di Antonio Fancello
“Dovessero bruciare tutte le altre mie opere ….vorrei che di me rimanesse questo: la storia di Ulassai” Queste parole di Maria Lai sono tra le ultime battute che chiudono il film “Ansia d’infinito” di Clarita Di Giovanni la cui proiezione, presso il Nuovo Cinema Aquila, è stata al centro della manifestazione con cui la storica associazione “Acrase, i sardi a Roma”, fondata nel 1963, ha deciso di intitolare il circolo all’artista di Ulassai.
Nel 1981, dopo oltre un anno di lavoro nel territorio, Maria Lai, partendo da una storia realmente accaduta nel paese ma trasformata, nel tempo, in leggenda, coinvolge tutta la comunità, a partire dalle donne, in un’opera artistica che, per prima, Mimma Mondadori vede come lo spartiacque dell’Arte Contemporanea, poiché per la prima volta l’artista e l’opera d’arte risiedono nella figura dello spettatore, facendo di quest’ultimo il vero artefice dell’operazione.
In una giornata gli abitanti legano con un nastro azzurro le case del paese tra loro e poi, con lo stesso nastro il centro abitato viene legato alla montagna che sovrasta Ulassai.
Il pubblico, intervenuto più numeroso delle aspettative ( era stata infatti prenotata la sala più piccola ma ci si è dovuti trasferire in quella più grande) , dopo una breve introduzione della Regista , Clarita Di Giovanni, ha potuto godere del bellissimo film, selezionato al Festival del Cinema di Roma (nella sezione L’Altro Cinema | Extra curata da Mario Sesti) nel 2009; vincitore all’ArtFilmFestival di Asolo XXIX edizione, 2010, nella sezione Biografie d’Artista con la motivazione “Esperienza artistica come un inedito viaggio dentro se stessi, nostalgia verso una terra natale lontana e per molti ostile, una ricerca artistica appassionata e appassionante, rendono questo film un’alchimia di materia e di silenzi” .
Questo film , insieme ad un altro “ Post scriptum” fa parte di un’opera monografica, pubblicata nel 2013 dall’ED. Condaghes, che comprende anche un libro, che raccoglie i contributi critici e le testimonianze di chi, a vario titolo, ha condiviso il percorso della rivoluzionaria personalità di Maria Lai: Achille Bonito Oliva, Cristiana Collu, Manuela Gandini, Maria Dolores Picciau, Guido Strazza e Maria Sofia Pisu.
In maniera né biografica, né cronologica “Ansia d’infinito” percorre l’opera e il pensiero di Maria Lai sorprendentemente attuali e di esemplare e radicale coerenza. L’artista è sempre stata estremamente schiva e riluttante all’esibizione al limite della visibilità. “Poterla raccontare rispettando il suo bisogno di silenzio, è stata la sfida a cui ci siamo sottoposti e che ci ha condotto alla sperimentazione e alla ricerca del linguaggio estetico narrativo funzionale e coerente al personaggio. Più di lei è l’opera che racconta “. Spiega la regista.
“Il film, con le riprese delicate e mai invasive, con il montaggio narrativo, con la musica che segue discretamente il tono delle immagini restituisce il fascino del racconto popolare, della suspense, e della fantascienza. E anche l’emozione di chi l’ha girato perché un film su un artista è pur esso un’opera d’arte e non sarebbe tale se non rivelasse una soggettività dietro la macchina da presa”.
Dopo la magia e le emozioni delle immagini alcuni brevi e significativi interventi hanno completato la manifestazione.
Maria Vittoria Migaleddu, nuova presidente dell’Associazione, a nome di tutto il direttivo (Chiara Anazza, Marilena Calzedda, Maurizio Deiana, Antonio Fancello, Angela Ibbadu, Pasquale Mattu, Maria Sardu, Giovanna Seddaiu), che ha lavorato in gruppo per la buona riuscita dell’iniziativa, ha brevemente illustrato il titolo e il significato dell’iniziativa. Nell’intitolare il circolo a Maria Lai, artista di fama mondiale, si è voluto in particolare, riprendere il senso dell’intervento artistico e sociale di Ulassai del 1981 e non solo. In gran parte delle opere dell’artista i fili, i tessuti, gli aghi infilati nelle trame, come metafora di un lavoro che va proseguito, sottolineano l’importanza che l’artista attribuisce al creare legami, costruire trame, tessere reti sociali. Questa sua sensibilità artistica , filosofica e anche politica, così controcorrente negli anni 80, anni dell’individualismo tacheriano, è quanto mai attuale oggi in cui vari teorici (Stefano Bartolini, Serge Latouche Jeremy Riftkin) , nonché numerose esperienze concrete in diversi paesi del mondo (i condomini solidali, le strade sociali, i movimenti per uso condiviso di beni e servizi, la cittadina di Marinaleda in Andalusia , la startup Sardex in Sardegna) , rispondendo in modo creativo alla crisi, pongono al centro, anche dell’agire economico, le relazioni sociali, la condivisione, i legami, le reti.
