di Marco Mostallino
La Dea Madre di quattromila anni fa, offerta da Christie’s per un milione di dollari e poi ritirata dall’asta fissata per l’11 dicembre, si trova ancora a New York: precisamente, nelle mani dell’uomo che l’ha acquistata nel 1997: si tratta del finanziere Michael Steinhardt, proprietario di fondi di investimento internazionali e, insieme a sua moglie Judy, di una enorme collezione di repetri archeologici mediterranei. E la casa d’aste sapeva benissimo sin dall’inizio che la provenienza dell’opera eraquantomeno dubbia e ciò per due ragioni.
La prima è che mister Steinhardt siede proprio, guarda caso, nell’advisory board della sezione americana di Christie’s, ovvero nel comitato di consulenti incaricato appunto di valutare origine e autenticità delle opere proposte per la vendita. E la seconda ragione è che la storia della statuetta in marmo, risalente al periodo della “cultura di Ozieri” era ben nota a collezionisti e investigatori di tutto il mondo: la fotografia della dea madre, infatti, era stata ritrovata nel 1995 a Ginevra, quando i carabinieri fecero irruzione nel magazzino del mercante italiano Giacomo Medici, il quale trafficava illegalmente reperti italiani almeno dagli anni Settanta.
Il dossier Medici – L’operazione dei carabinieri “alla ricerca dell’Arca perduta” fu forse la più grande che si ricordi nel campo dei beni culturali trafugati. Il mercante teneva la sua enorme ricchezza all’interno di due magazzini, assicurati per due milioni di dollari, situati in una zona di Ginevra destinata a “porto franco”, ovvero al riparo non solo dai carichi fiscali, ma anche dai controlli di polizia. All’interno del magazzino non solo statue, vasi, vetri, bronzi e argenti italici, etruschi e romani, ma anche una serie di Polaroid scattate da Medici, documentanti lo stato di conservazione delle opere, anche di quelle ormai non più rintracciabili perché già cedute ad anonimi collezionisti. Da quell’operazione scaturì una serie direstituzioni all’Italia di opere da parte di gallerie e collezionisti soprattutto americani i quali, nel timore di essere ricollegati al trafficante che operava in Svizzera, preferirono agire “generosamente” piuttosto che avere a che fare con la giustizia.
La scomparsa – Nel “dossier Medici” composto da migliaia di scatti, compariva anche l’immagine dellaDea Madre: la statuetta in marmo appariva danneggiata in più punti ma era chiaramente riconoscibile. Ma il pezzo non si trovava più nel magazzino, era già stato venduto e non si potè, all’epoca, scoprire a chi. La fotografia della Dea Madre, danneggiata in sei punti, è in possesso di un ricercatore dell’Università di Glasgow, in Scozia, il dottor Christos Tsirogiannis, collaboratore del progetto “Trafficking Culture” diretto a investigare il mercato criminale di opere d’arte. Ma della piccola e preziosissima divinità si perdono poi le tracce: d’altra parte i pezzi già venduti da Medici erano migliaia e fu ovviamente impossibile per i carabinieri dare la caccia ad ogni reperto catalogato in fotografia ma assente dalla collezione del mercante perché già venduto.
La riapparizione in una mostra – Nel frattempo, la statuetta era già stata restaurata da mani ignote ma espertissime e messa in circolazione nel circuito legale, pubblico dell’arte. L’opera viene infatti esposta a New York nel 1990 alla mostra ”Masterpieces of Cycladic Art,” alla Merrin Gallery, al numero 724 della Fifth Avenue, la famosissima “Quinta Strada” della metropoli americana. Ma perché un pezzo della storia sarda finisce in bacheca assieme ai pezzi archeologici delle isole greche Cicladi? Due le ragioni: la prima unaaffinità stilistica e di periodo tra i prodotti delle due culture e, motivo altrettanto importante, i proprietari: 30 pezzi su 39 della rassegna appartengono a sette collezionisti privati e a due istituzioni pubbliche, Brooklyn Museum di New York e Barbier-Mueller Museum di Ginevra. Capire dunque a chi appartenesse all’epoca la Dea Madre non sarà oggi difficile per i carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio, in quanto il nome di chi allora ne era proprietario deve essere annotato nei registri della Merrin Gallery. Durante la mostra del 1990, precisarono all’epoca i curatori, alcuni pezzi erano anche in vendita, ovviamente tramite trattative riservatissime.
L’acquisto da parte di mister Steinhardt – Ma siamo nel 1990, ovvero prima della scoperta del tesoro del mercante Medici (che avviene nel 1995, e prima anche dell’acquisto dell’opera da parte di mister Steinhardt: secondo le brevi referenze offerte da Christie’s al momento dell’offerta all’asta, – poi ritirata – il finanziere americano ne viene in possesso soltanto nel 1997, secondo quanto afferma la scheda di Christie’s), ovvero dopo la mostra di New York ma anche dopo l’operazione dei carabinieri italiani a Ginevra. Un altro dato è certo: anche se nel 1995 la Polaroid mostrava ancora la statuetta danneggiata in sei punti, nel frattempo un restauro era già stato effettuato, da qualche esperto svizzero o americano il quale non si pone troppe domande quando un ricco collezionista gli porta un’opera da riportare all’antico splendore. E che nel caso della Dea Madre l’origine sia autentica e antichissima non vi sono dubbi: sempre secondo la scheda messa on line dalla casa d’aste, di cui l’attuale proprietario mister Steinhardt è consigliere, il pezzo “proviene dalla Cultura di Ozieri in Sardegna, che prende il nome dalla città della Sardegna dove vennero effettuati i primi scavi. Soltanto pochissimi pezzi di idolo femminile cruciforme sopravvivono ancora”, precisa Christie’s per promuovere l’offerta del suo stesso collaboratore il quale, per ragioni che non conosciamo, ha da poco deciso di disfarsene offrendola a una base d’asta fissata tra gli 800 mila e il milione e 200 mila dollari. Solo pochissimi esemplari di dea madre dunque sopravvivono: uno di essi, ora che se ne conosce storia e proprietario, potrà forse presto rientrare nell’Isola.