di Daniela Melis
Paolo Isoni, classe 1981, un percorso da stilista e una strada spalancata verso l’alta moda. Affinché le sue collezioni raggiungano la perfezione, si divide tra la Sardegna, Londra e Milano. Come tutte le persone che hanno vissuto all’estero, sente in maniera prepotente il legame con la sua terra, dalla quale trae massima ispirazione. Inoltre, i suoi abiti spesso richiamano l’Oriente, spesso sanno di fiabesco e immaginario. Coraggio e tanta determinazione hanno permesso a Paolo di lavorare nel mondo della moda, vestire grandi donne e creare un suo piccolo paradiso fatto di splendidi vestiti.
Come è nata la tua passione per la moda? Da piccolo, nella mansarda di casa. Riassemblavo i vestiti in disuso di mia madre. Erano le cose che indossava da ragazza. Nata nel 1960, dentro quel mitico armadio scoprivo un mondo che ancora oggi influenza le mie collezioni: le stampe degli anni ‘70, i pantaloni a zampa, i colori allegri di una generazione curiosa e spensierata dove ledonne si imponevano con un ruolo nuovo nella società.
Qual è stato il tuo percorso artistico per giungere fino a qui? Un percorso fatto di perseveranza, disciplina e tanto coraggio. Ad un certo punto ho mollato tutto, sono andato a Londra, mi sono iscritto all’Istituto di moda Marangoni e oggi eccomi qui. Avrei potuto frequentare la scuola di fashion design a Milano, ma scelsi Londra perché in nessun posto al mondo una grande storia convive con un futuro che ti attraversa la strada ogni secondo. Le vibrazioni della città sono uno stimolo unico, anche se per elaborare tutte le ispirazioni ho bisogno sempre della mia terra, il luogo dove le radici sono ben salde, dove dopo periodi di lontananza ho sempre bisogno di tornare.
Quale aspetto della Sardegna ti affascina di più? Della Sardegna mi piace che sia una terra fiera come noi figli di questa madre orgogliosa e rigogliosa. La Sardegna ha un fascino misterioso: se fosse una donna indosserebbe un abito vedo-non vedo.
Kimoni, mantelle e caban fanno parte della tua arte: un’influenza dall’estero? Da quale parte del mondo ti lasci ispirare, oltre che dalla tua terra? Le mantelle che si tingono di colori accesi e i kimono che diventano cappotti double sono una mia grande passione: raccontano l’eleganza composta e il rigore dell’Oriente che tanto mi affascina.
La tua boutique ha un gusto un po’ retrò: c’è un’epoca del passato che ti affascina in particolar modo per il suo stile? Gli anni ‘70, come ho detto prima, ma anche gli anni ‘30 e i ‘50. Gli anni ’30 mi piacciono perché la moda aveva un’eleganza unica; visto il momento storico, ogni espressione artistica, sia vestiti che arredamento, doveva avere un’estrema qualità, ma nessun orpello che ne ostentasse il valore. Sicuramente gli anni ’30 sono sinonimo di raffinata e pulita eleganza. Gli anni ’50 invece rivoluzionano la moda! Coco Chanel con le sue divise, Dior che accorcia la giacca, le grandi gonne che si colorano con i pois e poi inizia il divismo che trasformerà Grace Kelly e Marilyn Monroe in icone. Tutto questo ha influito sulle mie scelte riguardo la boutique. Non volevo il classico negozio: ho creato un luogo dove le donne possano sentirsi a casa, dove si creano abiti su misura e, allo stesso tempo, dove ci si può innamorare di qualcosa che si vede in collezione. Trovo che il concetto di negozio sia superato. Il mio obiettivo è far sì che ogni donna riconosca un proprio stile nei miei abiti, e non che professi la fede per il brand.
Natura selvaggia o artificialità moderna: quale delle due nelle tue creazioni? Difficile dare una definizione. In realtà, non credo che la modernità possa essere riconducibile a fattori estetici: è più un aspetto evolutivo. La natura è indomita e l’uomo che la rispetta può vivere in sintonia con essa. La naturale essenza di una donna non deve mai essere stravolta dallo stilista: esaltare ciò che la natura ha creato è il mio intento.
Il tuo sogno di vestire dive americane e principesse si è mai realizzato? In parte si, ma il sogno è l’aspetto onirico che più mi piace. Cerco di trasporlo nella vita: se realizzi tutto perdi una parte fanciullesca che è il motore della creatività.
Il tuo gioiello è la tua boutique a Porto Rotondo. Sogni di aprirne altre fuori, magari a Londra o a Milano? Porto Rotondo per me è casa, è il luogo che mi ha permesso di conoscere tantissime persone, di essere contemporaneamente in tanti luoghi rimanendo a casa. Milano è la città dove realizzo materialmente le collezioni, grazie a delle sarte e modelliste meravigliose. Tutto il resto va esplorato, ma non c’è fretta. Londra e New York sono sicuramente luoghi dove mi piacerebbe avere una vetrina delle mie creazioni.
Di cosa parla la tua nuova collezione primavera/estate 2015? La nuova collezione parla di una viaggiatrice che ripercorre un po’ i luoghi cari a Brigitte Bardot. Quindi tante righe, pois, una marinaretta che arriva in Costa Smeralda con delle stampe ispirate ad alcuni costumi sardi.
Quali sono i prossimi eventi che sta organizzando o ai quali parteciperà la Paolo Isoni? Il 28 marzo, sabato, ci sarà un cocktail per la riapertura della boutique di Porto Rotondo. Ormai ogni anno scelgo una data prima di Pasqua perché credo che la nostra isola meriti ogni sforzo possibile affinché la stagionalità lunga diventi consuetudine. Abbiamo storia, tradizione e un mare unico: dobbiamo impegnarci tutti di più perché laSardegna viva non solo un paio di mesi d’estate, ma tutto l’anno.
Che consigli di moda hai da dare alle donne per questa primavera? È sempre difficile dare dei consigli di moda. Io mi ispiro piuttosto a quelle donne che la moda l’hanno attraversata arrivando a noi e restando ancora icone di stile. L’unica cosa che mi sento di dire è un’affermazione in cui credo fermamente: ogni donna deve creare il suo stile. L’abito è un complemento, ma voi ne siete l’essenza.
* RivistaDonna