L’associazione “Acrase, Maria Lai” vuol legarsi innanzi tutto al territorio in cui opera; molto significativa, al riguardo, la partecipazione all’evento di rappresentati dell’associazione per la toponomastica femminile di Roma per un progetto di intitolazione di una strada di questa città a Maria Lai e eventualmente ad altre figuri femminili sarde che hanno operato nella capitale. Vuole essere un piccolo filo, parte di una rete sempre più grande, con al centro le relazioni, per costruire trame tra la Sardegna e il mondo.
Maria Sofia Pisu, nipote ed erede dell’artista, ha espresso tutto il suo apprezzamento per l’intitolazione dell’associazione a Maria Lai e per l’idea che a lei venga dedicata una strada nella città in cui si è svolta la sua prima formazione artistica e dove ha trascorso quasi metà della sua vita, ha elaborato le sue opere più significative e ha costruito relazioni profonde con amici e allievi.
Viverle accanto è stato un privilegio che la Pisu ha il piacere di condividere con quanti desiderano conoscerla e appunto per questo ritiene importante far parlare la stessa Maria Lai leggendo alcune pagine dai suoi quaderni a cui l’artista ha affidato le sue riflessioni che hanno sempre accompagnato la sua attività artistica. In esse viene espressa la tensione continua verso la conoscenza e la coscienza di se “L’arte ha a che fare con una tensione oltre l’esperienza comune” Quell’ “ansia di infinito” di cui l’artista parla nel film e che, non a caso, è il titolo della pellicola
Gemma Azuni, vice presidente dell’Assemblea Consiliare del Comune di Roma Capitale, nonché storica attivista, negli anni 70, dell’Acrase, ha sottolineato come l’intitolazione a Maria Lai sia quanto mai coerente con la storia e l’attività dell’associazione che, negli anni dell’emigrazione massiccia dalla Sardegna, ha saputo essere un luogo di accoglienza e offrire una rete di legami e di competenze fondamentali per molti sardi che cercavano a Roma nuove opportunità di vita. Da quegli anni molte storie di positiva integrazione si sono costruite come testimonia anche la sua vita personale, professionale e politica.
Il giornalista e scrittore Giacomo Mameli ha tratteggiato la figura dell’artista leggendo un brano – “Curiosape di Maria Lai” – tratto dal libro “Non avevo un soldo” uscito nel 2004 con la prefazione di Alberto Maria Cirese. E’ emersa un’intellettuale legata tanto al suo paese, desiderosa di rinsaldare i legami fra le famiglie di Ulassai, ma soprattutto aperta al mondo, desiderosa di portare nel mondo il nome della Sardegna. Mameli ha più volte ricordato la frase di Maria Lai “la politica non si rende conto della solitudine dell’arte” invocando una ” educazione generale all’arte, alla bellezza, al decoro urbano e rurale” ed esaltando il rapporto di Maria Lai con le donne del suo paese. Erano “artiste” nel confezionare tante fogge di pani “che devono essere apparecchiati in una mensa insieme ai libri”. Una mensa di libri-pane che aveva allestito a Palazzo Pitti di Firenze riscuotendo un grande successo. Diceva Maria Lai: “L’uomo deve cibarsi di arte e di libri come l’ape si nutre del nettare dei fiori”.
La storica dell’arte Maria Elvira Ciusa, che ha curato e raccolto i disegni di Maria Lai nel volume “A matita” (1988), ha posto l’accento su un periodo poco indagato del percorso umano e creativo della Lai. Siamo nella seconda metà degli anni Settanta e Maria produce opere bellissime -alcune delle quali sono ora in esposizione presso i Musei Civici di Cagliari- ma vive, come ha riferito la Ciusa, citando alcuni passi di una lunga lettera, conservata nel suo Archivio, indirizzata a Mario Ciusa Romagna, un momento di grande confusione. Maria Lai aveva allora 57 anni e ciò che produceva lo lasciava, quasi a sedimentare, “faccia al muro” sotto le finestre o lungo il perimetro del suo grande studio di Roma, perché non voleva che le sue opere la guardassero, le apparivano “crudeli”. Da quel periodo però Maria risorse e i suoi interminabili fili la portarono a creare un mondo unico e fantastico che la portò ad attestarsi come voce non secondaria nel panorama artistico del nostro Novecento e non solo, come ha giustamente sottolineato la Ciusa nel suo appassionato intervento. Le sue opere ormai sono presenti nell’esposizioni internazionali di rilievo e richieste dai maggiori musei del mondo.
Gli scambi di idee, impressioni, conoscenze sono continuati assaporando is coccois prenas e de corcoriga, specialità della gastronomia ogliastrina, e degustando un buon bicchiere di vermentino e cannonau.