggia battente cadde sulla città liberandola finalmente dal morbo.
Per i suoi abitanti quello fu il chiaro segno della grazia divina e dell’intercessione del santo. Così, dall’anno successivo, il primo maggio è divenuto il giorno dedicato al martire guerriero che sacrificò la sua vita in nome della fede cristiana. Da ogni angolo dell’Isola, all’alba, inizia il viaggio dei pellegrini verso il capoluogo. Ed è un tripudio di colori, suoni e profumi. I colori degli splendidi costumi tradizionali, i suoni ancestrali delle launeddas, i profumi dei tappeti di rose ed essenze naturali che ricoprono le strade dove passerà il maestoso cocchio.
Identità, usanze, orgogli e tradizioni si incontrano e si fondono nel nome della riconoscenza e della devozione, in un evento organizzato con grande cura dall’Amministrazione comunale cagliaritana. Da giorni, nella chiesetta dedicata al santo in Piazza Sant’Efisio, l’Arciconfraternita del Gonfalone, custode della tradizione religiosa, ha iniziato i preparativi. I balconi in ferro battuto che caratterizzano il quartiere cagliaritano di Stampace sono stati addobbati con fiori e arazzi. Il simulacro ligneo del 1600 con il suo abito rosso e dorato ora è pronto. Fuori ad attenderlo, sul sagrato della chiesa, ci sono migliaia di persone che lo accompagneranno per quattro giorni nel lungo viaggio, verso il luogo della decapitazione, avvenuta a Nora, una località appena fuori Pula, nel 303 dopo Cristo.
“Oh Efis, ascurta…”. A lui si rivolgono così le migliaia di fedeli che ogni anno, caschi il mondo, partecipano alla festa in suo onore, dal primo al quattro maggio. E caschi il mondo non è un eufemismo, visto che la devozione popolare a Sant’Efisio ha davvero resistito a guerre e bombardamenti. Ciò che stupisce è che la figura di quest’uomo, pur essendo ancora controversa, continua ad attrarre a sé come una calamita bambini, giovani, adulti e anziani, a prescindere da età e convinzioni religiose. Per questo, ogni anno si registra un sorprendente aumento dei fedeli che seguono il cocchio nei quattro giorni di pellegrinaggio da Cagliari fino a Nora.
A testimoniare questo culto “persistente e ampliante” – come sottolineano i rappresentanti dell’Arciconfraternita di S. Efisio che si occupano dell’organizzazione della festa e della custodia del simulacro – è il moltiplicarsi di offerte, fiori, preghiere e gioielli depositati nel cocchio ligneo che ospita il santo. E poi le foto. Dove ogni immagine racchiude una storia, un dolore, una preghiera, un ringraziamento. Dietro quella di una macchina nera nuova fiammante, si legge, per esempio: “O Efis, stai vicino al mio Claudio”. Chi sia Claudio non si saprà mai. Né se sia vivo o morto. Ma la foto è lì insieme con il suo mistero.
Nella dedizione dei sardi al santo protettore della città di Cagliari, ci sono ancora alcuni arcani difficili da svelare. Innanzitutto quello che riguarda l’origine dell’uomo, ancora avvolta dal mito. Chi era Efisio? Da dove proveniva? Come arrivò in Sardegna? Se è vero che questi interrogativi non hanno risposte storicamente dimostrabili (la passione di S. Efisio è raccontata in un codice vaticano latino del XIII sec. che per di più ricalca la vicenda del martirio di Procopio), è altrettanto vero che i devoti del santo martire non hanno alcun dubbio. Efisio era un soldato originario di Gerusalemme, figlio di un padre cristiano e una madre pagana. Educato alla religione politeista, fu nominato ufficiale dall’imperatore Diocleziano che gli affidò il compito di combattere il Cristianesimo.
Si racconta che un giorno Dio si manifestò lasciandogli impresso sulla mano destra il segno della croce. Da allora il soldato si convertì e divenne uno strenuo difensore del Cristianesimo. Avendo appreso della sua conversione, Diocleziano inviò i suoi ufficiali per ricondurlo ai vecchi idoli, ma lui non rinnegò la sua nuova fede. Per questo venne perseguitato, torturato e ucciso. E proprio i luoghi che secondo la tradizione sarebbero in qualche modo legati alla storia del martire guerriero, sono la meta dei pellegrini che da tutta la Sardegna arrivano qui per celebrarne la festa. Al numero 34 di via Sant’Efisio a Cagliari, ad esempio, c’è una porticina in legno scuro. Sopra, una targa reca la scritta: “Carcer Sancti Ephysii M.”. All’apparenza un ingresso qualunque in una strada qualunque del quartiere storico di Stampace. Ma varcata la soglia, una scala in pietra conduce il visitatore giù, nel cuore della Cagliari sotterranea, in una antichissima cripta. Si dice che proprio lì, Efisio venne imprigionato e sottoposto alla tortura prima di essere giustiziato. Al termine della scala, nella roccia si apre un grande vano. A destra si trova la colonna alla quale, secondo la tradizione, il santo sarebbe stato legato per le torture.
Poi un piccolo altare davanti al quale viene celebrata la messa che sancisce l’inizio della festa (info: 070 668632; orari: tutti i giorni dalle 16 alle 19). Poco più su, nella piazzetta, si trova l’omonima chiesa da cui parte la manifestazione del primo maggio. All’ingresso, sulla destra, c’è sa coccera, la stanza che ospita il cocchio sul quale Efisio viene trasportato. In una teca, sopra l’altare maggiore si trovano le reliquie: schegge di ossa attribuite al santo. E poi ci sono le tre statue. La prima risale al 1500 ed è detta Sant’Efisio sballiàu (Sant’Efisio sbagliato) perché porta la croce nella mano sinistra anziché in quella destra. La seconda, più conosciuta, è la statua che viene portata in processione il primo maggio: del 1657, rappresenta il santo come soldato romano, ma con barba e baffetti all’insù, alla moda spagnola dell’epoca.
Infine c’è una statua del 1800, realizzata dallo scultore sardo Giuseppe Antonio Lonis, che fa la sua sortita il lunedì dell’Angelo, quando dalla chiesetta raggiunge la cattedrale cagliaritana, nel quartiere di Castello. Nell’occasione, i cittadini ringraziano Sant’Efisio per un altro miracolo: la liberazione dei sardi dai francesi (info: www.arcisantefisio.it, tel. 070 668632).
O Efis se tu potessi ripetere il miracolo e liberarci dal male attuale, la peste che colpisce l’Italia intera, ‘