di Alessandro Carta
Chi l’ha detto che i racconti appartengono al passato e che non possono più rappresentare una forma letteraria del corrente mondo votato al Web o all’informatica? Per avere una risposta, fortunatamente non la sola, basta prendere in mano e leggere “I racconti di Bianca” per convincersi che la vita vissuta può essere riveduta, anche a distanza di tanti anni, come sequenze di un film fatto di tanti episodi e di tanti racconti. “I racconti di Bianca”, scritti da Bianca Mannu, sono un valido esempio di letteratura, forse, oggi minore, ma che ha diritto di sopravvivere anche in epoche di universale “medializzazione”, perché capace di emozionare come lo erano, tempi andati, i racconti dei vecchi che hanno seminato, col loro ruspante sapere, valori di grande portata, compreso quello di sapere raccontare, con semplicità, episodi della propria vita meritevoli di essere trasmessi non solo ai nipoti. Bianca Mannu, nativa di Dolianova e da tempo residente a Quartu, dopo la parentesi di insegnamento ha trovato modo di esternare il proprio carisma letterario attraverso diverse pubblicazioni (sillogi poetiche, romanzi e racconti) che sono diventati il suo mondo e attraverso il quale si tiene viva e riempie i suoi giorni. Con “I racconti di Bianca”, scrive Katia Debora Melis nella prefazione, “l’autrice percorre, scandagliandole, frammentarie tessere di un mosaico scomposto, attraverso le vicende delle protagoniste, tutte le età della vita, muovendosi disinvoltamente tra i mutamenti del corpo e della coscienza. Le storie, fruibilissime singolarmente, costituiscono il frutto consapevole di un’analisi del disagio del vivere, specie di quello della donna nella peculiarità della sua dimensione esistenziale, mediata da un uso plastico quasi demiurgo delle potenzialità linguistica, dalle parole desuete, usate, qui, invero, con maggiore parsimonia rispetto ad altre opere..” Due sono gli elementi che emergono in maniera evidente dalla lettura di “I racconti di Bianca”: la figura della donna sempre dignitosa e compassata; e il pieno rispetto grammaticale dei racconti nei quali il lettore non viene avvinghiato, ma lasciato libero di godersi una sana lettura. Altro merito della Mannu è quello di “rivendicare a se, al suo passato, al presente e al futuro di molte altre donne quel senso di libertà fuori da ruoli precostituiti opprimenti, capaci di appiattire e, poi, soffocare, ogni velleità di essere e sentirsi essere”. Aba, Fiela, Lina sono solo alcuni dei protagonisti dei racconti della Mannu. Ma certamente non sono i racconti con la loro trama a suscitare l’interesse dei componimenti, quanto l’analisi introspettiva che viene descritta di ogni componente dell’insieme. “Mi frullavano in capo queste idee un po’ tra l’annebbiamento e gli attimi di distensione della paralisi che mi afferrava il dorso, sai quella parte esposta e sensibile appena sotto le scapole? Qui. Qui ancora correva come una piccola scarica elettrica, ma durevole. Ero scossa e mi pareva di non potermi muovere. E intanto, mi vedevo seduta sul solito divano, ruotavo intorno alla mia schiena, che era come un bastone freddo e duro. E, a quel punto, sento scrosciare l’acqua della doccia, nel bagno. E non so come si fosse aperto il rubinetto….” Il lettore, che affronterà il libro come si è soliti bere un bicchiere d’acqua, tanto và liscio, potrà cogliere come da semplici momenti di vita quotidiana, supportati dalla riflessione e dal saper cogliere aspetti quasi minuti, si riesca a passare alla letteratura che mostra una sua aderenza alla vita di tutti i giorni di ogni essere umano. Bianca Mannu è riuscita, riattraversando momenti più comuni e intimi, a dare dimensione al suo saper interpretare la vita, fatta di momenti apparentemente insignificanti. E la vita della donna ha tanti momenti carichi di pathos umano e di sensibilità.