Sardi e felici? Fiducia, benessere e istituzioni nella Sardegna della crisi» è stato il tema al centro del seminario promosso di recente a Cagliari dallo IARES (Istituto Acli perla Ricerca e lo Sviluppo) durante il quale è stato presentato l’XI Rapporto dell’Osservatorio IARES sull’Economia Sociale e Civile in Sardegna. «Il seminario – spiega il direttore Antonello Caria – parte dall’interrogarsi sullo stato della felicità dei sardi. Dopo le precedenti rilevazioni relative ormai al 2009, abbiamo ritenuto fosse necessario verificare come i sardi si sentissero». Dal precedente Rapporto, presentato nel 2012, emergono diversi dati e in particolare alcuni dettagli relativi al Terzo settore e all’economia sociale. In entrambi i casi si evince che pur subendo la crisi si riesce a mantenere equilibri strutturali discreti e a permanere con alti livelli di resilienza alle trasformazioni in atto. «Parliamo di Felicità – prosegue Caria – ma intendiamo parlare di determinanti essenziali del Capitale Sociale della nostra Sardegna,ritenendo che ogni “buona analisi” dovrebbe in ogni occasione presentare le differenti e complesse situazioni su cui è costruita la complessità umana. Il primo ambito di indagine che abbiamo approfondito è quello del benessere soggettivo. Da anni ormai si è capita l’importanza di sviluppare misure del benessere soggettivo e di monitorare regolarmente tali variabili». La situazione della Sardegna nel 2014 vede il 10, 37%dei rispondenti dichiararsi “per niente felice”,il 21,4%“non molto felice”,il 52,17%afferma di essere “piuttosto felice” mentre il 16,05%si definisce “molto felice”. Tra coloro che si definiscono “per niente felice” i giovani sono solo il 6,7%. Percentuale che cresce in modo lineare fino al 19,6%tra coloro che dichiarano di sentirsi “molto felici”. Per gli ultra sessantacinquenni,invece,si passa dal 38%dei “per niente felici” al 23% dei “molto felici”. Andamento costante invece per l’età intermedia, che occupa il 55%dei “per niente felici” e il 57%dei “molto felici”. «Un elemento per molti versi collegato al livello del benessere soggettivo è naturalmente il reddito – dettaglia. Anche se gli studi più recenti hanno messo in luce come questa relazione sia decisamente più complessa e meno diretta di quanto non si pensasse è indubbio che reddito e benessere siano in qualche modo collegati».Un secondo ambito di ricerca ha riguardato invece la fiducia interpersonale e istituzionale. «La fragilità della fiducia,sia quella interpersonale e ancor più quella generalizzata e istituzionale – spiega il direttore – deriva anche e fondamentalmente dalla sua stessa natura di bene comune. Di particolare interesse sono i dati riportati relativi alla variazione dei livelli di fiducia interpersonale durante il ciclo di vita. Si nota infatti come la fiducia sia più bassa nei giovani, aumenti nell’età matura e si riduca nuovamente con l’avanzare della vecchiaia. Un altro elemento che influenza il livello di fiducia interpersonale è il titolo di studio. Tra coloro che non possiedono un titolo di studio,solo il 7,3%si definisce fiducioso, contro il 31%di chi possiede una laurea e addirittura il50%di chi ha un titolo post laurea. Un simile discorso vale per il reddito. Al crescere di quest’ultimo cresce anche la percentuale di soggetti fiduciosi».Il ruolo del volontariato;la valutazione dei servizi di Welfare e gli orientamenti politici rappresentano gli ultimi tre aspetti al centro dell’indagine. «Un tema rilevante e per molti versi collegato a quello della fiducia istituzionale ed interpersonale è quello del volontariato. Studi a livello nazionale ed internazionale hanno evidenziato come la percentuale di cittadini che si impegnano in attività di volontariato, il numero di associazioni no-profit e di volontariato,sono delle utili misure di civismo, che a sua volta è una componente del capitale sociale ed una conseguenza del livello di fiducia diffusa in una data comunità».In Sardegna la percentuale di cittadini che dichiara di essere impegnata in attività di volontariato è pari al 22,74%, mentre a livello nazionale il dato si attesta al 9,4%(ISTAT). «I servizi più utilizzati in assoluto – prosegue -sono quelli per gli anziani (assistenza domiciliare o residenziale),seguiti dagli asili nido (28,43%), da quelli di orientamento e formazione professionale (23,91%) e dai centri di aggregazione sociale (18,9%).I servizi di contrasto alla povertà e al disagio hanno riguardato il 9,2%deirispondenti, quelli di recupero del disagio e della tossicodipendenza l’8,86%e infine quelli di accoglienza e inclusione per il migranti,il 2,68%. Per quanto riguarda gli orientamenti politici dei sardi infine, abbiamo rilevato il livello di interesse perla politica e le questioni politiche in generale. Il 33,61%affafferma di non essere “per niente interessato” in tali questioni,il 22,74%si dice “non molto interessato”,il 31,10%invece è “abbastanza interessato” e il 12,21% invece è “molto interessato” – conclude».
A CHE PUNTO E’ L’ISOLA? L’XI RAPPORTO DELL’OSSERVATORIO SULL’ECONOMIA SOCIALE E CIVILE DELLA SARDEGNA
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