La Storia dei popoli, ad ogni latitudine, è costellata dall’ardimento di ammalianti seduttrici che hanno avuto il potere e la determinazione di cambiare il corso degli eventi, dalla biblica Giuditta alla risorgimentale Contessa di Castiglione. Per trovare una storica seduttrice di sangue sardo dobbiamo invece abbandonarci alle sanguinose atmosfere della Marmilla medievale. È antica di sei secoli la memoria della Bella di Sanluri, figura della mitologia nostrana che però non sembra priva di significativi fondamenti storici. L’ardimentosa nativa di Sanluri, per vendicare il suo popolo massacrato e ridotto in schiavitù, seduce il re oppressore e conoscendo il cagionevole stato di salute del sovrano pensa di condurlo a ripetuti amplessi, tanto da sfibrarne le già deboli risorse. Re Martino morirà da li a qualche giorno consegnando la ragazza alle più curiose pagine di storia patria. Il primo a parlare della bella di Sanluri è l’autore degli “Anales de Aragòn“, il catalano Jeronimo Zurita, secondo il quale “Il re fu colpito da febbre alta e quando il 21 luglio parve guarito, credendolo convalescente e volendo fargli piacere gli condussero una donzella di Sanluri, bellissima, per la quale, essendo il giovane re molto propenso al vizio, perse la vita“. Incidenti che capitano più spesso di quanto si possa pensare, direte voi. Francamente però è difficile scorgere qualsiasi casualità negli eventi se il re in questione è Martino il Giovane, re di Sicilia ed erede al trono d’Aragona. Il mosaico si compone ricostruendo i cruenti giorni de “Sa battalla“, la battaglia combattuta presso il borgo fortificato di Sanluri, il 30 giugno 1409, tra le truppe del Regno di Arborea guidate da Guglielmo III di Narbona e l’esercito di Martino I di Sicilia che massacrò seicento fanti arborensi, presso la località, vicina al borgo, battezzata da quel giorno “S’occidroxiu” (il macello). Trecento donne vennero fatte schiave ma tra esse solo una riuscì ad ideare un diabolico piano di vendetta. La bella sanlurese – di cui non si conosce nome né generalità all’infuori del ricorrente aggettivo di “hermosissima” sulle cronache contemporanee – sfruttò l’arma della seduzione come pretattica alla, letterale, disintegrazione del nemico. L’avvincente episodio di eroismo ed erotismo femminile vittorioso contro la prepotenza dell’invasore è avvallata, ancora oggi, dai più grandi medievalisti sardi; commenta Francesco Cesare Casula in “Breve Storia di Sardegna“: “Nell’euforia della vittoria, nel palazzo regio della capitale, Martino il Giovane s’intrattenne con una bella prigioniera sanlurese di cui non si conosce il nome, indebolendosi a tal punto da non opporre, poi, alcuna resistenza alle perniciose febbri malariche della terzana maligna che avevano preso a scuoterlo di lì a poco. Morì nel giro di dieci giorni, il 25 luglio, e fu seppellito nel transetto sinistro del duomo di Cagliari, rifatto nel Seicento come si può vedere ancora oggi“. Non si parlò più della Bella di Sanluri ma sulla storia di Sardegna rimane il graffio di una giovinetta ardimentosa che si inserì negli interstizi di quegli eventi che videro il declino del Regno d’Arborea e, portando alla morte Martino il Giovane, diviene gloriosa artefice della scomparsa della catalanità dalla Corona d’Aragona.
* La Donna Sarda