di Pierpaolo Fadda
Osservi i suoi murales e lo sguardo si fissa chiaro sui protagonisti: come se la donna sarda in costume o l’anziano del paese che porta con sé un cesto di ciliegie ti guardassero con piacevole complicità. È il realismo creativo di Pina Monne – artista di Irgoli che da anni vive a Tinnura – che cattura l’occhio anche più disattento e abbellisce i paesi dove le sue mani magiche disegnano scorci di vita affascinanti e carichi d’amarcord. Oggi Pina Monne è una della più apprezzate muraliste della Sardegna.
Quando è nata la passione per la pittura e, piu in generale per l’arte? La mia passione per l’arte è nata con me. Sin da bambina le insegnanti della scuola materna mi sceglievano fra tanti per realizzare grossi cartelloni. Ricordo ancora il mio stupore di fronte al rumore dei gessi colorati sulla lavagna guidati dalle abili mani della mia insegnante delle elementari e tuttora nella mia mente sono quei gessi che aiutano a creare le mie opere, un amore sfrenato per tutto ciò che è colore, forma e poesia. Dopo il diploma, il primo impiego in un asilo nido mi ha portato a fare le prime esperienze di insegnamento. Ho iniziato a comprendere in quegli anni che la mia passione per l’arte così latente creava in me un disagio, valutando perciò l’idea di abbandonare l’insegnamento e di dedicarmi anima e corpo alla pittura. Decisi di intraprendere questa nuova strada nonostante le titubanze dei miei familiari. Il momento determinante è stato l’incontro con i muralisti sardi, avvenuto all’età di 22 anni: da allora qualsiasi opportunità di lavoro che ha permesso di esprimere la mia arte ha arricchito il mio bagaglio di esperienze.
Non posso fare a meno di notare che i personaggi dei tuoi lavori sono perfetti, sembrano osservarti con curiosità. Ma chi sono i protagonisti delle tue opere? Quest’arte di strada mi porta spesso a vivere profonde esperienze umane. I miei personaggi, che trovate dipinti sui muri, sono spesso gli stessi che con me si raccontano. Si avvicinano all’inizio timorosi, ma curiosi di capire. Ed è lì che io rimango affascinata, dai loro volti segnati dall’arsura del sole e del tempo. All’inizio, frenati un po’ dal timore, raccontano se stessi e il loro vissuto con gioia malinconica. Questo è per me una fonte di grande ispirazione: nutro per loro una profonda gratitudine ed è per questo che poi li ritraggo in modo che siano essi stessi a raccontarsi con quegli sguardi pieni di ricordi, talvolta tristi o gioiosi.
Stai tappezzando i paesi della Sardegna con le tue opere che diventano un corredo urbano “animato”: rivivono scorci suggestivi dei centri abitati. Come nasce un tuo lavoro? Il muralismo è nato negli anni 68-70 come segno di protesta e tale è rimasto a Orgosolo. Io, facendo parte della nuova generazione di muralisti, ho lasciato alla carta stampata questo compito e ho deciso di utilizzare questa grande passione per ridare vita a quegli angoli di paese dimenticati dal tempo e dall’ incuria degli uomini. Molti amministratori in questi ultimi 15 anni mi hanno permesso di realizzare progetti di recupero di angoli deturpati da cartellonistica pubblicitaria, sostituendoli invece con grossi murales che vanno ad integrarsi perfettamente con l’architettura, la cultura e le tradizioni del luogo. Il mio compito iniziale, quindi, è quello di valutare la superficie dove andrò a operare e studiare la cultura del luogo cercando di rispettare le richieste avanzate e discusse precedentemente con gli amministratori.
Nei tuoi lavori colpisce un cromatismo davvero particolare. Che importanza hanno i colori nelle tue opere? Sono un’autodidatta e spesso procedo in maniera istintiva, soprattutto nella fase della colorazione. Prima stendo una raccia del progetto sul muro, poi riempio con passione la mia tavolozza con i colori che daranno plasticità alle figure tracciate. La mia costante osservazione e rielaborazione dei colori di tutto ciò che mi circonda mi hanno permesso di sviluppare una capacità cromatica che potete osservare nelle mie opere sui muri.
Parlaci della tua collaborazione con alcuni istituti carcerari isolani. Qualche anno fa sono stata contattata dalla direttrice dell’istituto penitenziario di Nuoro, la quale mi proponeva di intraprendere un laboratorio con i ragazzi dell’istituto. Accettai con l’obiettivo di far apprendere ai ragazzi un po’ dell’arte del muralismo, ma è stata per me una profonda esperienza umana di reciproco scambio. Insieme ai ragazzi abbiamo sostituito il grigio delle pareti dei lunghi corridoi del carcere con pareti piene di colore animate da figure allegre e solari che in qualche modo sfondano quelle tristi mura, rendendo meno pesante e opprimente la loro detenzione. L’opportunità alternativa data allo stare rinchiusi nelle singole celle ha permesso ad alcuni di loro di cimentarsi in una nuova esperienza: quella della pittura, che diventa così arte-terapia. Il successo dato da questi tre anni al carcere di Nuoro mi ha portato anche a insegnare al carcere di Macomer e oggi ho una nuova proposta per il nuovo carcere di Bancali a Sassari. Spero che i ragazzi abbiano fatto tesoro di questa esperienza e che essa abbia dato loro uno strumento in più per liberare se stessi, pur restando in una realtà come quella del carcere.
