di Katia Riccardi
Giovanni Atzeni ha 14 anni. A undici ha deciso di cominciare a piantare alberi per fare la sua parte e contribuire a salvare il pianeta. E’ partito dalla Sardegna, da Sassari dove vive. A dargli la spinta è stata la storia di Felix Finkbeiner, che poco più giovane di lui, a nove, promise: “Pianterò un milione di alberi in Germania”, cosa che portò a termine in tre anni. Alla cerimonia del suo milionesimo albero arrivarono politici e ministri dell’Ambiente di 45 nazioni. Felix non si è mai fermato. Ha creato un’associazione, Plant for the Planet. Il cui slogan è: “Stop talking, start planting” (Basta parlare, iniziare a piantare), organizzata e capillare, ha parlato come poteva, anche a Copenhagen, alla conferenza Onu sul clima. Ha coinvolto giovani che avessero voglia di cambiare le cose. Atzeni è presidente del global board. Tra i 28 ambasciatori eletti, oltre lui c’è anche Ariane Benedikter, una ragazza di Bolzano. “Per il mio futuro non ho progetti. Mi piacerebbe essere coinvolto nella soluzione dei problemi ambientali e perché no, diventare un politico che si occupi di questi temi. I politici non sono molto popolari nel mio Paese, ma penso che possa essere meraviglioso lavorare per il benessere della comunità”. “Salve, mi chiamo Giovanni, ho 14 anni e faccio parte dell’associazione Plant for the Planet, sulla quale avete scritto un’articolo circa quattro anni fa. E’ stato grazie a quell’articolo che sono arrivato a essere uno dei due presidenti del consiglio direttivo, formato da 28 ragazzi provenienti da varie parti del mondo e che ogni mese si riuniscono in videoconferenza per discutere le azioni da portare avanti a livello mondiale”, ha scritto Atzeni in una mail sintetica, accompagnata da una lettera in doppia lingua – inglese e italiano – firmata dai 28 del consiglio. I ragazzi di Plant for the Planet partono dagli otto e arrivano ai 20 anni. Piantano alberi. E sono preoccupati. Giovani colpiti dall’irresponsabilità di un mondo che sta perdendo il controllo delle proprie emissioni. Non camminano solo sulla terra, la aiutano, il loro scopo è quello di farci respirare di nuovo tutti. Per diventare ‘ambasciatore per la giustizia climatica’ Giovanni Atzeni, ha seguito le linee guida del sito. In Sardegna è stato un precursore, ha organizzato workshop e poi si è candidato, è stato votato, ha incontrato altri come lui. Bambini dalle dita verdi in India, Canada, Brasile, Messico, Stati Uniti, Filippine. Parlano ogni mese in videoconferenze via Skype, registrano i loro progressi, organizzano eventi, diffondono aria. Restano preoccupati ma hanno una visione. Il loro programma di azione si basa su tre punti principali: eliminare tutto ciò che emette tecnologicamente CO2, anidride carbonica. Bandire le emissioni di carbonio a livello globale, far pagare chiunque superi la tonnellata e mezzo di CO2. Piantare un trilione di alberi. Giovanni ha la voce determinata e gentile. Ci chiede di telefonargli di pomeriggio, dopo scuola. Chiede gli alberi all’ente forestale, che glieli dà gratuitamente, poi li pianta. Trova gli spazi, propone, cerca di coinvolgere altri. “Parlo un inglese scolastico ma sono interessato da sempre a questi problemi”. Il ‘sempre’ di un piccolo uomo corrisponde a undici anni di passi. E’ stato a quell’età che Giovanni ha letto l’articolo su Felix ed è sceso ad affittare il dvd del documentario di Al Gore, Una scomoda verità. “Bisogna fare qualcosa, noi, tutti, in Italia siamo abbastanza, circa un centinaio, ma non è facile trovare l’appoggio. Personalmente non l’ho avuto dalla mia scuola, ma da sindaci e assessori dei comuni vicini”. A febbraio dell’anno scorso, a Porto Torres, Giovanni Atzeni ha parlato davanti all’ex ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando. “Finora ho piantato 325 alberi. Da molti questo problema è ignorato, sottovalutato, il surriscaldamento riguarda tutti noi, e la cosa particolare è che in Sardegna, o almeno dove io vivo, sembra essere una preoccupazione più degli adulti che dei miei coetanei”. I grandi sono sensibili ma fermi, i ragazzi, molti, non si preoccupano, ma quelli che lo fanno vanno veloci. E sono ottimisti. “Sì lo sono. Penso che quest’anno quando ci sarà la conferenza a Parigi sul clima forse qualcosa di buono potrebbe accadere. Noi ci saremo, forse non io personalmente, ma noi come associazione dovremmo andare”. Atzeni è contento, ha conosciuto tanti ragazzi come lui, con una causa, e ha viaggiato. Dalla Sardegna è andato in Trentino e a Milano, perché i genitori lo sostengono, il padre lo ha accompagnato anche in Germania, a Monaco di Baviera, dove ha incontrato Felix che ora ha 17 anni. “E’ molto gentile e umile”, ha raccontato. “Continua a stare lì e a piantare alberi”. Da quando ha cominciato Felix però il mondo è cambiato. Giovanni Atzeni e i 28 hanno aggiunto allo slogan ‘Stop Talking, Start Planting” un altro: “Stop Shooting, Start Planting”. Basta guerra. Non serve, piantatela.