di Natascia Talloru
Claudia Firino, 35 anni, originaria di Ozieri, è Assessore della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport. Project Manager presso il CNR – Istituto di Storia del Mediterraneo (ISEM): cura la redazione e la gestione tecnica, amministrativa e contabile di progetti internazionali di ricerca scientifica in ambito storico e umanistico. Laurea in scienze politiche con una tesi sul Mercosur all’Università degli Studi di Sassari. Segue la politica dall’età di 17 anni e nel 2000 ha la sua prima esperienza istituzionale come Consigliere Circoscrizionale nel comune di Sassari. Sempre negli anni universitari è membro della Commissione Disabili dell’Ateneo e tra il 1998 e il 2006 è stata vicepresidente della Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Si specializza a Roma con un Master di alta formazione “EuroProject Manager – Tecniche e gestione dei progetti europei e formativi”, presso Asvi (Agenzia per lo Sviluppo del Non Profit). Prima di trasferirsi a Cagliari ha lavorato a Roma come progettista nell’organizzazione non governativa Soleterre e nella cooperativa sociale Bottega Solidale. E’ allenatrice di pallacanestro e negli ultimi anni ha ricoperto la carica di Dirigente della squadra di basket Superga Cagliari. Con lei parleremo di cultura, istruzione e abbandono scolastico, diritti dei disabili e delle donne nel mondo del lavoro.
A quasi un anno dalla carica di Assessore alla Cultura, cosa ci può rivelare di questa esperienza in Regione? Un’esperienza difficile ma anche molto affascinante, penso ci siano poche sfide più belle di occuparsi di cultura e pubblica istruzione, ovviamente ricoprire questa carica significa anche misurare la distanza e cercare di accorciarla sempre di più ai propri obiettivi e intorno alla quotidianità di una persona, distanze che hanno a che vedere con la macchina amministrativa, i tempi, che a volte non sono amministrativi ma purtroppo anche politici, però è un bilancio positivo perché comunque penso che si siano gettate le basi in quest’anno per migliorare le cose.
Cosa ha significato per lei assumere questo ruolo e cosa pensa si aspettino le persone dal suo mandato? Cosa ha significato un po’ l’ho detto nel senso che era ovviamente una sfida ma anche un’avventura politica importante, io ho sempre pensato che lavorare per cambiare anche di un millimetro le cose sia il tempo speso meglio e penso che la gente si aspetti molto da me e da questa giunta in generale, poiché appunto la politica vive un momento di grave disaffezione, vedere persone nuove e in questo caso magari anche una persona giovane crea delle aspettative molto alte che io spero ovviamente di non deludere.
In questi mesi ha dichiarato più volte che valorizzare la cultura rappresenta una precisa scelta strategica fortemente voluta da questa Regione. Quali sono i principali obiettivi che si è prefissa nel breve e nel lungo termini? Allora nel breve periodo ci sono da fare tante piccole cose, ci sono da mettere a punto degli strumenti nel settore, sia per la cultura, lo spettacolo e ovviamente la pubblica istruzione anche attraverso le politiche giovanili per rendere l’azione più fluida, rendere tutto più organico e funzionale nel breve periodo. Nel lungo periodo invece è importante, abbiamo cominciato a farlo investendo seriamente in questi settori, rilanciare da un lato la cultura come motore di sviluppo umano, io direi umano e sociale prima ancora che economico della nostra regione, quindi un coinvolgimento non solo degli addetti ai lavori ma anche dei cittadini comuni. Per l’istruzione crearne una di qualità, puntare sull’eccellenza, fare delle scelte anche forti, perlomeno così è stata percepita la scelta del dimensionamento scolastico, per creare le basi di una scuola di qualità, quindi guardare avanti e coinvolgere più persone possibili.
La Sardegna possiede un patrimonio culturale di enormi potenzialità storicamente rimasto in ombra e non sempre per mancanza di fondi ma anche come conseguenza di una serie di atteggiamenti da parte dei sardi stessi tendenti a sottovalutare il suo reale valore, come pensa di agire per convincere le persone ad avvicinarsi alla cultura, promuoverla e gettare le basi per un dialogo interculturale fino oltre i confini italiani? E’ verissima la sottovalutazione e noi abbiamo cercato di fare un primo passo con il nostro piano straordinario sugli scavi archeologici perché pensiamo che l’esperienza di Monte Prama sia assolutamente replicabile. Abbiamo poi la storia della civiltà nuragica, ma anche una storia giudicale e una storia medioevale, abbiamo davvero tantissimo da dirci, innanzitutto a noi stessi e poi da dire agli altri. Io penso che si debbano apportare dei miglioramenti anche per la valorizzazione dei nostri siti archeologici e dei musei, che spesso sono delle isole nell’isola; migliorare l’esperienza del patrimonio culturale nelle scuole e poi giustamente diceva lei, guardare oltre. Noi abbiamo il nostro bacino naturale che è quello del Mediterraneo in cui la Sardegna storicamente ha avuto sempre un ruolo importante, un ruolo di crocevia, di incrocio di culture e anche di commerci e questa è una dimensione favorevole, nonostante una situazione geo-politica più complicata, ma paradossalmente possiamo comunque ricoprire un ruolo importante e si sta provando anche a livello di giunta a rafforzare qualche relazione diplomatica e penso che potremmo essere un viatico fondamentale che possa far parte di queste relazioni.
