di Carmen Salis
Presentato a Cagliari il nuovo lavoro dello scrittore Roberto Brughitta. Dopo “Il Giocattolaio” e “Baci di Laguna” ci propone un nuovo romanzo ambientato in un piccolo centro della Sardegna nel secondo dopoguerra. Una storia leggera ma importante, che con un registro semplice lascia trasparire i sentimenti puri dei protagonisti, vissuti in un tempo lontano ma non troppo.
Roberto, una copertina colorata, una storia… “Per quanto mi riguarda penso che la copertina sia importante quasi quanto il contenuto della storia che racconta. Il lettore che si aggira in una libreria tra centinaia di volumi in bella mostra, deve al primo sguardo capire che tipo di racconto troverà all’interno del libro. Chi si deve occupare della copertina deve prima di tutto leggere attentamente la storia, e solamente dopo potrà pensare cosa andrebbe meglio per rappresentane il contenuto. Io ho avuto la fortuna di conoscere Giuseppe Pisano, un amico che disegna per passione e non per mestiere. I colori che lui usa sono gli stessi che io descrivo. Il racconto del mio ultimo libro è stato scritto a colori. Non so se riesco a spiegarmi, ma mentre scrivevo (mi era già successo per Il giocattolaio ), io usavo tutti i colori possibili. Un po’ come fanno i bambini quando usano le tempere ad acqua con le mani. E chi meglio degli artisti di strada poteva raffigurare una moltitudine di colori?”
Lamadrò è il paese che racconti. “Lamadrò, ovvero Lunamatrona, è il paese dove durante la mia infanzia trascorrevo tutti i giorni delle mie vacanze invernali. Come penso sia per ogni bambino, le festività di tanti anni fa (la mia età si misura infatti, in tanti anni fa) si trascorrevano in una atmosfera completamente diversa da oggi. Prima di tutto per il numero dei commensali presenti a tavola. Le tavolate raggiungevano delle volte venti coperti, con i bambini rigorosamente messi tutti insieme in un piccolo tavolo accanto. Poi per tutti quei riti che puntualmente si ripetevano abitudinari prima di ogni evento. La preparazione dei dolci, l’incartamento di alcuni, il pane e i ravioli fatti in casa. Le processioni religiose, la visita a certe persone che in base all’età non si potevano muovere da casa, e tante altre cose. Poi c’era il gioco. Io arrivavo dalla città, dove si giocava sui marciapiedi o sotto i portici dei palazzi. Anzi, io ero fortunato perché avevo la necropoli di Tuvixeddu accanto e potevo vedere qualche sporadica pianta. Ma a Lamadrò era tutta un’altra cosa. Ci si arrampicava su altissimi alberi sia per sfida, ma soprattutto per recuperare qualche frutto che il proprietario aveva lasciato proprio perché troppo in alto per poterlo cogliere. Io penso che i bambini di oggi non riuscirebbero a salire su una pianta senza prima scaricare la APP apposita.”
Perché hai scelto di ambientarlo in un periodo come quello del secondo dopoguerra? “Mi trovavo in un ristorante e mi accorsi che nella tavolata di almeno sette persone che avevo accanto, durante una pietanza e l’altra, tutti quanti avevano gli occhi bassi e fissi sul proprio cellulare. Tra questi c’era un ragazzo che sicuramente non era dotato della nuova tecnologia. E mentre osservavo gli altri membri della compagnia mettere i loro Mi Piace su facebook o messaggiare su WhatsApp, notavo con mio dispiacere che questo ragazzo pur essendo insieme a parecchie persone, si sentiva terribilmente solo. La nuova tecnologia avvicina chi è lontano, ma allontana chi è vicino, ne avevo avuto la conferma. Quando arrivai a casa iniziai un racconto che ambientai subito dopo la seconda guerra mondiale. Quando non c’era ancora neppure la televisione.”
Giocolieri, Donne cannone, Donne Farfalla… l’arte della strada. “Chi da ragazzino dopo aver assistito ad uno spettacolo circense non ha espresso il desiderio di aggregarsi alla compagnia? Essendo un amante degli animali ormai il circo visto con i miei occhi di adulto non è sicuramente il luogo dei miei sogni, ma gli artisti di strada continuano a suscitare in me un certo effetto. Agli inizi degli anni 90, ho avuto la fortuna di essere contattato da un grande Burattinaio per restaurare alcuni Burattini antichi (in quel periodo restauravo statue sacre), la persona in questione era Mauro Sarzi Madidini, figlio del grande Otello e grazie a lui sono entrato a far parte di quel mondo fatato. Ho fatto più di 1500 spettacoli di Burattini in giro per tutta la Sardegna e qualche tour a Roma. Innumerevoli corsi di animazione, dalle quale sono usciti tantissimi nuovi talenti, Daniele Contu e il Mago Brullas per esempio. Faccio ancora qualcosa, ma solo per qualche evento speciale. Naturalmente con i miei trascorsi non è stato difficile parlare di personaggi come la donna Farfalla e gli altri artisti che compaiono nel racconto. Fanno parte di me, forse egoisticamente sono io stesso.”
Tanti i messaggi, e anche importanti. “Cerco sempre di inserire qualche messaggio nei miei racconti. Non saprei quantificare la loro importanza ma una cosa è certa, sono importanti per me. L’ho fatto nei precedenti libri e lo stesso è accaduto con “La donna Farfalla”. Solitamente non tratto veramente l’argomento, mi limito a sfiorarlo. In questo modo, chi vorrà potrà approfondirlo per conto suo. Magari, come spesso è accaduto, è stato lo spunto per la discussione durante una lezione scolastica. In questo libro si parla di quando è nato il primo teatro stabile, del decreto legge sull’analfabetismo, si sfiora il tema dell’autismo e della obesità. Si parla dello sbarco degli alleati in Italia, della nascita del Calcio Balilla e della televisione. Emerge la passione per i libri che gli adulti dovrebbero per obbligo trasmettere a figli e nipoti, o a qualunque bambino. Si parla delle Api… e c’è un perché. E naturalmente si parla d’amore… su tutti i fronti.”
Perché scrivere? “Per poter dire il tuo parere sugli argomenti più svariati. Scrivere per descrivere un sentimento provato, bello o brutto che sia. Scrivere per sentirsi vivi, per lasciare un segno in questo strano mondo. Ma soprattutto scrivere per comunicare. Comunicare ai bambini la pericolosità dell’amianto come è successo per “Su Lèpori isposu”, per avvicinare i giovani alla donazione del midollo osseo, nel caso di “Trucioli di cuore”, per far conoscere la storia archeologica di un paese come è accaduto in “Baci di laguna”, o come nel caso de “Il giocattolaio” per far ricordare ai giovani l’importanza del rapporto con gli anziani, che sono i nostri primi libri con cui da bambini veniamo in contatto. Nel caso de “La donna Farfalla”…lo lasciamo scoprire al lettore.”
Un libro bellissimo pieno di incanto,fiaba,amore e poesia.
Bello come scrivi a colori!