di Pia Deidda
Quando uno scrittore come Eliano Cau, attento critico e sensibile lettore, ti consiglia un romanzo da leggere, e la scoperta di una nuova giovane scrittrice sarda, non si possono non seguire i suoi suggerimenti. Sono subito andata in libreria a comprare “Il cuore selvatico del ginepro” e, leggendo la breve nota biografica scritta sul risvolto di copertina, ho capito di aver trovato, in un immenso panorama editoriale di scrittori sardi, un filo comune che mi avrebbe unito alla sua lettura: non aver paura di parlare della Sardegna della memoria, arcaica, ancestrale, “che ci collega a un passato ormai perduto”.
All’inizio una domanda un po’ ostica ma che ci conduce subito all’interno delle sue scelte narrative. Una giovane donna che non ha timore di attingere alla tradizione, che “ama definirsi una sarda nuragica, innamorata della sua isola così aspra e coriacea, ma anche fiera e indomita”, ha trovato in questi due anni dalla pubblicazione qualche resistenza da parte di una certa critica letteraria locale che vorrebbe l’adozione di tematiche moderne? Personalmente non ho trovato particolari resistenze, forse in generale un po’ di stupore per il fatto che a trattare questi temi così forti fosse una giovane autrice. In fondo è un pregiudizio anche questo, ritenere che in quanto donna e in quanto di giovane età i temi a cui ispirarmi dovrebbero essere più lievi, moderni e di carattere amoroso. Un giorno una giornalista sarda mi rivolse questa provocazione: “allora in Sardegna, sono diventati tutti scrittori?”. Io risposi che la questione era un’altra: finalmente si stanno accorgendo di noi! Scrittori lo eravamo anche prima.
Quali esperienze o persone hanno influito nella sua formazione? Dove risiede la sorgente della sua ispirazione? Perché trattare di Sardegna? Nel mio percorso formativo ho attraversato diverse fasi evolutive che mi hanno portato ad una visione abbastanza chiara e consapevole di questo mestiere. Dopo le ingenuità e gli slanci puerili iniziali, capisci che scrivere non equivale a trascrivere delle fantasticherie su un foglio secondo l’estro del momento. Scrivere richiede metodo, disciplina, esperienza, oltre al talento e all’ispirazione. E allora capisci che la verità insegnata dai grandi maestri deve diventare il tuo caposaldo: se vuoi essere credibile e convincere in lettore, scrivi di ciò che sai. L’ho messo in pratica e così, spontaneamente, è sgorgato da me “Il cuore selvatico del ginepro”. In questa storia è racchiuso un mondo che conosco e che amo. È racchiusa una Sardegna che riconosco e che ha influito profondamente su me, sia come donna che come scrittrice. Non so se scriverò sempre di Sardegna, ma di sicuro è stata una tappa necessaria.
Nel romanzo è chiara la sua presa di posizione nei confronti dei pregiudizi, che nascevano all’interno della società rurale, quando si era posti di fronte al diverso e che creavano la sua emarginazione. Si può dire che il romanzo, pur trattando una storia fantastica e, a tratti, quasi magica, possa avere anche un risvolto antropologico sociale e culturale? Al di là del contesto, i pregiudizi trattati nella storia sono certamente di carattere sociale e culturale. Ma ciò che più sconforta, è il fatto che purtroppo non sono legati a un tempo lontano, a una Sardegna arcaica che non esiste più. L’universalità di questi temi rende la storia moderna e appartenente un po’ a tutte le culture. Il nascere diverso non ha mai smesso di essere motivo di emarginazione e condanna.
A maggio verrà pubblicato “Fiore di fulmine” sempre per i tipi Garzanti. Può anticiparci qualcosa? “Fiore di fulmine” direi che è un romanzo più forte, ricco, appassionato e appassionante del mio libro d’esordio. Ambientato nella Sardegna dei primi del ‘900, racconta la storia di Nora, che dopo essere stata colpita da un fulmine, ritorna alla vita dotata di un dono molto speciale. Tutti hanno paura di lei, finché un giorno il suo destino si intreccia a quello di una viscontessa di Cagliari.
Cosa si prova ad uscire subito con una grande casa editrice? Quando passi gran parte della tua vita a sognare di essere pubblicata da una casa editrice importante e poi questo accade all’improvviso, l’emozione è così grande che sono necessari molti mesi per metabolizzarla. Sono stata determinata, non ho mai mollato, ho lavorato per migliorarmi e alla fine ho scritto un libro in cui credevo fermamente. Sono felice e orgogliosa di essere riuscita a concretizzare il mio sogno con le mie sole forze, senza l’aiuto di nessuno. La pubblicazione del primo libro l’ho vissuta, e in qualche modo l’ho anche subita, così come si affronta un viaggio avventuroso che non sai dove ti porterà. Per fortuna è andata molto bene. Adesso, con il mio secondo libro, l’avventura sarà assai più intensa perché stavolta so quante cose belle mi aspettano.
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sono in attesa che mi chiamano x ritirare il Fulmine.