A proposito della revisione della legge 22 relativa agli interventi regionali a sostegno dell’editoria, cosa cambierà rispetto al passato? La legge va rivista nel profondo e noi puntiamo ad una riscrittura in realtà, l’altro venerdì, sembra fatto apposta, ci sarà un primo tavolo di confronto sull’editoria e inizieremo quindi un percorso che vuole gettare le basi per la riscrittura di quelle norme. La rivisitazione va nel senso più chiaramente sia dell’editoria libraria ma anche dell’editoria legata all’informazione e a proposito dell’informazione è necessario inglobare anche quella parte che finora è stata esclusa, che è quella dell’editoria digitale, del giornalismo on-line, che oramai ha un ruolo a parte di prospettiva e nel presente è molto importante quindi ha necessità assoluta di essere valorizzato.
Istruzione, informazione, spettacolo, sport, sono sinonimi di lavoro e di conseguenza economia? Si, io lo dico sempre dopo ma non perché non sia importante, cultura e istruzione, che sono le due più rappresentative, hanno il dovere di crescere, è indubbio che chi ha investito in cultura coraggiosamente ha poi anche avuto delle importanti ricadute economiche e occupazionali. Noi ne siamo convinti, purtroppo anche a fronte della crisi in cui le risorse sono sempre meno, ci troviamo a sistemare anche quello che facevamo prima, e infatti non è un caso che sull’ istruzione e sulla cultura si siano comunque fatti dei passi avanti. Io penso che un po’ ci debba essere la mentalità e il coraggio da parte del pubblico, un po’ un osare da parte di tutti e avere per quanto riguarda la cultura un concetto di industria culturale creativa, le cosiddette ICC, che qui ancora latitano, e per questo stiamo cercando di agire anche in termini di servizi proprio per cercare di sviluppare le capacità imprenditoriali anche di cooperative e associazioni.
Secondo i dati emersi nella relazione conoscitiva presentata dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati a fine anno 2014, la dispersione scolastica in Sardegna tocca punte del 25,8 % e l’Isola è la regione italiana con il più alto numero di abbandoni. Come si potrebbe intervenire per arrestare questa tendenza negativa in continua crescita? E’ sicuramente importante un’azione complessiva, noi abbiamo fatto parecchio in questi mesi e il piano che abbiamo in mente è appunto un tipo di azione che riguarda la struttura scolastica, il potenziamento delle competenze, l’orientamento, le fila del lavoro degli insegnanti che quindi hanno bisogno anche di fiducia da parte delle istituzioni con un investimento deciso nella loro formazione e nel loro aggiornamento, una cura nelle cose che magari sembrano meno importanti come può essere l’ambiente fisico in cui gli studenti studiano e ci vivono di fatto, e quindi fare scuole che siano più funzionali alle nuove esigenze didattiche. Questo è un lavoro serio soprattutto perché di per sé la situazione nasce tra la scuola media e la scuola superiore e si deve fare un ragionamento molto accurato sull’offerta formativa della scuola superiore, perché abbiamo un’offerta che diciamo non copre tutto il territorio regionale, che magari non guarda alle vocazioni del territorio e quelli che potrebbero essere gli sbocchi lavorativi del futuro. Quindi da una parte le tecnologie, dall’altra la valorizzazione del patrimonio culturale, un valore alle tradizionali discipline umanistiche e scientifiche che devono rimanere perché la cultura di base è ciò che caratterizza la formazione italiana e non deve essere assolutamente dispersa, magari con uno sguardo un pochino più ampio. Quindi è questa l’azione che partirà tra pochissimo, faremo la presentazione ufficiale, poi noi non presentiamo un piano cadendo dall’alto ma andremo a discutere sul territorio con tutti gli attori della filiera educativa.
