di Paolo Pillonca
Gigi Riva ha compiuto 70 anni. Nel caso del grande campione il dato è puramente anagrafico: nel cuore degli sportivi genuini di tutte le bandiere, nella storia e nell’immaginario del calcio mondiale Gigi Riva non avrà mai un’età definita. Sarà come gli eroi della mitologia greca e come Meazza, Piola, Pelè, Liedholm, Di Stefano, Valentino Mazzola, Maroso, Scirea, Zoff: grandi nel calcio come nella vita. E di lui resterà sempre la figura di ragazzo taciturno e solitario, con lo sguardo triste di chi è rimasto prematuramente orfano di madre, un lutto non elaborabile, difficile da capire per chi ha avuto la fortuna di non soffrirlo sul proprio cuore. Arrivò da noi in Sardegna quando non aveva ancora vent’anni, dal Legnano, campionato 1963 – 64. Le sue imprese successive da protagonista assoluto nel gioco del pallone sono arcinote a tutti: lo scudetto imprevedibile con il Cagliari di Scopigno nel 1970, i grandi gol in acrobazia, sui calci piazzati e al termine di fughe solitarie sulla fascia sinistra dei campi, il primato dei gol in Nazionale, record ancora imbattuto e molto difficile da battere. Ma se il calciatore è grandioso, l’uomo ha forse un rilievo più ammirevole. Rombo di Tuono – come lo ribattezzò affettuosamente Gianni Brera – cullava nella sua anima fin dagli anni più verdi una certezza fondamentale: il denaro è un dio illusorio, falso e bugiardo. Per questa ragione soprattutto non gli costò nulla dire di no alla Juventus ai tempi della presidenza di Giampiero Boniperti, che ad ogni incontro gli ripeteva il suo rammarico: “Che peccato! Quanto avremmo vinto con te, Gigi”. Così come non gli costò alcun sacrificio la ferma rinuncia in partenza a qualunque coinvolgimento pubblicitario: non ha mai voluto approfittare della sua fama per promuovere or questo or quel prodotto: l’onore non si compra in nessun mercato, non esiste bancarella in cui sia in vendita perché non ha prezzo (non s’agatat dinari pro pagare s’onore). Per contro, è sempre stato in prima linea nella solidarietà e nell’aiuto concretai suoi ex compagni di squadra vittime della sfortuna, come il brasiliano Claudio Olinto de Carvalho noto Nenè e il povero Mario Martiradonna. Quando si ritirò all’improvviso e prima del tempo dai campi di calcio – una delle ragioni era il suo scarsissimo feeling con l’allenatore Toneatto – non ascoltò nessuna delle tante sirene che gli venivano all’orecchio: aveva finito, punto. Allora decise di rimanere per sempre nella nostra isola, ormai la sua terra diletta, dove la gente rispettava la sua riservatezza e se lo coccolava senza bisogno di usare parole. Ecco, il silenzio: in buca serrada non b’intrat musca peruna, non c’è mosca capace di entrare in una bocca chiusa. Gigi aveva ritrovato una Mamma amorosa: la terra e la gente di Sardegna. Sentiamo spesso – lo avrete sentito e sentirete sicuramente anche voi – ripetere da Sardi veritieri di tutti i ceti e professioni: Gigi Riva è un figlio degnissimo della Madre Terra di Sardegna,un sardo autentico, molto più sardo di migliaia di noi. Salude e bonasorte ti sorrian, amigu Luisi Riva.