di Davide Fara
Beppe Servegnini a Teatro. Il suo ultimo libro “La vita è un viaggio”, 20 parole per un futuro migliore, diventa l’omonimo spettacolo teatrale per la regia di F. Brandi, con Marta Rizi, giovane attrice di 28 anni, ed Elisabetta Spada, in arte Kiss&Drive, musicista e cantautrice. Due incontri artistici fatti uno a Londra e l’altro a Bruxelles. Già dalla costituzione, quindi, di questo spettacolo l’autore di ‘Italians’ affronta uno dei temi a lui più cari: il viaggio e l’incontro con le generazioni di italiani in giro per il mondo. Viaggio è la decisione se partire o restare. E, quando si parte, viaggio è decidere che cosa fare. La scena si svolge in un terminal di aeroporto, a Lisbona, crocevia di tante destinazioni diverse, la fine dell’Europa che si affaccia alle Americhe. Il volo dei protagonisti è stato soppresso, sono costretti dunque a passare la notte in aeroporto. Nasce quindi un dialogo tra uno scrittore di successo, conferenziere, e un’attrice italiana che vive a Londra ma che ha deciso di abbandonare il sogno della sua vita, per andare in Brasile e seguire un amore non troppo sicuro. Beppe Severgnini sul palco incarna se stesso, ricoprendo il ruolo di padre premuroso che, nell’imprevisto di una notte in aeroporto, dispensa consigli utili nei confronti di una giovane che ha lasciato la provincia ‘narcotica’ alle spalle, ma soffre ora una crisi di appartenenza. A cui forse, dice Severgnini, manca una T fondamentali per raggiungere il proprio obiettivo: la Tenacia. Abbiamo incontrato lo scrittore prima del suo spettacolo di Nuoro.
“Viaggio in Teatro” perché? Perché a cinquant’anni bisogna fare cose nuove. A cinquant’anni la curiosità e la novità sono l’antiruggine del cervello. È meraviglioso avere la possibilità di dire le cose cui tieni in un modo diverso. L’ho detto nei libri, l’ho detto sui giornali, italiani e stranieri, l’ho detto in televisione, l’ho detto in pubblico alle conferenze, anche a Nuoro, in Sardegna, tante volte. E ora lo dico a teatro. La vera sorpresa è il risultato. Cioè il fatto che in tutta Italia ci sia tantissima gente che apparentemente viene volentieri, e non mi chiedano indietro neppure i soldi del biglietto. Questa è la mia sorpresa. Sono lusingato, i miei lettori mi vogliono bene.
Esiste secondo lei una dimensione spettacolare del giornalismo? Sì. E può diventare pericolosa. Se un giornalista diventa spettacolare e irriconoscibile per i suoi lettori, o telespettatori o ascoltatori, è un problema. E capita. Se per esempio mi vedessero fare un musical in cui ballo, credo che questo sarebbe un errore. Uno spettacolo sbagliato. Ma se qualcuno risente la stessa voce che trova per iscritto su un palcoscenico, non c’è assolutamente niente di male.
Esiste una dimensione spettacolare della politica? Certo. Ed è la stessa cosa. Lo spettacolo è rendere un messaggio gradevole. Non è sbagliato. Solo gli stupidi credono che un messaggio per essere convincente e serio debba essere sgradevole e palloso. Diciamo la verità, questo è stato un errore che la sinistra ha commesso a lungo. Il pensare che per essere seri bisogna essere seriosi. Non è vero. Si può essere seri ed essere leggeri. La leggerezza non è superficialità. La leggerezza è una qualità meravigliosa. Io non so se ce l’ho, ma credo che in tutte le professioni, la politica, il giornalismo, l’arte, la leggerezza sia una qualità. Invece, la pesantezza è un difetto, un problema.