Assessore, lei si è sempre battuta con determinazione per i diritti delle persone disabili, su questo versante com’è la situazione attualmente in un paese che non riesce a tutelare i diritti di nessuno?Ritiene vi siano ancora delle discriminazioni e che tali persone non vengano considerate al pari delle altre e in grado comunque di lasciare un segno? Si è veramente un problema culturale, più che di risorse e di strumenti, perché noi abbiamo avuto e abbiamo adesso una legislazione molto marchiata, abbiamo anche delle risorse importanti che sono state investite e sono investite oggi, nell’integrazione e nell’inclusione delle persone con disabilità. C’è un dato culturale che è quello che vede tutte queste misure come un aiuto a chi si suppone resterà sempre indietro, non c’è l’idea che invece può essere d’aiuto a persone con disabilità come dire allineate al pari delle altre e quindi può dare come, quanto, più, o anche meno come tante altre persone rispetto a quelle che non hanno disabilità. Le disabilità poi sono tutte diverse, ci sono quelle più “semplici” come può essere il mio caso magari, in cui è sicuramente difficile però è una disabilità fisica e quindi mi lascia intatti gli strumenti cognitivi per poter comunque compensare quello che magari non posso fare fisicamente; però ci sono anche delle disabilità più forti, più gravi, e il sostegno a queste persone non solo non deve mai mancare ma non deve essere mai considerata una spesa improduttiva. L’inclusione deve essere un valore tutelato in quanto tale, e anche qui è una questione culturale, non posso sapere quanto una persona con quell’aiuto possa essere più produttiva o possa generare un risparmio e quindi ribadisco è un concetto di cultura, non c’è rispetto della Costituzione che deve essere forse recuperata perché in un momento di crisi in cui magari le situazioni di emergenza sono tante, si tende un po’ a fare una battaglia fra i diritti, per dire, siccome c’è un problema di disoccupazione allora dobbiamo tagliare i fondi per l’integrazione lavorativa delle persone disabili. Il tasso di disoccupazione riguarda tutti, tra l’altro se la disoccupazione aumenta di uno quella dei disabili aumenta di dieci, ovviamente c’è un lavoro sicuramente da fare ma più che altro non perdere quello che già in Italia si è raggiunto con grande coraggio.
Donne e lavoro: ritiene vi siano ancora delle difficoltà ad accettare la presenza delle donne aventi ruoli importanti nella società o ai vertici del potere e senza necessariamente possedere la bellezza come referenza? Le difficoltà ci sono e diciamo che ricoprire questo ruolo lo ha sottolineato ancora di più perché mi trovo in una posizione particolare: sono una donna,sono giovane e ho anche un’altra caratteristica che non è molto diffusa in queste posizioni che è quella della disabilità, tutte cose a cui io poi cerco di non fare troppo caso, ma il fatto che non ci faccia troppo caso non significa che non capiti in certe situazioni dove appunto io stessa per guadagnare credibilità ho dovuto fare un sacco di strada, più strada rispetto anche a qualche collega o a qualche altro esponente politico, quindi questo è un problema che esiste, secondo me dovuto al fatto che sono ancora poche le persone che si affacciano a quei livelli di responsabilità di cui parlava lei, e c’è l’abitudine ancora a guardare le donne in un modo non fiducioso, non normale. E poi c’è un altro tema che è quello che riguarda un po’ tutti i lavori e anche quelli di responsabilità, cioè la conciliazione della famiglia, della propria vita privata col lavoro. Io mi rendo conto che per i ritmi che tengo, non ho famiglia e non so come potrei fare. Quindi anche qui in realtà devo dire è un’abitudine perché quello che faccio dalle otto del mattino alle dieci/undici di sera a volte si potrebbe organizzare in modo diverso, e che non abbiamo l’abitudine a considerare nei tempi anche della politica i tempi di una persona che si occupa di altro, può essere a volte non necessariamente di un figlio ma più banalmente anche di tempo libero, nel caso della donna sicuramente se si tratta di un figlio anche qui non vedo perché non potrebbero occuparsene i rispettivi compagni. E’sicuramente un tema che c’è e dipende dalla scarsa presenza ancora della donna a certi livelli, io non sono per quote rosa o per l’inserimento quasi forzato della presenza delle donne, però capisco che certi meccanismi che son stati introdotti, penso a quelli delle leggi elettorali che pur non essendo perfetti, servono comunque ad immettere più presenza femminile nelle posizioni della politica in questo caso, ma il discorso si può estendere ad altri settori. Inoltre può anche verificarsi una contaminazione quando la donna arriva ad avere ruoli di responsabilità politica che la portano a trasformarsi magari in un uomo, il rischio è che possa prendere le stesse abitudini dell’uomo, è essenziale che non perda se stessa. E’ difficile, purtroppo alcune si sono trovate in contesti in cui il modo di fare politica non era conciliante.
Che consiglio si sente di dare a chi come noi ha a cuore la distribuzione della cultura sarda come radicamento costruttivo essenziale per una Regione proiettata al futuro? Innanzitutto posso dire di non farsi scoraggiare dal fatto che riportare certi argomenti possa sembrare o essere considerato non dico fuori luogo, ma non redditizio come altri argomenti, non appetibile, io credo molto come dire al lavoro che non porta i frutti subito, può sembrare una banalità ma chi fa un lavoro serio, rigoroso e costante poi i risultati arrivano. Nella fattispecie, per l’informazione on-line come ho già annunciato c’è tutta la nostra intenzione di dare grande dignità al lavoro giornalistico e quindi anche culturale che viene fatto sul web distinguendo la qualità ovviamente dalla non qualità, e quindi penso che resistere sia ancora più importante. Il web poi è il futuro, anche le piccole esperienze che stanno nascendo in questi anni avranno sempre maggior portata domani quindi costruirsi una credibilità, costruire un lavoro di serietà in particolare in un mondo affascinante come quello della cultura è importantissimo nella nostra Regione ma penso che sia estendibile al di fuori dei nostri confini, e parlo anche in termini di soddisfazione e di riconoscimento quindi insomma il mio consiglio è di tenere duro, resistere, e di rimanere coerenti con la propria idea e portarla avanti con forza.
* focusardegna.com