L’11 dicembre, a New York, dalla famosa casa d’asta inglese di Christie’s, verrà battuta una delle più ricche aste archeologiche dell’anno. Reperti antichissimi, provenienti in particolare dal Mediterraneo e dal Medio Oriente, verranno contesi dai maggiori collezionisti provenienti da tutto il mondo.
L’elenco è lungo: si va dalla scultura in alabastro proveniente dall’Arabia del primo secolo avanti Cristo, al bronzetto votivo cananeo della tarda età del bronzo, alle varie suppellettili originarie del mediterraneo antico, come il bellissimo vaso decorato di Corinzio, con costi variabili, da poche migliaia di dollari ad alcune centinaia di migliaia di dollari. Per non parlare dei reperti romani. In tutto, oltre un centinaio di reperti di grande valore.
Colpisce in particolare la stupenda protome femminile dell’antica grecia, del sesto secolo A.C, costo di partenza di 300,000 – 500,000 dollari.
Ma non è il pezzo forte dell’asta.
Il pezzo forte dell’asta è una statuetta stilizzata, di forma triangolare, in pietra, e rappresenta una figura femminile, la dea madre.
Il pezzo forte di Christie’s reca la dicitura “A Sardinian Marble Female Idol”, è del terzo millennio avanti cristo, ed è riferibile alla cultura di Ozieri, “which takes its name from the town in the north of the island”.
Il pezzo forte dell’asta di New York ha un prezzo base, di partenza, compreso tra gli 800,000 e i 1200,000 dollari.
1200,000 dollari per una statuetta sarda del periodo neolitico. Un milione di euro.
A New York, mentre in Sardegna si impiega quasi 40 anni prima di riprendere gli scavi delle statue di Mont’è Prama, vendono una statuetta sarda prenuragica per 1200,000 dollari, come base di partenza.
A New York, mentre in Sardegna si discute su come trovare i fondi per proseguire gli scavi, per restaurare le statue, per collocare le statue in un ambiente degno, vendono una statuetta sarda prenuragica per 1200,000 dollari. Come base di partenza.
Pensate che lo Stato, con grande pompa magna e per bocca del sottosegretario alla cultura, ha stanziato l’incredibile cifra di 2 milioni di euro, l’equivalente di due di quelle statuette che ci siamo lasciati sfuggire.
Un paradosso, se ci pensate, pazzesco. Gli scavi di una delle più importanti scoperte archeologiche degli ultimi anni di tutto il Mediterraneo, che incominciano già con i suoi reperti ad attirare frotte di turisti a dispetto di una totale mancanza di promozione, sono finanziati da un investimento equivalente a due di quelle statuine che ormai girano il mondo nelle varie collezioni pubbliche e private.
Ma la statuetta della cultura agricola di Ozieri, preludio alle culture eneolitiche e prenuragiche, in continuità con la storia sarda e dunque con quelle statue che a Mont’è Prama emergono dal passato, mostrano alcuni aspetti interessanti.
Intanto il rammarico di quanta ricchezza ci siamo lasciata sfuggire da questa terra. Quanto bronzetti nuragici, battuti all’asta per decine di migliaia di dollari, venduti per poche centinaia di euro dai tombaroli.
Ma questa è certamente la metafora di una ricchezza che non riusciamo a riconoscere. I pezzi di Mont’ e Prama, dal valore inestimabile, accatastati ai margini del campo agricolo, preda dei trafficanti. Poi, quella parte repertata, tenuta per 30 anni negli scantinati del museo nazionale.
Per non parlare degli archeologi che sono dovuti arrivare a doversi pagare di tasca, i primi giorni, la custodia di quei tesori.
Ma c’è da chiedersi, anche, con quali strumenti legali possa essere stata esportata quella statuina della Cultura di Ozieri, visto che la legge italiana prevede una severa normativa per gli spostamenti dei beni culturali, soprattutto all’estero.
La Società inglese ovviamente espone nel sito sia la proprietà che la mostra di provenienza, tutto sembra essere scrupolosamente legale. Ma noi sappiamo che in Italia i beni archeologici (di quel valore poi) sono proprietà indisponibile dello Stato, e per essere ceduti ai privati occorrono particolari circostanze, come antiche eredità familiari certificate ed autorizzate.
Cosa può essere successo? Quale mistero si nasconde dietro l’esportazione di un bene archeologico di quel valore?
Il sito di Christie’s è generico. Parla di statuette mediterranee che ormai si sono diffuse in Europa e negli States, quasi a giustificarne la provenienza, ma nello stesso tempo ammette che della tipologia dello “splendid idol” a croce ne sono rappresentati pochissimi esemplari.
A noi sardi non resta, ancora una volta, che guardare la nostra ricchezza da lontano, e piegare la testa a chi ci chiede di investire in economie che consumano il territorio e lo inquinano, piuttosto che in beni archeologici di quel valore.
Che poi finiscono a New York.
Chissà che storia ha avuto quella statuina. Che parte di gloria ha avuto nel suo mondo antico, il suo dimenticatoio nelle viscere della terra, e poi il vagare nel mondo per soldi nella sua seconda vita.
Chissà quante cose può conoscere, l’anima di quella pietra, lo spirito della dea madre cavata fuori dal suo lungo sonno terreno.
Chissà cosa pensa di noi, dei suoi figli.
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Come cavolo ha fatto a finire in America.