I balli latino-americani? Ci può stare, ma per mantenersi in forma e far star bene anche il cuore c’è un’alternativa alla zumba, al tango o al reggaeton. È proprio dietro l’angolo, anzi fa parte delle tradizioni della Sardegna. Si chiama “Ballu tundu”, trenta minuti continuativi di danza sarda sono sovrapponibili, come intensità dello sforzo e dispendio in calorie, alle più conosciute e diffuse pratiche motorie e sportive. È quanto emerge dalla prima fase del progetto di ricerca scientifica “Un nuovo approccio alla tradizione: terapia motoria, qualità di vita e su Ballu Sardu”, ideato e realizzato dall’equipe integrata della Cardiologia del Policlinico Universitario di Monserrato e del corso di Laurea magistrale in Attività Motoria, diretta e coordinata dal professor Giuseppe Mercuro, in collaborazione con il Centro Medico ‘I Mulini’. Il progetto è in fase di sviluppo. I primi esiti, in fase di pubblicazione e divulgazione, troveranno spazio nei prossimi, più importanti congressi internazionali di settore; i membri dell’equipe stanno già lavorando ai successivi step. La ricerca ha voluto rendere omaggio alla tradizione valutandone le qualità preventive e codificando gli effetti sul corpo. È emerso che la pratica di questa attività comporta una intensità di sforzo fisico compresa fra il 64% e il 94% della frequenza cardiaca massima. Lo studio è stato condotto su venti soggetti di entrambi i sessi con età media di circa 35 anni, ovviamente tutti sardi e praticanti il ballo sardo da oltre 15 anni. Lo studio ha avuto una durata di circa sei mesi: sono state effettuate valutazioni massimali in laboratorio messe poi in relazione con lo sforzo fisico richiesto e le chilocalorie impiegate per effettuare circa 15 minuti di Ballu Tundu. Da questa analisi di confronto, è emersa la chiara collocazione di questo ballo all’interno delle attività motorie allenanti e consigliabili per il miglioramento ed il mantenimento di uno stato di buona salute degli individui.