a cura di Massimiliano Perlato
La febbre per l’Expo di Milano è salita, e ampia è l’attesa per la kermesse, intenso il suo allestimento: ormai è presentato ogni giorno di più come il grande avvenimento, capace di tramutare la ventura del nostro paese e del nostro futuro. Dai diversi annunci quotidiani di iniziative e incontri culturali tutto sembra nuovissimo e inedito: si è portati a credere che si stia andando verso un evento escatologico. L’Expo può e deve divenire un progetto che aiuti il Paese a ritrovare speranza e unità, mostrando al mondo che l’Italia si sa reiterare e rinvigorire. Ma Sarà veramente così? Appare sempre più lampante che lo scontro è tra chi lavora la terra, la cura, e, attraverso il cibo prodotto, ne sente i profumi e i sapori per concedere al fruitore la qualità, quella che ha un’origine strettamente legata al territorio, e tra chi questa terra, quando non la divora per dare spazio al cemento e a miniere e cave, la sfrutta con un’agricoltura superficiale che la contamina e, nel tempo, la annienta solo per produrre quantità. Lo scontro è, quindi, tra un’agricoltura contadina e quella industriale. La prima, l’agricoltura contadina, è quella che, mentre mette a disposizione dell’uomo un cibo di qualità, si impensierisce anche della salute dell’ambiente, cura il paesaggio, sostiene la biodiversità e la stessa cultura che il cibo con i suoi differenti prodotti esprime. La seconda, quella industriale, invece, sotto l’azione di forti e crescenti concimazioni, pesticidi, semi OGM – essenziali per ottenere la quantità – produce tutto a spese dell’ambiente, del paesaggio, della biodiversità, e, anche, del gusto, avendo la necessità di uniformare, livellare, appiattire. Parlo di agricoltura ma lo stesso ragionamento vale per la zootecnia e la selvicoltura. Una quantità di cibo che, a oggi, non ha portato a dare quella persuasione alimentare di cui ha bisogno l’umanità, ma ad affamare ancor più il mondo e a metterlo in crisi. Tutta colpa della bulimia di denaro che affligge i padroni delle multinazionali, e non solo, anche della loro natura incline all’esagerazione che, poi, si traduce in spreco di cibo. Il cibo santificato, che è la prima, vera, fondamentale energia pulita di cui l’umanità non può fare necessariamente a meno. Infatti, non è un caso che sono un miliardo le persone che muoiono di fame e molto di più quelle che convivono con la fame in uno stato di crescente povertà, e, tutto questo, mentre più di un terzo del cibo prodotto viene buttato. Una massa enorme di energia che è sprecata per ingrassare i quindici padroni della finanza mondiale; quella decina di multinazionali che operano nell’agroalimentare e, altre, in particolare quelle della chimica, dei medicinali, del petrolio e dei semi, soprattutto Ogm. Un lusso che il pianeta, l’umanità tutta, non può più permettersi se non vuole arrivare a situazioni disastrose e punti di non ritorno, in considerazione dei sette miliardi e più di persone che ora abitano il pianeta (più del doppio dei 3 miliardi censiti 50anni fa) e dei 9 miliardi di abitanti previsti per il 2050, cioè se non domani, dopodomani. L’Expo “2015″, la gigante esposizione mondiale che si aprirà a Milano il 1° maggio, nata con l’intenzione di “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, un’immagine e un messaggio di grande vigore, soprattutto di grande consistenza, è diventata e sarà la grande vetrina delle multinazionali. Tant’è che lo slogan “Nutrire il pianeta” c’è già chi l’ha trasformato in “Nutrire le multinazionali”. Una grande occasione, per questi padroni affamati di territorio, di affermare ancor più il loro strapotere, che è tanta parte di quella crisi sistemica di cui soffre il mondo e dei rischi riguardanti la difesa stessa del pianeta, nel momento in cui andrà avanti il processo da loro avviato di furto crescente di suolo e della natura che esso esprime, in particolare la biodiversità, che è vita. Continueranno ad affamare il pianeta, e, quindi, ad aggravare il problema della sicurezza alimentare, non a risolverlo, e, opereranno per abbassare ancoro di più i livelli della qualità del cibo fino a uniformare i profumi, i sapori, e, con essi, il gusto. Per loro la diversità non ha senso, non è un patrimonio di