Alla parola ‘viaggio’ ha spesso associato il concetto della parola ‘meritocrazia’. E così? No. Chi la usa, e ne ha fatto libri è Roger Abravanel, in Italia. Che è un ottimo pensatore, una persona in gamba. Io ho detto e scritto che di fatto diciamo le stesse cose, ma la parola ‘meritocrazia’ la trovo un po’ urticante. Però è vero, per esempio, che quando dico a Marta, sul palcoscenico: “punta sul tuo talento, ma il tuo talento non basta. Punta sulla tua tenacia, ma la tua tenacia non basta, devi usare il tempismo. Ma il tuo tempismo non basta, devi usare la tolleranza, perché gli intolleranti non vanno da nessuna parte.” Di fatto stiamo parlando di questi temi. Ma non uso la parola ‘meritocrazia’.
Lei viene spesso in Sardegna? Sì, io ho casa dal 1974, nel comune di Aglientu, in Gallura, vicino a Santa Teresa. Credo che il mio amore per la Sardegna sia nato dal fatto che è stato uno dei miei luoghi di formazione. Nel mio libro “Italiani si diventa” c’è l’importanza dell’estate nell’educazione delle persone. C’è chi le avute in Liguria, o in Romagna, io le avute in Sardegna. La mia gioventù è avvenuta in Sardegna. Ma questo non conta, il mio amore per la vostra terra è provato non dalla mia casa estiva, perché questo è troppo facile. Quanto piuttosto dal fatto che adesso io sono qua a Marzo, a Nuoro, ed ho voluto che ci fosse un Tour in Sardegna. Ogni mio libro è passato in Sardegna. Sono stato quattro volte, con oggi, al Liceo Asproni di Nuoro, o all’Istituto Tecnico di Decimomannu, ho intervistato gli istruttori di scuola guida di Thiesi, presenti anche in un mio libro. La Sardegna è presente. Quando un continentale dichiara un amore per la Sardegna che si limita a luglio e agosto io, se fossi sardo, avrei qualche sospetto.
La situazione della Sardegna oggi è drammatica: schiacciata sotto il peso della crisi, ci sono problemi legati all’ambiente (girano voci di una possibile destinazione sarda delle scorie nucleari), ci sono vertenze industriali aperte, c’è una forte emigrazione. Cosa ne pensa Lei? La mia opinione è che in una regione in cui la disoccupazione giovanile è al 54%, e la disoccupazione femminile giovanile è al 57%, spendere 470 milioni per la Maddalena in quel modo grida vendetta. Io mi arrabbio come italiano, e mi arrabbio come amico della Sardegna. È un’offesa vera alla Sardegna. E purtroppo questi fenomeni continuano. Ormai la Sardegna viene offesa anche quando in teoria la si vorrebbe aiutare. Questa è la tragedia. Alcune vicende sono legate a cicli storici. Mi spiego. Chiudere le miniere non è stato un dispetto, era finito un ciclo storico. Ho visitato le miniere dell’iglesiente, dentro e fuori, ho parlato con gli ingegneri. Sono andato tante volte a vedere cosa succedeva lì. Il modello economico basato sui grandi poli industriali, Ottana, Iglesias, Porto Torres, è un modello che si sta rivelando sbagliato in tutta Italia: compresi Napoli, Taranto e Venezia con Marghera. Il problema è che altre terre, per esempio il Veneto, hanno delle alternative. L’Italia avrebbe il compito di facilitare le alternative. Non credo nella Zona Franca come soluzione. Ma credo che qualcosa bisogna inventare. Perché, lasciata semplicemente al mercato, la distanza fisica della Sardegna è incolmabile. Questi sono gli anni giusti. Penso alla banda larga, per esempio. La Sardegna anche lì si è mossa prima degli altri. E c’è da dire che alcune cose la Sardegna le ha capite prima degli altri in questa materia. Ma occorre un governo che capisca che c’è bisogno di grandi investimenti. Il potenziale è enorme, in base al numero di abitanti, per esempio. Le soluzioni si possono trovare. Il punto è che anche in Sardegna ci sono delle persone che hanno situazioni favorevoli che non vogliono mollare. Per esempio il numero dei vostri dipendenti regionali, il costo della Regione Sardegna, non è per nulla difendibile.
* Sardinia Post
Bravissimo, con un umorismo così non può che essere geniale!