di Ilaria Muggianu Scano
Durante un tiepido pomeriggio di quarant’anni fa, nel cuore di Cagliari, l’intuito di un insegnante che possiede tutti i segreti della musica scorge il prodigio tra le dita di una bambina, la sua bambina di soli cinque anni. È proprio così che inizia la straordinaria storia della pianista classica Roberta Pili ed è così che prosegue quella di suo padre che ora ha la responsabilità e il merito di aver scoperto ed incoraggiato “la più grande pianista vivente” come la ha dichiarata il celeberrimo compositore e direttore d’orchestra gallese Daffid Llyvelyn. È ancora viva nella memoria degli appassionati l’impresa newyorchese della giovane cagliaritana che ha proposto le ultime cinque sonate consecutive di Beethoven, performance dichiarata senza precedenti a livello mondiale. Già nel corso della sua prima educazione musicale, Roberta è protagonista della scena artistica internazionale: all’età di otto anni ha vinto, per tre volte consecutive, i concorsi pianistici per giovani. A undici anni intraprende lo studio regolare del pianoforte al conservatorio di musica di Cagliari, dove concluderà gli studi a 17 anni col massimo dei voti. Dopo il perfezionamento presso l´Accademia Musicale Chigiana di Siena partirà per Vienna, quella che diventerà la sua dimora fissa quando le tournee le consentono un po’ di stanzialità. Oggi Roberta insegna nell’Accademia di Tecnica polifonica ed Estetica del suono di Vienna (www.alkansocietyvienna.org), da lei fondata per quei giovani artisti che vogliano compiere l’ardimentoso passo in più verso un eccellente perfezionamento.
Sì può dire che tu abbia creduto nella Sardegna fino all’ultimo, compiendo tutti gli studi che l’isola ti potesse offrire, poi è stato inevitabile spiccare il volo per altre mete. La tua tenacia e la tua passione ti hanno permesso di calcare i più importanti teatri del mondo. Che percezione hai ora della nostra piccola isola? La mia terra di origine sarà sempre ed inevitabilmente un grande punto di riferimento nella mia vita. Rimpiango tuttavia il fatto che la Sardegna, nonostante il grande onore di avermi assegnato il riconoscimento del Premio Navicella Sardegna (un importante riconoscimento per chi diffonde il patrimonio culturale Sardo nel mondo, n.d.r.), non mi abbia dato l’occasione di condividere un po’ della mia esperienza artistica col mio pubblico sardo. Ma del resto “Nemo propheta in patria sua”, secondo il famoso detto latino.
Dagli anni della tua formazione pensi ci sia una maggiore offerta per i giovani che in Sardegna decidono di portare la propria passione musicale ai più alti livelli? Purtroppo credo di no. I cosiddetti “più alti livelli”, cui pur io ho aspirato in gioventù durante i miei studi al Conservatorio, dipendono da due elementi di educazione e formazione musicale fondamentali: un buon insegnante e un allievo altrettanto aspirante. La tradizione della grande scuola pianistica è oggi giorno pressoché scomparsa, non vi sono più ideali o idoli di grandi personalità artistiche che possano adeguatamente fungere da ispirazione per un giovane o una giovane pianista. Per questo motivo ho creato, con dei colleghi altamente qualificati, la Alkan Society Vienna, un istituto privato e di altissimo livello pianistico, il quale si concentra sulla grande tradizione di Alkan, Chopin e Liszt, tre grandi romantici che hanno spianato la strada del virtuosismo pianistico.
Ti sei mai sentita in dovere di dimostrare più di un collega uomo? Quanto c’è di leggendario nella convinzione collettiva che il “concertismo” sia più adatto all’uomo e la didattica musicale alla donna anche ad altissimi livelli? Che il concertismo sia “roba da uomini” è un dato di fatto. Non tanto per scelta stessa del sesso maschile, ossia non-scelta da parte delle donne, piuttosto per un fatto storico di educazione morale, radicatosi nella mente della società nel corso del tempo. Una donna non aveva molte possibilità di dare atto del suo virtuosismo pianistico, sarebbe stato troppo spinto e assolutamente “anti-femminile”. Oggi invece ci sono numerose pianiste donne che si esibiscono in pubblico. Ovviamente sono cambiate molte cose. Ma una cosa in particolare non credo sia cambiata o addirittura possa cambiare in futuro: una donna deve (purtroppo) mostrare di più di un suo collega uomo, anche col rischio di apparire più “maschile” che femminile nel suo stile interpretativo. Questo è anche dovuto al fatto che il repertorio pianistico,soprattutto se si pensa alle Sonate di Beethoven o alle opere di Liszt, Alkan, Brahms, possiede un carattere prettamente maschile. Una pianista donna dovrebbe per lo meno attivare la propria parte artistica androgina, se esistente. Ciò le consentirebbe di esprimere entrambe tendenze nella musica con maggiore equilibrio.
Che generi contempla la tua play list oltre la musica classica? Hai un musicista sardo, del presente o del passato, che ami in particolare? Come musicista sardo considero mio padre, Salvatore, con grande stima e ammirazione. Non esiste per me un genere in particolare oltre la musica classica. Godo di tutta la musica così come è, buona o cattiva. Naturalmente cerco di ascoltare sempre e solo musica “per le mie orecchie”, nelle mie corde.
Tournee in Giappone, Canada, Stati Uniti d’America, Svizzera, Austria, Germania, Italia: dove ti senti a casa? Naturalmente a Cagliari, mia città natale, e a Vienna, dove abito ormai da 27 anni.
* La Donna Sarda