storia, cultura, tradizioni, ma una perdita di tempo, l’unico spreco che non ammettono. Ecco che l’Italia e con essa, non a caso, la Spagna e la Grecia, cioè i paesi più rappresentativi dello stile di vita mediterraneo, già colpite duramente a causa di una espansione che ha palesato tutto il suo fallimento, stanno praticando, per assecondare le volontà delle multinazionali. Soprattutto l’Italia con l’attuale governo se penso alle risposte date a quelle del petrolio, con “Sblocca Italia”; l’applauso al “TTiP”, il trattato America del Nord- Europa, che più di altre azioni spiega la loro volontà di comandare il mondo appropriandosi delle sovranità nazionali; lo strappo alla Carta costituzionale e alla partecipazione dei cittadini alle scelte, negata dalla nuova proposta di legge elettorale. Una situazione pesante, pericolosa per la stessa democrazia, che, al di là degli annunci, si va aggravando ogni giorno sempre più. Un Expo messo in mano alle multinazionali, alla fine, non può e non deve meravigliare perché perfettamente in linea con le scelte in atto, tutte all’insegna del neoliberismo, che ha mostrato di non avere alcun rispetto per quel bene comune che è il territorio. Uno strapotere, quello delle multinazionali, e, in questo senso, un grande rischio proprio per il territorio, il bene più prezioso che il Paese ha. Il territorio, perché fonte di conoscenza, progettazione e programmazione, è uno straordinario e fondamentale contenitore di risorse e di valori legati alla storia, alla cultura, all’arte, alla ruralità ed alla sua agricoltura, alle tradizioni. Le tante stupende tradizioni che le nostre ottomila e più comunità hanno saputo tessere nel corso di secoli e mettere a disposizione del mondo, in particolare quelle che fanno riferimento al cibo, alla cucina, alla tavola. In questo senso l’Expo 2015 può risultare una grande occasione persa per affermare, con la difesa, tutela e valorizzazione del territorio, la Sovranità alimentare; dare a chi produce il cibo la gestione delle sue risorse e dei suoi valori; stimolare il ruolo che spetta al glocale, con tutti i suoi aspetti di vita, organizzativi e culturali, per non subire e rimanere vittima del Globale. Non era, poi, così difficile per questa esposizione internazionale, che vede l’Italia protagonista, organizzare e assicurare la sicurezza alimentare; diffondere la cultura del cibo espressione di territori e di saperi, il valore e il grande significato della sua qualità e bontà, con il tempo protagonista insieme con la stagionalità, la freschezza e la creatività protagoniste.
Per quanto riguarda la Sardegna, intanto circa cinquemila imprese sarde dell’agroalimentare e del tipico-tradizionale si proporranno a 20 milioni di “clienti” di tutto il mondo. E’ il progetto Sardegna per l’Expo sull’alimentazione a Milano. Fare rete, avere visibilità, creare una piattaforma di vendita ed essere pronti per distribuire i prodotti in tutto il mondo. Le imprese, artigiane e non, produttrici di pane, pasta, dolci, formaggi, olio e vino ma anche tappeti, tessuti, legno, sughero e gioielli, lavoreranno in “rete” e sfrutteranno l’opportunità di essere presenti a una manifestazione di caratura mondiale, attraverso una serie di attività che si svilupperanno a Milano e nel perimetro della Fiera. Per sei mesi le imprese potranno proporre i prodotti con eventi-degustazione nei locali, ristoranti e negozi sardi di Milano, con una intensa attività di promozione della qualità della vita della Sardegna, mediante totem multimediali e una piattaforma di vendita on-line e una per gli incontri e le vendite tradizionali. La Regione si prepara a partecipare all’Expo 2015 con una struttura di missione costituita ad hoc per la gestione efficace di una grande opportunità internazionale: un coordinamento strategico e operativo affidato all’assessore del Turismo, Artigianato e Commercio e un tavolo tecnico per la gestione amministrativa. Il tema attorno al quale sarà incentrato il progetto strategico e promozionale della Regione è quello della qualità della vita, all’interno del quale si collocano quattro dimensioni qualificanti: la longevità, l’eccellenza naturale, la qualità delle produzioni agro alimentari e l’innovazione sostenibile.
…..mancherà SOLO il maialetto sardo!!!