Tra le motivazione che hanno portato la Sardegna a subire il devastante disboscamento dell’800, vi è la costruzione delle ferrovie italiche dell’epoca, infrastruttura indispensabile per il decollo industriale della nazione.
Nonostante questo sacrificio, la Sardegna è la regione con l’indice ferroviario più basso in Italia. Secondo l’Istat, 1,8 ogni 100 chilometri quadrati, contro una media nazionale del 5,6 per cento, e quella del nord – Italia del 7,2.
Si obbietterà che tale dato è anche la conseguenza della bassa densità abitativa, dunque di una carenza di utenza. Ma la scarsa utenza dovrebbe incidere sulla frequenza delle corse, non sulla infrastruttura. Persino la Basilicata, che ha una densità abitativa minore della Sardegna, ha un indice di 3,5. La Sardegna risulta persino dietro regioni montane come la Valle d’Aosta e le Province Autonome, dove l’infrastruttura ferroviaria non è favorita dalla morfologia del territorio.
All’epoca dei cospicui finanziamenti dei due Piani di Rinascita, si preferirono edificare le cosiddette cattedrali nel deserto, industrie pesanti, energivore e inquinanti, piuttosto che adeguare il sistema dei trasporti interno ed esterno. La partita di giro dei finanziamenti favorì la costruzione di fabbriche che restarono penalizzate dall’assenza di infrastrutture.
Poi le fabbriche fallirono.
Inoltre, più della metà delle ferrovie italiane sono elettrificate, e un’altra buona percentuale è dedicata all’alta velocità.
In Sardegna zero linee elettrificate, zero alta velocità.
La Regione chiede da anni allo Stato nazionale l’adeguamento della principale linea ferroviaria, con scarsi risultati, com’è noto, con le dilazioni nei tempi che tutti ormai conoscono.
Ma il segno zero, purtroppo, parlando di Sardegna, si ripete.
Infatti, qual è l’unica regione d’Italia senza alcuna autostrada?
La Sardegna.
Qual è l’unica regione d’Italia senza una rete metanifera?
La Sardegna.
Quanti bei primati, per giunta esclusivi!
In questo ultimo caso, invero, pesa il discorso dell’isolamento e la difficoltà di fare giungere il gas con un metanodotto.
Tuttavia le grandi infrastrutture di collegamento, si pensi all’elettrodotto sottomarino Sacoi e al modernissimo Sapei, sono state fatte. In questo caso, verrebbe da dire malignamente, quando dall’isola c’è da prendere.
Infatti è noto che la Sardegna esporta energia più di quella che consuma, nell’ordine ormai del 40 % e oltre, e in misura crescente, data la dismissione progressiva delle industrie energivore.
E verrebbe anche da dire che una compensazione della mancata infrastruttura metanifera poteva lealmente attuarsi mediante il potenziamento della continuità territoriale, cosa che, com’è noto, non è mai realmente avvenuta ed anzi, lo Stato è debitore, secondo al legge sulla continuità territoriale, di consistenti versamenti mai effettuati nei confronti della Regione Sarda.
L’occasione per dotare l’isola di quelle infrastrutture utili allo sviluppo economico, è data dal cosiddetto “Piano Junker”.
Ci pensa il Junker, su.
Il piano prevede un fondo di garanzia della banca europea che incentivi gli investimenti calcolati nell’ordine di oltre 300 miliardi di euro. Un tentativo anti-crisi per rimettere in movimento l’economia, adottando il classico artifizio keynesiano senza far crescere il debito pubblico
Gli Stati devono presentare dei progetti per infrastrutture al vaglio della Comunità Europea.
L’Italia ha presentato 98 progetti.
In particolare, nel settore dei trasporti, ovvero strade, ferrovie, porti e aeroporti, ha presentato 24 progetti.
Finalmente si potrà rimediare a questa grave carenza infrastrutturale per l’isola. L’occasione per rimediare ad una storica trascuratezza.
Quanti sono i progetti che riguardano la Sardegna in questo settore presentati all’Europa dallo Stato italiano?
Zero.
Per la peggiore regione infrastrutturata d’Italia, zero progetti.
Nel settore della tecnologia, vi sono 31 progetti.
Specifici per la Sardegna, zero.
Nel settore ambientale (resources and enviroment) vi sono 7 progetti, nessuno specifico per la Sardegna.
Nel campo dell’energia, invece, la Sardegna è interessata da tre progetti, uno solo specifico.
Su 29 progetti presentati in questo settore dall’Italia, uno riguarda la contestata bioraffineria del Sulcis della Mossi&Ghisolfi, con la filiera produttiva che dovrebbe vedere la coltivazione della canna domestica, pianta infestante, pirofila e idrofila.
L’altro riguarda in generale il progetto di biochimica di Matrica, presente in sei regioni d’Italia. E infine il potenziamento del cavo Sacoi, il vecchio cavo elettrico che passa per la Corsica.
La Sardegna esiste, dunque, solo come produttrice di energia e per l’industria pesante, e l’unica infrastruttura concepita è quella che consente di esportare l’energia prodotta fuori dall’isola.
Per lo Stato l’isola è una piattaforma energetica, lo show room delle energie rinnovabili, com’è stata definita dal Ministro dell’Ambiente, dalla quale risucchiare il più possibile energia per una nazione, l’Italia, storicamente carente e dipendente dall’estero di queste materie prime.
Per tutto il resto, l’isola sembra non esistere.
Tuttavia, occorre precisare che alcuni progetti presentati, come quello della “buona Scuola”, quello per il dissesto idrogeologico, o quello per il risanamento dei siti inquinati, sono di carattere generale e riguardano tutto il territorio nazionale, da distribuire su indicazione dei rispettivi ministeri.
E, naturalmente, verranno distribuiti in modo equo ed equilibrato.
Come sempre.
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ma i nostri politici sardi che fanno?
Questa è una storia che continua, siamo ancora il regno sardo piemontese, credo che da allora sia cambiato ben poco e per questo dobbiamo ringraziare la nostra Matrigna Italia e i nostri amati politici che a parte al loro portafoglio non si sono posti molti altri problemi.