di Vania Statzu
Quattro anni fa, uno tsunami di gigantesche proporzioni si abbatte sulle coste giapponesi in seguito ad un terremoto di magnitudo 8.9 della scala Richter, causando 18.000 morti e la fusione dei noccioli dei tre reattori della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, in Giappone. In seguito all’incidente, la popolazione residente in una zona compresa in un raggio di 20 chilometri dalla centrale (800 chilometri quadrati circa) fu fatta evacuare: oggi, vi sono ancora 120.000 sfollati. Ad oggi la maggior parte di quell’area è ancora sottoposta a vincoli e solo in un’area ridotta è possibile accedere, previo ottenimento di adeguati permessi; per la maggior parte delle aree è impossibile stabilire una possibile data di ritorno della popolazione. Numerosi articoli sulla stampa internazionale raccontano le difficoltà degli sfollati a vivere in altre aree del paese alle prese con la frustrazione di aver perso tutto e con una totale sfiducia nei confronti del Governo che non è riuscito a mantenere la promessa fatta allora di bonificare 11 delle municipalità più gravemente contaminate entro marzo 2014. Questo anche perché le attività di decontaminazione si sono concentrate nella messa in sicurezza del reattore, dove vanno più lentamente del previsto le attività di raffreddamento dei noccioli fusi e di trattamento e raccolta delle acque contaminate. La rivista Le Science (febbraio 2015) ha pubblicato un articolo di Steven Featherstone dedicato alle ricerche di Timothy Mousseau e Andrea Bonisoli Alquati sulle rondini di Fukushima. Le rondini sono una specie ideale per studiare gli effetti delle radiazioni sugli esseri viventi in quanto filopatriche, ovvero, tendono a tornare tutta la vita a riprodursi in uno stesso luogo. Mousseau, assieme a Anders Pape Moller, aveva già lavorato sulle rondini di Chernobyl trovando meno rondini di quanto atteso e soprattutto verificando che quelle rimaste avevano una durata della vita inferiore, una minore fertilità maschile, una diminuzione delle dimensioni cerebrali, tumori, albinismo parziale (una forma di mutazione genetica) e un’incidenza di cataratta più alta. Nei loro numerosi lavori, i due autori hanno dimostrato che l’esposizione a bassi livelli di radiazioni ha determinato un impatto negativo sulla biosfera della zona, subendo però le critiche di altri scienziati. Mousseau e Bonisoli Alquati sperano ora di poter avvalorare questa tesi conducendo delle analisi sul genoma delle rondini della zona di Fukushima: uno studioso giapponese, Otaki, studiando le farfalle catturate nella zona di Fukushima due mesi dopo l’incidente, ha verificato l’elevata incidenza di esemplari con malformazioni ad ali, zampe ed occhi e come queste vengano trasmesse alle generazioni successive. Tali studi sono importanti anche per l’uomo, visto che tutto ciò che sappiamo sugli effetti delle radiazioni ionizzanti sulla salute umana deriva da uno studio, tuttora in corso, sui sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki (caratterizzati da dosi superiori di radiazioni rispetto a quelle rilevate a Chernobyl e Fukushima): la maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che per quanto bassa, nessuna dose è da ritenersi innocua. Quella di Fukushima non è la sola storia senza fine legata al nucleare. Nei giorni in cui accadeva l’incidente nucleare in Giappone, l’Italia era alle prese con una campagna referendaria che avrebbe portato al blocco del ritorno degli investimenti sul nucleare. L’idea dell’allora governo era quella di acquistare sette impianti EPR da AREVA e Siemens. Tale tecnologia, allora all’avanguardia, era al centro di un discusso impianto,Olkiluoto 3, situato in Finlandia. La costruzione dell’impianto era partita nel 2005 e la messa in funzione era prevista per il 2009: tuttavia, una serie di problemi progettuali e gestionali (alcuni tali da far sì che le Autorità di Sicurezza nucleare di sei paesi europei richiedessero la revisione del progetto, pena la mancata attivazione dell’impianto) hanno fatto sì che ad oggi, la messa in funzione sia ipotizzata per la seconda metà del 2018, ad un costo che oggi è più che raddoppiato rispetto ai 3,2 miliardi di euro previsti inizialmente.
Tematica assai complessa, forse Guido sarà più esauriente (e competente?) di me, posso dire che, qui in Giappone, l’argomento è tabù, se ne parla poco o niente, si sono svegliati giusto perché pochi giorni fa c’è stato l’anniversario dei 4 anni, ma la situazione è ancora critica, gli sfollati continuano ad essere migliaia, la soluzione pare sia ancora lontana (e intanto i livelli di radiazioni nelle coste californiane o canadesi sono sotto stretta osservazione)