di Francesco Melis
Fra mufloni e nuraghi spesso in Sardegna nasce qualcos’altro di interessante. Fra laguna e mare talvolta emergono talenti. Di varia natura. Carlo Antonio Angioni è uno di questi. Attore e regista, formatosi con nomi del calibro di Paolo Rossi, Paolo Bonacelli e Yoshi Oida. Ha partecipato a importanti produzioni, collaborando con Marco Gagliardo, Angelo Savelli, Gianluca Medas, Teatro di Sardegna e Akròama. Per il cinema: diversi cortometraggi e lungometraggi. Carlo è anche regista teatrale e tiene corsi di teatro, in lingua sarda e italiana, nelle scuole.
Come matura la decisione di fare l’attore professionista?In realtà nel teatro ci sono ‘inciampato’… Facevo un lavoro cosiddetto normale, poi ho incontrato il teatro, 15 anni fa, e lì qualcosa è cambiato, ma proprio fisicamente: hanno cominciato a crescermi i capelli e la barba e indivisa e ventiquattrore ero sempre meno credibile. Spero in compenso di aver conquistato negli anni un po’ di credibilità sul palcoscenico!
Qual è stata l’esperienza più significativa? Mi sono cari l’incontro con Annamaria Cianciulli della New York Film Academy e il metodo Meisner che studio da 5 anni. Ho splendidi ricordi di Zappareddu, Yoshi Oida (Centro Internazionale di Creazione Teatrale di Peter Brook), Yves Le Breton. Addirittura una volta Paolo Rossi mi ha portato sul palco e, in un duetto, mi ha fatto da spalla: incredibile! Ed è venuto giù il teatro, poi dietro le quinte mi ha detto: “Non mollare mai”.
Ora ti dividi fra direzioni artistiche, regia e recitazione… L’associazione Artifizio mi ha onorato proponendomi la direzione artistica e subito mi sono cimentato nella regia de Il mio tempo verrà di Valeria Murgia. Uno spettacolo presentato a Cagliari al teatro Sant’Eulalia lo scorso 25 giugno, che parla di Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa, dei guai della Cecenia, dei fatti del teatro Dubrovka e della scuola di Breslan. Un lavoro che riprenderemo a ottobre nell’ambito della rassegnaTeatro di Guerra. Poi c’è la mia creatura: Libri à Buffet… rassegna di parole note e cucina, nella quale si presentano autori e libri attraverso la collaudata formula del reading musicato e udite, udite: si mangia il libro!
In che senso? Allo chef incaricato della “cena con l’autore” chiediamo di studiare il libro che si va a presentare e cucinare un menu ispirato a quelle pagine. Ad esempio per Carlotto c’era un menu rigorosamente noir così come erano personalizzati i menu per Carofiglio, Ammaniti, Buticchi, Nori, Perissinotto. Per i Wu Ming una cena rigorosamente vegetariana. Quest’estate ad agosto il nostro format sarà ospite del Culture Festival che si svolgerà tra Tuili e altri paesi del Medio Campidano.
Parliamo di teatro e cinema… Per il cinema ho recitato in ‘5 x 2’ di Francois Ozon: un film andato a Cannes. Per Rai 2 ho partecipato alla serie Crimini, nell’episodio Disegno di Sangue diretto da Cabiddu. Aggiungiamo qualche corto. Ma col teatro non c’è lotta, ho fatto più di 40 produzioni! Scherzi a parte, per fare seriamente e di continuo cinema e tv, bisogna stare a Roma. Qui le occasioni sono irrisorie e i registi hanno, qualche volta, il brutto vizio di non avvalersi di attori professionisti. In ogni caso penso ci siano in Sardegna parecchi talenti che soffrono la mancanza di occasioni importanti, e non devono andare sprecati.
Che consiglio dai a un giovane che si avvicina a questa professione? Studiare e viaggiare, vivere molteplici esperienze senza fossilizzarsi tutta la vita in un’unica compagnia, il confronto è indispensabile.
Un rimpianto e un rimorso. Meglio non averne! Però ho un aneddoto che quando ci ripenso mi dico… chissà! La mia agente di allora mi chiamò per un provino: urlò al telefono che sarei dovuto essere a Roma immediatamente. Film americano, casting internazionale, ruolo ottimo e… volevano me! Non stavo nella pelle! Niente voli disponibili, era il 2 agosto, perciò traversata, per meglio dire: odissea, con una Tirrenia affollata che a confronto le navi della speranza albanesi erano prima classe! Approdai, dopo mille peripezie, sudato da strizzare, nella suite dell’hotel Excelsior. Mi aspettavano la casting Sheila Rubin, il regista (emergente americano) e la produzione, ovviamente tutto top secret. Sconvolto ed emozionato fui trattenuto 40 minuti (lunghissimi!), ma nonostante gli apprezzamenti e gli stimoli nella recitazione in inglese, ero un’ameba insonne da 28 ore, accaldata e “rivolante” sudore da calura ed apprensione… Morale: non fui preso! Scoprii poi che era un filmone da 90, di cui non farò mai il nome ma che chissà… mi avrebbe forse fruttato un ingresso dalla porta principale! Ma siamo sopravvissuti lo stesso! E ora continuo fiducioso, con il gusto per il percorso, verso le mete che mi attendono.