La tua arte ha varcato i confini nazionali: ha parlato di te la tv del Giappone e sei stata in Grecia nella cittadina di Makrinitsa. Vuoi raccontarci queste esperienze? La TV del Giappone ha realizzato un documentario sulla mia attività. Riguardo alla Grecia, alcuni anni fa sono stata contattata dall’associazione internazionale dei muralisti “Carpe Diem” che risiede ad Atene per fare da madrina alla rassegna muralistica locale. Il mio soggiorno in Grecia è durato dodici giorni e in appena sei giorni sono riuscita a terminare un murales che ha raccontato la tipica danza di “Miaides”, che rievoca un rito dionisiaco. Preparato precedentemente il progetto mi sono ritrovata ad operare su uno spazio ampio della città di Makrinitsa, dove la cultura e le tradizioni sono alla base del loro vivere quotidiano. Non dimenticherò mai il calore, l’accoglienza, i profumi e i sapori di quella terra meravigliosa, contornati dalle note che accompagnano l’affascinante danza del Sirtaki.
Sei stata anche in Palestina… Ancora più toccante e importante è stata per me l’esperienza in Palestina. Grazie d un amico e collega sono stata coinvolta in un viaggio a Betlemme per insegnare ai ragazzi palestinesi del centro artistico salesiano. Ho notato in loro una grande voglia di apprendere e di confrontarsi visto che, in seguito alle difficili condizioni socio-politiche, sono spesso ostacolati nel loro cammino culturale di vita. Ho insegnato un po’ del mio sapere riguardo la materia della ceramica e ci siamo impegnati nel riuscire a portare in Sardegna un gruppo di loro con i quali si è realizzato un murales nel piccolo paese dove io vivo: Tinnura. Come tema è stato scelto quello del confronto pacifico tra le diverse culture. Tale progetto è stato seguito dal Vis (Servizio di Volontariato Internazionale) il quale ha ritenuto, visto il successo, di farci ripetere l’esperienza l’anno successivo. Si è creato un tale rapporto di amicizia con i ragazzi e con la responsabile del centro artistico che ancora oggi, attraverso i social network, collaboriamo con loro e rispondiamo ai loro quesiti tutte le volte che hanno necessità di un confronto artistico. È stato toccante per me leggere nei loro occhi il desiderio di libertà quando, il giorno che siamo riusciti a portarli al mare, si sono lanciati nel bagnasciuga. Ansiosi come bambini desideravano dominare quella distesa di acqua cristallina che è il mare della nostra terra meravigliosa.
Da tempo stai sviluppando una nuova passione, quella per la ceramica.. In realtà la passione per la ceramica ha viaggiato parallelamente a quella della pittura e pian piano mi sono creata un piccolo spazio nella mia casa dove posso dare sfogo alla mia creatività. Sin da bambina ho aiutato mia madre nella preparazione del pane carasatu, apprendendo e sviluppando così la capacità manipolativa. Oggi lavoro con passione la creta creando nuove opere avvolte da smalti e brillanti cristalline che il fuoco trasforma, regalandomi ogni volta stupore e meraviglia.
Presto sarai ospite di un importante mostra a Londra. Ce ne vuoi parlare? L’anno scorso, in occasione del 50° anniversario della fondazione Peter Tatchell che si occupa della tutela dei diritti umani (di cui fa parte anche Elton John) sono stata invitata a realizzare 5 ritratti, tra i quali quelli di Elton John, Eather Peace e Marc Almond. Ho presentato le mie opere al teatro Royal di Norwich e il ricavato è stato devoluto in beneficenza. Quest’anno una gallerista ha notato i miei lavori e porterà alcune delle mie opere a Londra nel mese di Marzo. Altre mie due opere saranno esposte nella galleria nazionale di San Pietroburgo a Dicembre e una tela a olio raffigurante la sposa di Ollolai farà bella mostra di sé nella galleria d’arte contemporanea di Parigi nel mese di Gennaio.
Qual è il tuo sogno nel cassetto? Il mio sogno è quello che si è realizzato e che continua a realizzarsi: è quello che mi permette di esprimere ciò che sono, ciò che mi commuove, ciò che mi rattrista, ciò che mi rallegra; è l’incontro quotidiano di me stessa con gli altri ai quali possono raccontare quanto è bella la mia terra. Sono testarda, determinata e costante nel rincorrere il mio sogno che è quello di dipingere: è il cuore che mi guida nella continua scoperta di questo mondo.
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Come te non c’è nessun altro….le tue opere sono così realistiche da ipnotizzare qualsiasi persona abbia la fortuna di incrociarne una, lungo le vie dei tanti paesi della Sardegna impreziositi dalla tua arte.
Che bellissimi traguardi
sono felicissima per te e ti auguro soddisfazioni ancora maggiori
Murales del mio paese..sarule!
Bravissima Pina ,quanto mi piacerebbe un murales fatto da te i soggetti ce li ho ,ma non so quanto mi costerebbe ?